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"in piedi"

mi sembrava di essere tornata nel passato, in quella stanza fredda e candida, che non faceva altro che schiacciarmi.

la sola differenza, era che questa volta non ero io la vittima, o tom.

eravamo riusciti a "sistemare" le cose con sofia, a convincerla a denunciare quella merda umana del suo "tipo".

ora arrivava lo step successivo.
lo step finale.

la sera prima del processo, dopo aver confermato gli orari di quest'ultimo per la ventesima volta, sofia mi abbracciò.
cosa strana, perché fino ad ora non l'aveva mai fatto, ma non ero comunque sorpresa.

quando, però, gli chiesi il perché di questo suo gesto, lei, con un sorriso calmo in volto, mi rispose: "se dovessi perdere questo
processo, non so per quanto a lungo sarò qui, quindi volevo ringraziarti, per tutto"

la abbracciai di nuovo, stringendola ancora di più a me.
le sue parole sembravano così innocue, soprattutto perché, da stupida, inizialmente pensavo che con quel "non so per quanto a lungo sarò qui" intendesse che avrebbe fatto il possibile per effettuare la sua fuga dalle grinfie del ragazzo, e dopo che quel pensiero si era fissato nella mia testa, non ci avevo più pensato.

ma vederla in questo stato, capelli disordinati, senza trucco, felpa over size, e pantaloni della tuta, mi aveva fatto ripensare alle sue parole, e solo adesso ne avevo capito il vero significato.


il processo iniziò, ed io ero appiccicata a tom e gli stringevo la mano mentre la mia gamba tremava e il piede picchiettava sul pavimento.

"signorina sofia, lei sta rivolgendo delle forti accuse verso il mio cliente, e parla di abusi fisici e mentali, è corretto?" (avv.2)
"sì"

l'avvocato continuò con paroloni colti e del mestiere, mentre io riuscivo a sentire la pressione che poco a poco si poggiava sulle spalle di sofia, anche se ero così distante.

"tom"

sussurrai

"mh"
"tieniti pronto"
"per cosa?"
"perché se lei dovesse perdere, bisogna che tu riempia di botte il tipo"

lui sghignazzò leggermente, cercando di non fare troppo casino.

"tranquilla, vedrai che non servirà"
"lo spero"

più il processo andava avanti e più la fine si avvcicinava.
non so per quanto ancora durerà, ma ho veramente paura del verdetto, la mia ansia continuava a salire.

avvolte sofia si girava verso di me, e appena i nostri occhi si incrociavano, io le sorridevo.
cercavo di distrarla per quel breve tempo, di rassicurarla anche se solo per un secondo.

ok, il processo stava durando più del previsto, sia il giudice che la giuria sembravano molto indecisi sul risultato finale.
entrambi gli avvocati stavano esaurendo le domande e la pazienza, e sofia ogni minuti che passava sembrava sempre più stanca ed esausta.
lui invece era annoiato, e di tanto in tanto sbadigliava.

la mia impazienza si faceva sentire, non vedevo l'ora di tornare a casa, ma non mi sarei mai persa il verdetto, per nessuna ragione al mondo.

"tom"
"dimmi"
"il mio processo, era durato così tanto?"
"no"
"ah ok"
"di più"
"cosa?! sul serio?? da quant'è che siamo qui?"
"due ore, credo"
"cazzo"
"vuoi andare a fumarti una sigaretta? ti avviso io quando sta per finire"
"no, tranquillo"

sì, adesso non desideravo altro che fumarmi una sigaretta e lasciare scivolare tutta la tensione via, e penso che tom ne avesse bisogno il doppio se non il triplo di me.
ma non potevo uscire, sarebbe stato inrispettoso, soprattutto nei confronti di sofia.

livido//tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora