107 - Coccarda meschina

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Quando il ruggito di Tseren aveva fatto tremare le vetrate, una parte della folla raccolta nella mensa si era lanciata verso le finestre, per capire cosa stesse accadendo. 

Gran parte degli scienziati alleati con i dissidenti avevano tradito la loro organizzazione perché non approvavano che la FSI avesse finanziato i Cantieri della Setta degli Audaci. In molti condannavano l'ideologia della Setta, in netta opposizione ai valori levantini, che aveva deviato tanti giovani distruggendo le loro famiglie.

C'era poi chi, indipendentemente dall'opinione politica, non condivideva la scelta di A-8Z8 di indirizzare i guadagni della FSI nelle tasche dell'uno o dell'altro potere, invece che nella ricerca. Che al vertice del continente ci fosse la Setta degli Audaci, lo storico Governo Centrale, un leader militare o la Lega dei Mercanti, sarebbe dovuto essere lo stesso: il lavoro della FSI doveva porsi al di sopra di tutto, doveva rimanere neutro rispetto alle lotte di potere. Così la vedevano in molti, nella Fondazione Scientifica Intercontinentale, tanto tra gli studiosi che avevano dedicato decenni all'istituzione quanto tra le nuove leve.

Quelli scienziati idealisti erano preparati a un cambio di guida. Sebbene fossero riusciti ad accettare che non avrebbero mai incontrato, mai nemmeno sentito parlare dal vivo il loro Fondatore, non avevano alcuna intenzione di sostenere la sua vicinanza all'una o all'altra parte politica. In molti volevano ormai da tempo un cambiamento ed erano pronti a scendere a compromessi con chiunque li avrebbe aiutati a stanare e a mettere con le spalle al muro lo schivo A-8Z8.

Gli scienziati della FSI che da giorni attendavano pazientemente che la rivolta avesse inizio riconobbero immediatamente nel boato che riempi ogni angolo del laboratorio il segno tanto atteso. Finalmente l'equilibrio instabile in cui la Fondazione Scientifica Intercontinentale si trovava da anni sarebbe stato scosso, finalmente potevano sperare che il regno di A-8Z8 volgesse al termine e che una nuova guida, più devota alla scienza, lo sostituisse. C'erano più candidati a quel ruolo, ma in quel momento non aveva senso preoccuparsi troppo del dopo: l'unico obiettivo era liberarsi di lui, del misterioso fondatore che nessuno conosceva, ma che aveva perso il rispetto di molti dei suoi con il suo comportamento ambiguo.

Harris aveva esultato tra sé e sé, riconoscendo la voce di Tseren. Mentre la folla si riversava sui ballatoi da cui si scorgeva l'esterno, il ponentino sgusciò tra gli scienziati e sfilò con abilità il mazzo di chiavi appeso alla cintola di uno dei capi reparto. Affrontare le guardie della FSI non era alla sua portata, ma approfittarsi della distrazione di uno studioso attempato fu fin troppo semplice. Attento a non trovarsi direttamente faccia a faccia con uno dei mercenari armati che lo avevano guardato male per giorni, Harris si infilò attraverso una porta su cui troneggiava una luce pulsante. Si chiese perplesso come fosse possibile per una lanterna emettere quella luce intermittente, ma passò oltre, lanciandosi di corsa in un corridoio in cui non aveva mai messo piede.

Anche lì tutto era di un bianco opprimente. Niente era fuori posto, se non il comportamento delle persone che uscivano dalle sale, incuriosite dalla confusione. C'erano altri che, come Harris, si muovevano controcorrente, inoltrandosi nel laboratorio invece che dirigersi verso l'uscita per capire cosa stesse accadendo all'esterno.

Il capo dei dissidenti sperava ardentemente che gli uomini e le donne che correvano nella sua direzione, scienziati nei loro camici celesti e guardie dalle uniformi nere, fossero alleati e non persone che sospettavano che l'attacco fosse un diversivo per liberare i prigionieri.

Il ponentino si affidò all'istinto, seguendo una guardia che aveva un mazzo di chiavi molto più voluminoso di quello che aveva appena rubato.

Mentre correva da un lato all'altro del laboratorio, Harris indossò un camice che aveva trovato per caso in uno dei laboratori. Più si insinuava nei corridoi deserti dove normalmente sarebbe stato impossibile entrare, più sapeva che era solo una quesitone di tempo prima che qualcuno lo fermasse. Cercava di camminare a testa alta, senza dare l'idea di essere fuori posto, ma una guardia parve notare la sua esitazione perché lo blocco, chiedendo a gran voce dove fosse la sua coccarda di riconoscimento.

«Deve essersi staccata mentre correvo per allontanarmi da quello che sta accadendo fuori!» rispose tentando di divincolarsi dalla presa ferrea di lei.

Nell'altra mano la donna stringeva un'arma a forma di arpione. «Senza coccarda non si può girare per il laboratorio.» Lo strattonò.

«Non... non mi sono neanche accorto di averla persa. Sono stato distratto dal putiferio che...» provò di nuovo il ponentino.

«Non mi interessano le tue scuse. Qual è il tuo nome, per che dipartimento lavori?» lo incalzò ancora la donna.

Harris non riusciva a distogliere lo sguardo dall'arpione lucente che l'altra gli agitava sotto il naso. Era pronto a far finta di svenire, per poi colpirla a sorpresa, quando una mano sbucò repentina da dietro di lui e disarmò la guardia.

Il ponentino si allontanò di qualche passo e guardò con sospetto l'uomo che era intervenuto, anch'egli avvolto nella nera uniforme del corpo di sicurezza della FSI.

«Cosa stai facendo!» urlò la donna chinandosi per raccogliere l'arma. L'altro non si lasciò sfuggire l'occasione per assestarle un colpo preciso alla nuca.

Mentre la guardia stramazzava ai suoi piedi, Harris si coprì la tasca dove di solito gli scienziati appuntavano la coccarda di riconoscimento. Non sapeva ancora se poteva fidarsi del nuovo arrivato.

«Harris, giusto?» Lo riconobbe l'uomo grattandosi la barba ispida. «Sono il cugino di Mojanah, ti ha parlato di me?»

Harris corrugò le sopracciglia ramate. Per quanto sapesse che Mojanah, uno dei due esseri umani ammessi al concilio delle creature semi-umane che per mesi si era riunito nelle profondità della selva del canyon, avesse un cugino di secondo grado infiltrato nella Guardia della FSI, rimase in attesa che l'uomo utilizzasse uno dei codici dei dissidenti, per confermare che fosse lui.

«Io sono fa... fe.. fi...» Il suo interlocutore era in difficoltà, incapace di inventare su due piedi una frase con le iniziali della FSI al contrario.

Non avevano molto tempo e così il ponentino decide di soprassedere alla mancanza di etichetta della guardia. Assomigliava terribilmente a Mojanah: aveva gli stessi occhi schiacciati dalle palpebre e, soprattutto, lo stesso taglio leprino del labbro superiore.

«Dove sono rinchiusi Mojanah e gli altri?» domandò Harris facendogli cenno di lasciar perdere.

«Mojanah è stata liberata quarantotto ore dopo che era stata catturata, ma dopo neanche tre ore ha avuto un collasso ed è in coma da allora» ringhiò l'uomo.

Il ragazzo rabbrividì. A-8Z8 si era rivelato l'essere spregevole che Agata gli aveva descritto. Aveva salvato le apparenze, rilasciando i prigionieri umani, ma aveva deciso di liberarsi di loro perché potevano rivelare al mondo la verità sulla sua organizzazione. Harris sapeva che aveva rischiato anche lui di fare la stessa fine. A-8Z8 l'aveva tenuto rinchiuso con Mojanah e l'altro dissidente, un levantino delle montagne di nome Onon, per ventiquattro ore. Lo aveva poi separato dagli altri solo perché un Console di Ponente in persona aveva chiesto di lui ed esatto una prova della sua incolumità. Il ponentino si sentì in colpa per non essere riuscito ad aiutare gli altri due. Così come Mojanah, probabilmente anche Onon era in coma, vittima della crudeltà di un uomo che non dava alcun valore alla vita, se non alla sua.

«Ti porto dagli esseri buffi che hanno acciuffato con voi» aggiunse la guardia facendogli cenno di seguirla.

Harris annuì, sperando che il suo aiutante inaspettato non usasse la medesima espressione davanti alle creature semi-umane. I Centauri avrebbero sicuramente interpretato l'espressione "esseri buffi" come un insulto. I Centauri, per quanto si sforzassero di non perdere mai la calma, avevano di fondo un carattere bellicoso. Non passavano quasi mai alle mani, o agli zoccoli, ma si inalberavano facilmente e le discussioni con loro erano sempre alquanto accese.

Dopo aver raccolto l'arpione ancora stretto nella mano della donna priva di sensi, Harris seguì l'altro attraverso la porta successiva. 

Il primo degli Alicanti [completata]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora