89 - Una missione a porte chiuse

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Per chi non era cresciuto nei vicoli scavati nella roccia senape, a tratti turchese, del canyon più antico di Levante, non era facile muoversi nella città vecchia. Si era spesso costretti a utilizzare scale di corde e tronchi per spostarsi da un livello all'altro, o a camminare sui tetti ricoperti di girasoli bicolore, i cui petali verdi e fucsia incorniciavano un cuore giallo.

Con l'aiuto del Drago Agata spostò delicatamente un vaso di terracotta e si sedette con le gambe a penzoloni del cornicione di un palazzetto dalle persiane chiuse.

La notte del solstizio era alle porte e i due ragazzi erano di vedetta su un tetto da cui si aveva una visuale d'insieme della piazza su cui era sorto uno dei Cantieri principali della città, un edificio basso sulle cui pareti di un arancione sbiadito erano state dipinte numerose rose blu.

Così come loro, anche gli altri membri del gruppo di dissenti avrebbero trascorso la notte in bianco, appostati nei pressi dei Cantieri per spiare le attività della Setta nella speranza di cogliere qualche indizio sui misteriosi Tre Primi Profeti.

Da quella distanza Tseren avrebbe sentito alla perfezione cosa si sarebbero detti gli Audaci dietro il portone sprangato e, una volta che la cerimonia si fosse conclusa, avrebbe potuto osservare e memorizzare i volti delle persone più sospette.

Harris aveva pianificato la missione cruciale di quella notte nei minimi dettagli. Tutti i Cantieri erano sorvegliati, quelli più caldi chiaramente dai dissidenti più validi; non era un caso che al Drago e all'Ascendente fosse stata affidata una delle strutture più grandi, attorno alla quale giravano un gran numero di nuovi adepti. Se i fondatori erano davvero in città era altamente probabile che avrebbe partecipato a una delle cerimonie, magari proprio tra quelle quattro mura dall'aria innocua.

Tseren si sedette dietro Agata, affondando il mento nell'incavo del suo collo soffice.

«Non mi sembra la serata adatta» rise lei.

«Lo so che è impossibile corromperti quando se concentrata su qualcosa» le disse soffiandole in un orecchio.

La ponentina gli rivolse uno sguardo eloquente e si posizionò sul naso due lenti binoculari che aveva costruito lei stessa. A differenza di Tseren, lei non era in grado vedere a occhio nudo fino all'ingresso del Cantiere; nonostante la piazza fosse illuminata da numerose lampade ad olio, era pur sempre una notte senza Luna.

Agata amava la sensazione delle braccia calde di Tseren attorno al suo corpo. Il ricordo delle giornate in cui sentiva sempre talmente freddo da doversi coprire come se vivesse tra i ghiacci, invece che in una delle zone temperate di Ponente, sfumava di giorno in giorno. Il freddo interiore, causato dalla lontananza dal suo Drago, si dissipava di giorno in giorno, di abbraccio in abbraccio, e mai la ragazza si era sentita tanto libera di poter abbassare la guardia. Voleva a tal punto abbandonarsi ai sentimenti che provava per il ragazzo Drago, che spesso fantasticava su quando si sarebbero finalmente potuti lasciare alle spalle la battaglia contro i loro nemici.

L'aria era pregna dell'odore della brace, i pennacchi di fumo delle grigliate della cena disegnavano ghirigori nel cielo e le risate dei festeggiamenti per il solstizio giungevano alle orecchie di Tseren, insieme alle frasi di benvenuto che annunciavano l'inizio della cerimonia nel Cantiere.

Il portone era stato sbarrato con numerosi catenacci e le persiane erano state sigillate in modo meticoloso con stracci infilati in ogni fessura. Nonostante ciò Tseren riuscì con facilità a isolare le voci che provenivano dall'interno.

«A quanto pare» spiegò ad Agata «Accoglieranno ventidue nuovi Audaci stasera».

«E solo in questo cantiere» commentò la ragazza. «Pensa quanti nuovi adepti entreranno nella Setta in tutta la città. Ho brividi pensando a quante persone sono riuscite a spezzare».

Il primo degli Alicanti [completata]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora