Capitolo 12 - Basta

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Mi svegliai in un letto sconosciuto, in una camera sconosciuta. Per un millesimo di secondo avevo pensato di voltarmi e vedere Tom, ma la schiena che vedevo non era la sua. La sfiorai con la punta delle dita. La schiena si mosse, si piegò e infine si voltò, mostrando la faccia di un assonnato Matthew.
Appena mi vide sobbalzò e stropicciò gli occhi.

"Dove siamo?" gli chiesi, alzandomi a sedere.
"Casa mia" borbottò lui " L'altra sera ti sei quasi addormentata fra le mie braccia... Allora ti ho portato in braccio fin qui"
Arrossii.
"In braccio?"
"Eh sì, e non sei proprio una piuma, senza offesa"
"Oh scusa, non ricordo nulla"
"Vabbè non è un problema, per la mia migliore amica questo e altro"
"Grazie mille"
"Ho recuperato anche la tua roba, l'altra notte, e te l'ho portata qui. Sei mia ospite, fino a quando lo vorrai"
"Oh, grazie davvero"
"Di nulla, i miei genitori non ci sono, sono in viaggio per lavoro, quindi la casa è libera. Li ho già avvisati, e hanno detto che va bene"
"Non credo di averti ringraziato abbastanza"
"Figurati, poi, se vuoi, c'è un letto in camera di mia sorella... Non sapevo dove metterti, allora ti ho portato in camera mia. Sai, ho due sorelle, ma una è via di casa, quindi c'è spazio"
"Ok, non ti ho ringraziato abbastanza"
"Mmhh, non preoccuparti, ma una domanda: a che ora ti svegli la mattina? È prestissimo!"
"Macché prestissimo, sono le nove!"
"Sì, ma tu hai dormito in braccio a me e anche dopo. Io sono andato a letto alle sei! Casa mia è dalla parte opposta di quella in cui sei andata tu!"
"Ooops, scusa! Adesso non ti disturbo più, dormi pure"

Avevo appena finito di parlare, che già dormiva tranquillo, rannicchiato su se stesso.
Sorrisi e scesi silenziosamente dal letto.
Decisi di visitare un po' la casa. Era una villetta a schiera, simile nella struttura a quella di... Non volevo pensare nemmeno a quel nome odiato.

Scese le scale, vidi venirmi incontro una ragazza, intorno ai quattordici anni, coi capelli ricci e castani e occhi color nocciola: insomma, la fotocopia di Matt al femminile!

"Ciao, io sono Agatha, la sorella minore di Matt, la più piccola della famiglia" si presentò sorridendo.
"Ciao, io sono..." Non mi lasciò finire la frase: "So già chi sei, Matt mi ha parlato molto della sua nuova migliore amica, dice che sei bravissima e che ti ammira molto"
"Oh" feci io, imbarazzata all'idea di Matt che chiacchierava di me con la sorellina.
"Tranquilla" si affrettò ad aggiungere lei "Dice di te solo cose positive. E devo dire che sono d'accordo con lui, almeno per l'apparenza: sei veramente graziosa e sembri molto gentile"
La ringraziai sorridendo.
"Vieni" mi invitò "Ti accompagno in cucina, per fare colazione, stavo giusto per preparare i pancake"

Giunte in cucina, lei iniziò a cucinare i pancake, mentre chiacchieravamo di suo fratello.

"Ehy, è profumo di pancake questo?"
Sobbalzai e mi voltai, mentre Matthew si sedeva accanto a me.
"Ben svegliato, bell'addormentato?"
"Sì, chissà perché mi fischiano le orecchie" disse, mentre mi arruffava i capelli.
"Tutte cose positive" replicò Agatha.
Annuii e lui sorrise, poi, con un movimento lesto e imprevedibile, riempì il suo piatto di pancakes. Ebbe inizio una sorta di gara per avere i pancakes, vinta naturalmente da... me! Già, perché vivere con così tanti fratelli rende più veloci i gesti: quando mio padre comprava i pasticcini alla crema, era di vitale importanza riempirsi le mani di paste prima degli altri. Altrimenti... niente, si rimaneva a pancia vuota. Mia madre, che difendeva sempre i piccoli e deboli, non approvava del tutto, ma non poteva farci niente. Era così e basta, e chi non era veloce... si arrangiava e la prossima volta diventava più svelto.

Matt mi guardò ammirato, a bocca aperto, probabilmente certo di vincere. Anche Agatha era stupita.
"Eeehhhh, ho tanti fratelli..." mi giustificai, guardandoli orgogliosa della mia vittoria, la bocca piena di pancake.
"Quanti?" mi domandò Agatha curiosa.
"Cinque"
"Oddio, una folla" esclamò lei.
Risi, in effetti non l'avevo mai pensata in questo modo. Una folla. Josh ed Helen mi mancavano da morire, e pure gli altri. In fondo ci volevamo tutti bene, anche se litigavamo spesso, anzi spessissimo.

Dopo colazione, Matt mi prese da parte e, lontano dalla sorellina, mi disse, con una faccia che esprimeva forti dubbi: "Ho ricevuto un messaggio."
"Di chi?" gli domandai, senza capire dove avesse intenzione di parare.
"Suo. Di Thomas"
"Ah"
"Dice che ha provato a chiamarti ma non hai risposto"
"Non ho intenzione di parlargli"
"Dice che non sai tutto, e che ti vuole spiegare"
"So abbastanza"
"Non secondo lui"
"Non mi interessa il suo parere"
"Dice che ha bisogno di vederti, almeno di sentire la tua voce"
"Io no"
"Dice che gli manchi"
"A me no"
"Dice che se avessi risposto di sì avrei mentito"
"È lui il bugiardo, non io"
"Dice che vuole scusarsi ed essere perdonato"
"Non gli basta il perdono di Sally"
"Dice che ha fatto delle cazzate immense"
"Le ha fatte"
"Dice che non avrebbe mai dovuto fare una cosa simile"
"No, affatto"
"Chiede di essere perdonato"
"Troppo tardi"
"Dice che non è mai troppo tardi"
"Questa volta sì"
"Dice che ti vuole"
"Il problema è che io non voglio lui"
"Dice che menti ancora"
"Si sbaglia, non mi conosce così bene"
"Dice che ti conosce meglio di chiunque altro"
"Non è vero"
"Dice che non può vivere senza di te"
"Invece può, altrimenti muore"
"Dice che si sente morire dentro, lontano ed evitato da te"
"Non posso farci niente"
"Dice che potresti dargli un'altra chance"
"Non doveva fare quello che ha fatto, doveva pensarci prima"
"Dice che tutti sbagliano"
"Non così tanto"
"Dice che anche a te sarà capitato, almeno una volta"
"E che ne sa?"
"Dice che glielo hai raccontato, una volta, ma non può dire a che si riferisce perché ci sono io"
"Ma... come fa ad averti scritto tutto questo in un messaggio? Come fa a sapere in anticipo le mie risposte? Come fa? Non è possibile!"
Matt si morse il labbro.
"Dimmelo!" urlai.
Fece un cenno alla finestra alle mie spalle. Quasi svenni. Lui era lì.

"Ti amo" disse muovendo le labbra.
"Io non più"
'So che mi ami ancora, lo so! Dicevi che era vero amore!"
"Mi sbagliavo sul vero amore e anche su di te a quanto pare"
"Io ti amo, piccola, e tu mi ami! Abbi pazienza ed ascoltami, piccola"
"Non sono la tua piccola"
"Amore"
"No"
"Ti amo tanto"
"Vattene"
"Sono serio"
"Anche io. È finita"
"È vero amore il mio"
"Bugiardo, mi tradisci solo"
"Piccola"
"Smettila di chiamarmi così"
"Amore"
"Ti ho detto di non chiamarmi così"
"Ti amo"
"BASTA!"

Piangendo si girò. E se ne andò.

Anche io scoppiai a piangere e fra i singhiozzi, mi abbandonai, scivolando giù, con la spalla appoggiata al vetro. Matthew mi sorresse e mi tenne sollevata, abbracciandomi stretto. E io piansi. E Thomas pianse. Era finita.

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SPAZIO AUTRICE:
Allora, che cosa triste! Oggi ho scritto molto, sono contenta. Voi siete contenti del capitolo? È finitaaaaaa! Nooooooooo! :-( Chi dice che gli scrittori non sono sensibili alla sorte dei loro personaggi si sbaglia proprio! Mi sembra di conoscere alla perfezione Jessica, sento proprio me stessa in lei... A parte per il fatto che io sono timida e impacciata, mentre lei si fa amare da tutti... Beh, buona notte a tutti quanti! Io credo che andrò a dormire! Yawn!

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