I° VOLUME
Juno è all'apparenza una ragazza normale, ma una notte, mentre sta tornando a casa, il ciondolo regalatole dalla nonna per il suo compleanno si illumina e la porta a sbandare, investendo qualcuno o qualcosa. Al mattino, nel suo appartament...
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La sveglia sul comodino trillò all'improvviso, destandomi dal torpore della mia mente stanca. Con un movimento lesto la disattivai e mi abbandonai a un sospiro quando i miei occhi si adagiarono su quei numeri in rosso. Le sei del mattino. Sollevai la testa in direzione della finestra spalancata. Le tende chiare scivolavano fluide, mosse dal vento esterno che lasciava entrare nella stanza una lieve brezza umida e fredda dell'autunno. Mi stropicciai gli occhi stanchi con i palmi delle mani rendendomi conto solo allora di aver trascorso un'altra notte insonne sui tomi. Le mie gambe incrociate dolevano e il libro che stavo leggendo si era appicciato alla pelle delle gambe nude. Avevo letto decine di libri nel tentativo di riportare tutto alla normalità, ma non ero riuscita a trovare niente che mi permettesse di ricondurre quei due nel mondo dei vivi. C'era un'unica cosa che mi rimaneva da fare.
Silenziosamente mi alzai da terra, pestando con i piedi nudi i fogli di carta che avevo sparso in giro. Se Juno avesse visto come avevo ridotto la camera degli ospiti, mi avrebbe rimproverata come una bambina. Già, Juno. Erano trascorsi due mesi dall'accaduto con Magdalena. Sessanta giorni in cui quei due demoni erano scomparsi dalle nostre vite. Juno sentiva la mancanza di Xavier, glielo potevo leggere in volto. Gli occhi arrossati e cerchiati da profonde occhiaie violacee erano sintomo di una persona che non riusciva a riposare bene e il fisico sempre più magro indicava anche la sua scarsa appetenza. La libreria non le recava più quella gioia che le aveva illuminato il volto in passato e persino la mia compagnia non sembrava giovarle.
Scostai le tende abbandonandomi alla vista degli alberi privi di foglie. Il vento sembrava cantare una melodia più triste del solito quel giorno. Una lieve folata gelida scivolò sulla maglia extralarge che indossavo, andando ad attaccarsi lungo le gambe, cospargendole di migliaia di brividi. Dal vetro della finestra riuscii a specchiarmi. I lunghi capelli bianchi ricadevano in morbide onde sulle spalle, giù verso i seni, venendo risaltati dal nero della maglietta. I miei occhi non brillavano come al solito, sembravano spenti, proprio come quelli di Juno, ma il mio tormento non era legato al dolore che nutriva il mio cuore, bensì l'insonnia che mi aveva colpito. La mia mente vagava costantemente a quel giorno, il portale aperto, l'esplosione, quei corpi risucchiati...
Se solo avessi avuto i miei poteri, sarei stata in grado di aiutare Juno e, invece, così non era stato. Ma avevo ancora una speranza, un'unica possibilità di rimettere le cose al loro posto. Con rapidità mi vestii e afferrai tutto il necessario per ciò che avrei fatto. Presi la mia borsa e uscii dalla camera stando attenta a non fare rumore. Scivolai lungo il corridoio, passando davanti alla stanza di Juno. Il suo corpicino era rannicchiato sotto il piumone. Sembrava piccola e terribilmente indifesa. Strinsi le mani in due pugni ben saldi e uscii dall'appartamento. Non dovevo perdere altro tempo, avevo una missione da compiere e speravo con tutta me stessa che funzionasse.
***
Con le dita sporche di terra, mi affrettai a sedermi al cerchio del pentagono disegnato con il sale. Le candele depositate a ogni punta lasciavano ondeggiare le deboli fiamme respinte dal vento di quel gelido mattino. Sparpagliai davanti a me quelle vecchie pagine che un tempo avevo usato per evocarlo. Su di esse potevo leggere ancora i miei appunti scritti a lapis. Ero stata terribilmente ingenua. Come avevo potuto anche solo pensare di riuscire a evocare qualcosa di così complesso? Eppure, c'ero riuscita, anche se non come avrei voluto. Presi un profondo respiro. Il profumo delle foglie secche e bagnate dalle piogge degli ultimi giorni mi rilassò. Era odore di bosco, profumo di casa. Chiusi gli occhi per un momento, permettendo alla memoria di affiorare. Rivedevo il viso della nonna, il suo sorriso sereno mentre mi insegnava i segreti del nostro lignaggio. Mi chiesi se fosse orgogliosa o spaventata dalla mia audacia. Con un brivido, mi ricordai che ciò che stavo per fare era molto più di un semplice rituale: era una sfida, un ponte tra il passato e il futuro. Mi preparai a ripetere le parole sacre, il cuore che batteva forte, desiderosa di reclamare il potere che ci apparteneva da generazioni.