Capitolo 28 - Zia Jenny

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Tom's pov
La vidi andare via, impotente. Non riuscivo nemmeno a parlare. Presi il telefono in mano, mentre con l'altra mano mi asciugato le lacrime e mi nascondevo il volto. Iniziai a chiamarla, più e più volte. Poi, barcollai fino alla mia auto e mi abbandonai sul sedile. Che cosa avevo fatto? Che cosa avevo fatto?

Aveva ragione a essere arrabbiata con me. Da quando aveva conosciuto Susan non avevo fatto altro che rimandare la data in cui le avrei detto della mia storia con Suzy. 'Tanto' avevo pensato 'è solo una sciocchezza. Le spiegherò tutto poi, con calma'.
E invece non l'avevo mai fatto e venivo punito per questo.

Mi mancava terribilmente. Avevo organizzato la sua venuta a Boston proprio per poterla baciare di nuovo, per poter nascondere ancora il mio volto fra i suoi capelli. E ora che avrei avuto la possibilità di farlo... niente, avevo rovinato tutto a causa di un mio vecchio errore.

Mi sentii improvvisamente privo di punti fissi. Di punti fermi su cui contare quando ero insicuro e incerto. Quando mi sembrava che tutto attorno a me crollasse. Lei era il mio punto fermo e io l'avevo persa. Come avevo perso Matt, prima di lei. E Sally, anche lei era stata un mio punto fermo. E prima ancora Susan. Anche lei persa. Mi rimaneva solo più mio fratello, ma lui non era lì con me. Tutte le persone che amavo, che erano diventate qualcosa di importante, le avevo perse. Per colpa mia. A partire da mio padre e mia madre. Era sempre e solo colpa mia.

L'unica cosa che sapevo e di cui ero totalmente sicuro era che non avrei perso Jessica. Non di nuovo. Non l'avrei mai permesso.

Jessica's pov
Tom mi mancava terribilmente, ma non osavo ammetterlo. Mi ricordai di quello che mi aveva detto Jacob e mi dispiaceva tradire la sua fiducia. Quindi, come facevo sempre in quelle occasioni, telefonai a Helen. Quando sentii la sua dolce voce musicale mi sentii meglio. Le dissi che dovevo raccontarle qualcosa di privato, che nemmeno Jacob avrebbe dovuto sapere. Lei allora mi bloccò, mi disse che in quel momento era con lui. Mi avrebbe telefonato più tardi lei stessa. Nel momento in cui la nostra breve telefonata ebbe fine, mi sentii di nuovo sola. Susan era andata a lezione all'Università: la sua prima lezione di legge. Anche lei, come Tom, aveva iniziato l'università due anni in ritardo, perché a diciassette anni non se la poteva permettere, quindi aveva lavorato per due anni e ora finalmente aveva la possibilità di studiare. Io invece avrei incominciato il giorno dopo. Gli eventi del giorno prima continuavano a tormentarmi instancabilmente. Quella notte avevo dormito ben poco e male. Incubi, Tom, mio padre, le prostitute con Tom... quelli erano stati i miei sogni. Che allegria.

Decisi di telefonare a Josh, ma lui non mi rispose: probabilmente era impegnato. Magnifico.

Uscii dalla mia camera e scesi in cucina dove c'era mia zia. Stava cucinando qualcosa per pranzo. La aiutai, anche se ero di ben poco aiuto, perché ero una frana in cucina. Chiacchierammo insieme e scoprii che in verità non era come appariva. Sembrava schizzinosa e snob, ma non lo era affatto. La cucina era una sua passione. Mi raccontò che cucinava spesso con zio Frank: era lui che le aveva insegnato a cucinare e che l'aveva fatta appassionare. Da quando era morto, le aveva lasciato una ferita nel cuore ancora aperta. In ogni cosa, lo rivedeva. Era per quello che viaggiava sempre: per non affezionarsi a nessun posto che fosse anche lontanamente collegato a lui. Però, ormai, stava iniziando a fermarsi di più nei vari luoghi. La vecchiaia era la sua motivazione. E così aveva iniziato ad atteggiarsi in modo da sembrare più giovane. Le mancava la giovinezza, gli anni spensierati sposata con Frank. Aveva avuto dei problemi, all'inizio, per il matrimonio, perché i suoi genitori dicevano che era troppo giovane per sposarsi. Allora lei e Frank si erano trasferiti in California, a Los Angeles, e si erano sposati lì, lontani dalla famiglia, a soli 20 anni. Di tutta la famiglia, al suo matrimonio era venuta solo mia madre. Erano molto unite loro due. Comunque, non aveva mai rimpianto il suo matrimonio da così giovane: amava Frank, doveva per forza vivere con lui altrimenti si sarebbe sentita male. Poi, così, avevano potuto trascorrere 17 anni insieme, da sposati. I 17 anni più belli della sua vita. Avrebbe voluto avere un figlio ma scoprì di essere sterile e questo la segnò profondamente. Per fortuna c'era Frank a consolarla. Ma ora non c'era più nemmeno lui. Era nel sui cuore, sì. Ma non poteva parlarle con la sua voce grave e meravigliosa.

La zia mi raccontò tutto questo ai fornelli, tamponandosi di tanto in tanto gli occhi umidi. Alla fine del racconto, nel silenzio profondo che si era creato, l'abbracciai. La strinsi con tutte le mie forze. Mi faceva pena. Aveva avuto una vita molto triste, piena di eventi dolorosi. Eppure tirava avanti. E ora, ospitando me e Suzy a casa sua, aveva la possibilità di avere due ipotetiche figlie. Sperava di sdebitarsi con quel gesto, per tutto quello che aveva fatto di sbagliato.

"Ma zia Jenny"
"Che c'è Jess?"
"Non devi dire così"
"Così come?"
"Non devi pentirti di quello che hai fatto, sei una persona fantastica e non potresti aver fatto di meglio. Tutti i tuoi gesti sono stati dettati dall'amore e dalla bontà"
"Grazie, Jess, mi commuovi"
"Saresti stata una madre meravigliosa, zia Jenny, e per me sei la zia migliore che mi potesse mai capitare"
"Ti voglio bene, Jessica, sei una così cara ragazza"
"Anche io ti voglio bene, zia Jenny"

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