Capitolo 3 - Non devo piangere

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All'alba mi svegliai, radiosa. Saltai in piedi, mi lavai e preparai di corsa e andai nel mio posto preferito.

Mi sedetti per terra, tirai fuori dallo zaino il necessario per scrivere e iniziai. Le parole mi vennero da sole. Mi ritrovai inconsapevolmente a scrivere di Thomas, solo e sempre di lui. Riempii pagine e pagine di sue descrizioni, dei miei sogni e progetti su di lui. Non mi era mai capitata una cosa simile, non capivo. "Innamorata, innamorataaa!" mi aveva detto Ally ridendo la sera prima. Probabilmente aveva ragione.

"Wow, sono davvero così?" disse una voce ridente alle mie spalle. La riconobbi senza nemmeno voltarmi. Era lui, certo. Mi baciò con tenerezza il collo, per poi accoccolarsi al mio fianco. Lo strinsi e lo baciai con passione. Sapeva di menta. Poi, ridendo, appoggiai la testa sulla sua spalla. I nostri cuori battevano sincronizzati.

Aveva uno zaino con sé, lo aprì e tirò fuori dei fogli da disegno. Prese una matita e si allontanò da me di qualche passo. Quindi si sedette ancora a terra, sull'erba umida di rugiada. Feci per avvicinarmi, ma lui me lo proibì. Non capivo.
"Che fai, Tom?" gli domandai ridendo. Lui scosse la testa. Scrollai le spalle e continuai a scrivere dal punto in cui mi ero interrotta.

Dopo qualche momento, lo sentii alzarsi. Mi alzai anche io, mi prese per mano e mi accompagnò a casa. Chiacchierammo insieme, come se ci conoscessimo da sempre. E a me, in effetti, sembrava così. Un punto fermo della mia vita, anche se lo conoscevo solo da qualche giorno. Ma non me ne importava nulla. Mi piaceva, e questo era l'importante.

Mi salutò con un bacio e mi diede appuntamento per la serata. Mi disse di venire sotto casa sua alle 19. Annuii e rientrai in casa.

Tutto il giorno attesi solo quella serata. Anche quando mia mamma mi disse che fra tre giorni sarebbero tornati i miei fratelloni, non esultai quanto le altre volte. Non che non volessi bene ai miei fratelli, anzi; semplicemente pensavo a lui. L'unica a saperne qualcosa era Helen, a cui confidavo sempre tutto.

Quella sera mi aiutò lei a prepararmi per la serata. Tirò fuori, dal suo armadio pieno di vestiti, un abito attillato, lungo fino a metà coscia, rosso rubino. Indossai anche un paio di scarpe nere con il tacco alto.

Per l'agitazione, arrivai all'appuntamento con un quarto d'ora di anticipo. Lui arrivò poco dopo. Portava una camicia bianca un po' aperta sul petto e pantaloni neri.
Teneva una mano dietro la schiena. Quando mi vide, sorrise a trentadue denti e mostrò la mano dietro la schiena: teneva un mazzo di fiori. Erano tulipani.

"Come facevi a sapere i miei fiori preferiti?" mormorai sulle sue labbra.
"Mi piaci da morire e il mio cuore lo sapeva. Dentro di me mi pare di sapere tutto di te. Dio, quanto sei bella!" sussurrò osservandomi attentamente e ammirandomi.
Arrossii e dissi piano: "E tu, mai pensato a una carriera da modello?"
Ridemmo.

Cingendomi i fianchi con il braccio, mi accompagnò verso un locale che non avevo mai notato prima, nonostante abitassi nel paese da sempre. Si trovava in un vicolo ombroso. Appena aprì la porta, si sentì una dolce melodia classica di sottofondo. Un cameriere ci guidò verso il tavolo prenotato da Tom. Ci fece entrare in un cortiletto interno, decorato con piante e fiori.

Ci accomodammo a un tavolino con una tovaglia bianca. Al centro del tavolo era posizionata una candela dalla fiamma sottile e ondeggiante.

"Wow!" esclamai io, a bocca aperta "è così bello e... romantico!".
Thomas sorrise, sollevando un angolo della bocca. Il mio sguardo era perennemente attratto da lui. Lo fissavo sempre, inconsapevolmente. Era così... perfetto, ecco.

A un certo punto, mentre stavamo aspettando il secondo, gli suonò il cellulare.
"Scusami un secondo" bisbigliò, per poi allontanarsi di qualche passo, uscendo attraverso una porta, che prima non avevo notato, nel vicolo deserto.

Dopo qualche istante di attesa, preoccupata, mi alzai e lo seguii. Mi ritrovai a origliare la conversazione, nascosta dietro la porta. Ero curiosa di natura, non ci potevo fare nulla.

Lo sentii ridere.
"Sì, sì, tranquillo fratello, ho fatto tutto.
Haha, sì, anche colpo!
Naturale, tutte le ragazze del paese mi sono venute a parlare e salutare appena sono arrivato! Si vede che non ci sono tanti tipi fighi qua!
Mmhh, una davvero sexy che fa per te? C'è una bruna, occhi castani... Lei sì che è bella!
Sì, te la lascerò per quando vieni!
Ma mollala Alice, questa è tre volte meglio di Alice! Scommetto che ti piacerà!
Muore dietro ai fighi, davvero, è venuta da me un bel po' di volte...
Sì, sto bene!
Davvero! Benissimo, tranquillo, fratello, non sono un bambino! So quando sto male!
No, non preoccuparti!
A presto, fratello, vieni qua la settimana prossima o al massimo quella dopo ancora, va bene?
Sì, ciao ciao!"

Stavo per accasciarmi a terra mentre ascoltavo la telefonata. Quindi non gliene fregava niente di me? Benissimo, gliel'avrei fatta pagare!
Mi alzai in piedi e aspettai dietro la porta, in silenzio. Quando lui l'aprì, io ero lì pronta.

"Ehy piccola!" disse lui.
Lo interruppi e gli tirai uno schiaffo in pieno volto.
"Sei uno stronzo, un maledetto stronzo! Pensavi solo di usarmi per divertirti, eh? Ti sbagli, io non sono una di quelle che va con tutti! Sei uno sporco traditore, perché tu non provi mai niente! Fingi solo, tutto il tempo! Poi, però, un giorno, qualcuna ti farà soffrire e fingere con te! E io vorrei essere lì quel giorno, per poter ridere del tuo dolore!" urlai. Le lacrime ormai scorrevano copiose sulle guance.
'Non devo piangere, non devo piangere! Non si merita le mie lacrime!' pensai.

"Jess, Jessica, piccola, ascoltami, ti posso spiegare, per piacere, fermati!" mi supplicò.
Scossi la testa, cercando invano di non piangere.
"Vattene, Tom, vattene dalla mia vita, per non ritornarne mai più!" gli grida ancora, sconvolta.

Cercò di trattenermi per il polso, ma io strattonai e me ne andai, lasciandolo lì a meditare sulle sciocchezze che aveva fatto, su quanto fosse stato bugiardo con me, su come dev'essere soffrire per amore.

Arrivata a casa, mi fiondai in camera mia, nascondendomi sotto le coperte quando mia madre entrò per salutarmi. Finsi di dormire. Non volevo parlare a nessuno.

Mi colpì come uno schiaffo la nostalgia di mio padre, poi mi addormentai in un sonno tormentato.

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SPAZIO AUTRICE :
allora, che ve ne pare? Sì, sono ancora alle prime armi...
Commentate, per piacere, e ditemi tutto. È forse una storia un po' banale, scontata? Forse sì, aiutate

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