Chapter twenty-four

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{non siate mai lettori silenziosi}
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Il letto su cui si era poggiata la giovane Cassie era al quanto comodo, ma ciò non bastò per risanare le sue ferite interne che ancora sgorgavano sangue come delle lenti mietitrici del dolore

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Il letto su cui si era poggiata la giovane Cassie era al quanto comodo, ma ciò non bastò per risanare le sue ferite interne che ancora sgorgavano sangue come delle lenti mietitrici del dolore.
Era passata la mezzanotte da più di quattro ore ormai, quasi si avvicinava l'alba della mattina di Natale, la stessa mattinata in cui avrebbe voluto solo scambiarsi i regali con i suoi amici.
Li aveva preparati con cura e attenzione, scegliendo fiocchetti e carta da imballo giusti e adatti alle personalità differenti di chi avrebbe ricevuto quei regali.
Rimasero però immersi nell'oscurità di Casa Black, assieme a tutti i suoi averi di cui era certa di aver perso il valore, o la possessione.
Sapeva che ormai tutto ciò che era rimasto lì in quella camera degli orrori, appartenesse ai nobili Black.
Quel cognome tartassava la sua mente come un uccellino nelle migliori fiabe, peccato però che il suo canto non era docile e allegro, portando nel cuore della ragazza ulteriore sconforto.
La sua mente l'assillava nel ricordo delle mani di Regulus scivolarle addosso e toccarla come se fosse stata una bambola, ormai rotta e in disuso;Conati di vomito si susseguivano alle sue immagini ripercorse nella mente, disgustata da quegli atteggiamenti, da quelle luride mani.
Cercava di distrarsi immaginando invece le mani morbide, delicate, del primogenito dei Black.
Lunghe e vertiginose non avevano neppure sfiorato un limite da lei imposto, chiedevano premessero per anche sfiorare tratti di pelle da lei sempre nascosti.
Erano calde e le donavano sicurezza.
Si chiese dove fosse finito il suo amato Black, il suo adorato cane che tanto la cecavi divertire tanto quando la sollevava da quell'umore basso che la trascinava nell'abisso.
Si domandò cosa avesse fatto se fosse stato presente, senza però darsi troppe risposte.
Immaginò i suoi occhi e un colpo dritto al cuore le arrivò.
Le iridi grigie la fecero commuovere e piangere successivamente per la mancanza che provava nel ricordarsi di quei momenti passati insieme, nella stessa sera del terrore, nella stessa casa degli incubi che aveva osservato tutto in un lento e macabro silenzio.
Pianse silenziosamente desiderando avere di nuovo quelle mani delicate sulle sue pelli morbide senza, finalmente, porsi troppe domande.
Troppe richieste di spiegazioni.
Aveva quel desiderio consapevole di quanto bene le avessero potuto donare, cosciente del fatto che sarebbero state le uniche a donarle sollievo su quel corpo martoriato.
Le sue falangi strinsero la camicia da notte al centro del suo petto, strette dal dolore di quella mancanza che pareva essere l'unica a donarle amore.
Pareva mancanza di ossigeno, necessario per continuare a vivere.

A quel punto decise di alzarsi, illuminata da un'idea da lei avuta immaginando il volto del ragazzo.
Si alzò con cautela andando nel corridoio buio e silenzioso per usufruire del telefono babbano posto su un comò in legno chiaro.
Alzò la cornetta, girò più volte per porre gli esatti numeri impressi nella sua memoria come  se li avesse appena letti.
Attese qualche attimo, qualche squillo necessario, e nonostante fossero state quasi  le cinque del mattino qualcuno rispose.
<<Pronto?>>
Una voce flebile e stanca rispose, nascondendo un velato senso di speranza.
La ragazza aveva composto quel numero consapevole che in quella casa ci fosse stato il suo adorato sentimento di mancanza.
<<James.. Sono io, Cassie.>>
Il Potter quasi urlò di gioia nel sentire la voce della ragazza.
<<Sirius,Sirius! È lei, è viva!>>
Il Black infatti, dopo numerose ricerche, era tornato nella sua dimora ormai spenta quasi come se fosse stato un ratto appositamente nascosto.
Aveva raccattato vestiti e oggetti personali, includendo anche quelli della ragazza.
A suo malgrado non trovò neppure l'ombra dei suoi famigliari, volendoli affrontare con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Successivamente si era presentato sull'uscio della porta del suo migliore amico, il quale anche senza dovute spiegazioni lo fece entrare.
Il Black pianse sulle braccia del fratello sfogando quel dolore provato incessantemente.
A quel punto James decise di aiutare l'amico nella disperata ricerca della ragazza, telefonando ad ospedali e centrali di polizia babbane.
In qualche modo dovevano trovare la ragazza scomparsa.
E come un lampo improvviso aveva telefonato proprio il pezzo mancante del cuore sofferente di Sirius, risollevandolo da quella pazzia in cui stava cadendo pur di ritrovarla.
<<Cassie..>>
<<Sir..>>
Le loro voci erano un soffio, fortunatamente di sollievo e conforto.
Felici ed emozionati di sentire l'uno la voce dell'altro, ormai spogli da quella montagna di pesi che era caduta sui loro corpi fragili e ammaccati dalle stesse ferite, ma sopratutto dalle stesse persone.
<<Dimmi dove sei e ti raggiungerò.>>
La voce era sicura seppur tremante di paura per la ragazza, intimorito da ulteriori accaduti che avrebbero potuto rovinarla.
<<Sono al sicuro, non preoccuparti.>>
Aveva dovuto tener nascosto quel particolare di quella casa che la stava ospitando, un particolare richiesto dalla stessa professoressa, la quale voleva tener nascosto que posro per renderlo ancora di più una fortezza.
<<Mi chiedi di non preoccuparmi, per Godric, hai sempre delle richieste così impossibili?>>
Risero piano nel cuore della notte, spostandosi da dosso la fuliggine di cui erano stati coperti per l'intera serata.
<<Domani mattina mi troverete alla stazione di King's Cross, vediamoci lì.>>
La chiamata si interruppe a causa di un'interferenza, ma la felicità nel cuore dei due giovani nell'aver avuto la possibilità, anche solo per qualche attimo, di risentire la voce dell'altro era stata sbloccata e aveva intenzione di sgorgare nelle loro vene con intrepida velocità.
Sorrisero entrambi a distanza di chilometri, seppur ancora sporchi dalla paura che li aveva segnati.
L'indomani seguente si trovarono realmente a quella stazione, entrambi accompagnati dai loro protettori della notte passata.
Sirius arrivò nel luogo prestabilito con James ore prima rispetto alla venuta della ragazza, a sua volta accompagnata dalla professoressa.
Ella era rimasta contenta dell'imminente fioritura sul sorriso della giovane che aveva accudito per l'intera notte, titubante all'inizio di lasciarla andare così presto.
Venne però convinta dalle spiegazioni della ragazza e dalla successiva promessa di alcune lettere che, Cassiopea, le avrebbe spedito al più presto.
Protettiva come una madre aveva giurato che le avrebbe reso giustizia in qualche modo, ma le aveva lasciato una tregua da quel dolore lasciandole vivere quei pochi altri giorni di vacanza che le rimanevano.
Le due donne camminavano lente, godendosi quella piccola passeggiata a braccetto, nella speranza di cancellare i ricordi traumatici della sera precedente.
Il braccio della ragazza strinse quello della donna non appena vide una sagoma riccioluta, di spalle, poco distante da lei.
Ebbe paura che il Black l'avesse potuta ritrovare, l'avesse cercata e ormai trovata per infliggere altro dolore.
Per sottrarla e sottoporla al suo potere.
Quella figura mingherlina e riccioluta le fece bloccare il respiro, rallentando i suoi battiti e aprendo le sue iridi come se fosse stata la preda di un noto cacciatore.
Rifiatò quando la sagoma si voltò mostrando di non essere il meschino di cui ella era terrorizzata.
Prese boccate d'aria ricordandosi gli stessi gesti della notte passata nel seminterrato di casa Black, ma quel ricordo fin troppo vivido tanto da immergerla e farla incubare in quella bolla di malvagia paura, venne bloccato in tempo dal noto cane che le saltò addosso non appena la vide.
La professoressa si era spostata in tempo, salutando l'altro suo alunno con un gentile sorriso.
Nel mentre il Black era scoppiato a piangere mentre afferrava con tutta la sua forza il corpo ricoperto di abiti vintage della ragazza tanto attesa.
I passanti si girarono a guardarli inteneriti, quasi fossero due amanti che non si vedevano da tempo.
Le braccia del Black l'avvolsero completamente, attorcigliandosi a lei come dei rami magici.
Pianse silenziosamente nel rivederla, immergendosi nel suo profumo e nei suoi capelli lasciati sciolti dopo tempo.
La strattonò con dolcezza emozionato di rivederla, ma si dovette fermare al suon dei mugolii di dolore della ragazza.
La lasciò andare posizionandosi dinanzi a lei, con le mani che le accarezzavano il volto cosparso di terrore e smarrimento, ma su cui era nato un sorriso flebile.
Vedeva il suo sguardo preoccupato ispezionarla ovunque, notava i suoi occhi impregnarsi di tristezza nella minima visione di come era stata conciata,
Gli sorrise cercando di convincerlo del suo finto benessere, nonostante si sentisse molto meglio da quando lo aveva rivisto.
Si osservarono cercando di parlarsi, ma fu la prima volta in cui i loro occhi non seppero quali parole utilizzare.
Rimasero zitti e ammutoliti dai loro pensieri che girovagavano interrottamente nelle loro menti.
Le loro lingue vennero bloccate e per la prima volta non riuscirono a dirsi nulla.
Eppure nei loro cuori scoppiava l'ebrezza di aver rivisto l'altro, scoppiava la felicità e la gioia di quel loro incontro.
Si erano rivisti e speravano che il mondo a quel punto ricominciasse a girare, ma con loro stupore questo non accadde.
Speravano che dopo quell'incubo ad occhi aperti i loro sguardi avrebbero cancellato tutto, ogni minimo ricordo sofferente, ma così non fu.
Le ferite rimasero sui corpi, sui cuori, e gli sguardi non bastarono a far muovere di nuovo il mondo.
Era rimasto fermo da quella notte e non sapevano quando avrebbe ripreso a muoversi, se mai lo avesse voluto fare.
Le loro speranze di accartocciare la serata passata e andare avanti con facilità grazie ai loro sorrisi e ai loro sguardi, cadde in picchiata in quel cielo freddo che li osservava malinconico.
<<Scusa.>>
Disse solo il ragazzo prima di allontanarsi per far salutare anche l'amico, il quale avendo notato la fragilità del corpo della ragazza, si limitò ad un bacio sulla guancia e ad un lieve sussurrio:
<<Stava impazzendo..>>
I due alunni poi salutarono, imbarazzati, la professoressa McGrannitt di cui non capivano la presenza.
Non fecero domande, non avevano il coraggio di domandare cosa ci facesse lei in quel momento, ma capirono che forse era stata importante per il salvataggio della vita della ragazza.
L'anima vagante e l'insegnante si salutarono cordialmente con un lieve abbraccio, il quale però nascondeva l'immensità di bene che cresceva a dismisura ogni qual volta parlassero.
<<La ringrazio professoressa, senza di lei non so che fine avrei fatto.>>
Sussurrò la giovane all'orecchio un po' aggrinzito della sua professoressa di trasfigurazione.
Ella tirò su col naso per non parere troppo commossa dall'abbandono che stava recando alla ragazza, cercando di tirar su quel morale che scendeva a causa dei due giovani infatuati.
<<Sei davvero adorabile con questo mio abito di gioventù!>>
La osservò indossare quell'abito a quadri bianco e rosso, il quale le donava un'aria simile a quella di una docile donnina di film d'epoca passata.
<<Nel baule c'è tutto l'occorrente per medicarti le ferite, ho inserito alcune fasce in più.
Inoltre ho aggiunto alcuni libri nella speranza che ti possano fare compagnia, alcuni vestiti caldi per queste sere e anche il tuo abito, pulito e stirato.>>
Al suono di quelle parole, Sirius, si ritrasse quasi disgustato.
Medicazione delle ferite, fu un colpo duro da accettare, seppur già precedentemente durante il suo abbraccio aveva sentito proprio nel suo cuore il dolore che aveva inflitto alla ragazza.
Non la degnò più di uno sguardo, neppure di una parola, fuggiva da lei come un codardo impaurito di poterle fare del male.
Era spaventato dall'idea di poterle infliggere anche solo una minuscola parte del dolore che suo fratello le aveva giunto.
Cercò di non guardarla per non sentire il suo cuore scoppiare di compatimento, cercando di soffocare la sua empatia nei suoi confronti.
Non volle persino guardarla negli occhi; ci provò un ultima volta prima di rintanarsi in se stesso, e l'immagine del viso ammaccato e aperto alla sofferenza lo fece indietreggiare disgustato dal mostro che aveva come fratello e da ciò che le aveva inflitto.
Vederla in quelle condizioni scioccanti lo destabilizzava, rendendolo una furia accecante pronta a scatenare gli animi dell'inferno, ma allo stesso tempo lo rendeva una fragile anima vagante nell'oltretomba della malinconia e del dolore; lo stesso dolore che, pezzo per pezzo, avrebbe voluto togliere dal cuore della ragazza.
Ma i suoi tentativi illusori non andarono a buon fine, ormai consapevole del fatto che le sue speranze erano state fin troppo vaghe per essere realizzate.
Non la coinvolse neppure nei suoi respiri, camminando piano dietro ai due che ormai erano a braccetto, e non per allusioni affettuose quanto più per la lentezza con cui camminava la ragazza.
Aveva bisogno di sostegno per camminare, ancora indolenzita e colma di torture nell'animo sofferente che si ammutoliva pur di non chiedere aiuto.
Era stato, infatti,James a sostenerla mantenendole il baule, notando quanta fatica facesse anche a restare in piedi; sperava che il suo migliore amico svolgesse quel compito di sacro aiutante, ma si era rifugiato nei suoi pensieri più bui lasciando ai due libero arbitrio di espressione.
<<I miei genitori ci accompagneranno a casa.
Mh Cassie ti piace il roast beef?>>
La ragazza annuì rumorosamente mentre, aggrappandosi ancora di più all'amico, camminava a passo leggiadro per non soffrire a causa della pesantezza del suo corpo.
Ogni osso, ogni muscolo e tessuto era indolenzito e procurava dolore; ogni punto del suo corpo era cosparso di lividi, causati dalla sensibilità di quella pelle ormai trinciata dalla paura.
Arrivarono all'auto con molta lentezza, laddove ad attenderli vi erano i signori Potter, sorridenti e accoglienti come mai prima di all'ora.
Salutarono il secondogenito Sirius, facendolo accomodare in auto, mentre aiutavano il figlio James a prendere il baule della nuova ragazza entrata in compagnia.
<<E tu saresti Cassiopea, dico bene?>>
Il signor Potter, Fleamont Potter, era molto simile a suo figlio: Capelli castani un po' brizzolanti, occhi vispi e accecanti, al contrario di sua moglie Euphemia la quale era ben diversa dai due uomini della casa, ma da cui James aveva ereditato alcuni tratti particolari.
Gli occhi piccoli, le labbra sottili ma sempre distese in un sorriso, la pelle lattea e la statura mingherlina erano frutto di sua madre.
<<Sì, signor Potter;Molto piacere.>>
Si strinsero la mano calorosamente, ma la stretta dell'uomo era stata fin troppo forte per gli ormai gusti delicati della ragazza.
Sirius osservò gli occhi dell'adorata strizzarsi dal dolore e al col tempo far finta di nulla, ingoiare quell'ennesima dose di martirio che le era stata inflitta.

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