cold

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Martedì.
Il primo esame della settimana.
Questa volta, dall'agitazione, non ero riuscita a fare colazione.
La cosa buona era che almeno, ero sicura che fosse andato meglio di come pensavo, per quello mi sentii molto sollevata. Per un momento pensai di aver dimenticato tutto.

La cosa cattiva invece, come mi aspettavo, è che vidi Noah. E no, speravo di non incrociarlo anche se era inevitabile.

Non lo incontrai subito.
Quello non si poteva definire un incontro. Lo vidi solo alla fine dell'esame. Era seduto in fondo all'aula, vicino alla finestra, al contrario io ero tra le prime panche. Scambiò qualche parola con qualche nostro compagno di corso. Con me niente.

Eravamo distanti in tutti i sensi.

Quando tornai a casa, Bridgette non c'era, era a lavoro. Era anche impegnata nel fare il nullaosta dall'Università ed era visibilmente stressata.
E io dovevo ancora a ripassare per l'esame successivo. Non fu affatto una giornata facile. La settimana stessa fu una delle settimane più noiose e tristi mai passate da quando vivevo con Bridgette.

Mercoledì.
Mi sveglio dopo aver sognato una me che corre per un quartiere. Ricordo solo che quella fu la prima volta che sentii il freddo sfiorarmi la pelle durante un sogno.

Esame di filosofia del diritto.
Incrocio Noah mentre vado in bagno dopo l'esame.

Imbarazzante, perché ci andai di corsa, non ce la facevo più. Lui consegnò pochi minuti dopo di me.
Iniziai a ragionare e pensare che la nostra discussione non era finita poi così male quindi tutto quel distacco era un tantino eccessivo. Poteva essere andata molto peggio di così. Eppure nessuno dei due riusciva a rivolgere la parola all'altro.
Tutti e due allo stesso livello.

Giovedì.
Penso che Dio stesse cercando di mandarmi un segno perché trovai Noah da solo, al bar, dopo l'esame di diritto penale.
A quel punto non potei non fare niente.

Mi avvicinai al suo tavolo.
Stava bevendo un caffè, non appena mi vide smise di bere.
Mi sedetti di fronte a lui. Dalla faccia capii che non si aspettava di vedermi da così vicino.

«ciao» salutai cercando di sembrare cordiale. Sembrava che gli fossero già cresciuti i capelli.

Mise le mani sul tavolo.

«ciao» salutò con poco animo.

«come stai?» provai a chiedere per fargli capire che ehy ! Mi importa di te. Mi dici che succede? ma era come un lampione. Un po' più basso. Immobile, mi stava trattando quasi come se non mi conoscesse.

Gelo.

«bene» rispose come si stesse sforzando, di rispondermi.

Stavo cercando le parole da dirgli, cosa chiedergli e tutto il resto ma l'interesse da parte sua era pari a zero.

A quel punto non riuscii a mandare avanti la conversazione e mi innervosii.

Se dovevo fare tutto io, allora non aveva senso. Il problema era proprio questo tra di noi, no?

Neanche a chiedermi come stessi!

Mi alzai dalla sedia e lo guardai dritto negli occhi «cosí non si risolve nulla. Fammi un fischio quando ti ridanno la lingua» dissi e mi diressi verso l'uscita a passo svelto.

Quando fui abbastanza lontana, mi voltai a vedere che cosa stesse facendo.

Aveva abbassato il capo e si massaggiava le tempie.

Il tragitto dall'Università fino a casa fu terribile.
Avevo troppa rabbia dentro di me.

Quando arrivai a casa ero di nuovo sola.
In quel momento non mi importó molto dove fosse Bridgette, quello era il suo giorno di riposo. Poteva essere ovunque.
Almeno non l'avrei annoiata con le mie lamentele.
Sentivo che da una parte anche io ero parte del problema, anche se almeno ci avevo provato a instaurare una conversazione con il mio amico.

Midnight Pillow-duncneyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora