Capitolo 18 - Il ritorno

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Corsi e corsi. Non credevo di saper correre così veloce. Le mie gambe si sollevavano da sole, in modo elastico. Mi pareva di volare. Correre è bellissimo. Ti isoli dagli altri, pensi solo al movimento che devi fare. Ti rilassi. Senti i muscoli che si tendono, i passi regolari e ritmici sull'asfalto, il vento che ti scompigliava i capelli, le braccia che dondolano accompagnando il movimento delle gambe. Ma soprattutto, scacci le preoccupazioni che ti inseguono, ma tu sei più veloce di loro. E stancandoti non pensi più ai problemi che pesano sul tuo cuore. Non pensi a come ti sei comportata. Ecco come mi sentivo, quella sera tardi. Bastava però che rallentavo, e subito mi ricordavo la faccia di Matt, il suo dolore, la mia fuga anziché la consolazione che meritava e forse si aspettava. Invece me ne ero andata. L'avevo lasciato. Abbandonato. Mi sentivo una vigliacca, una persona spregevole. E per sentirmi meglio correvo. Una corsa verso l'ignoto? Una corsa verso il futuro? Una corsa verso la luce che credevo di vedere alla fine del mo tunnel? Una corsa verso la salvezza? Forse sì. Forse era una corsa che comprendeva tutte queste cose insieme. Perché in fondo, come avevo letto su un libro (Bianca come il latte, rossa come il sangue) "Alla fine, ciò che conta di fronte alla libertà del mare non è avere una nave, ma un posto dove andare, un porto, un sogno, che valga tutta quell'acqua da attraversare".

E qual era il porto, il sogno che valeva tutte le mie fatiche, le mie sofferenze, i miei sacrifici? Beh, ovvio. Tom. Il mio amore. Il mio vero amore.

Matthew aveva ragione. Il mio cuore e le mie gambe trovarono Tom senza aver bisogno della mente. Sapevo che in qualunque caso, in qualunque situazione di bisogno mi trovassi, avrei saputo andare da lui. Perché quando due persone si amano è difficile tenerle separate. È difficile allontanare i loro cuori. Perché i cuori di due innamorati sono sempre vicini, in qualunque occasione, indipendentemente dalle distanze reali. Perché i cuori di due innamorati non sono due cuori separati. Sono un unico cuore, un unico amore fuso insieme.

Era alla radura. La nostra radura. Quella dove andavo a scrivere la mattina all'alba. Quella dove avevo fatto pace con Tom dopo il nostro primo litigio. Quando mi sentì arrivare, nell'oscurità, si alzò in piedi. Non mi vedeva e io non vedevo lui. Ma lo sentivo. Percepivo la sua presenza. Il mio cuore lo vedeva perfettamente. E il suo pure. Arrivando nella radura, avevo rallentavo, ma in quel momento ricominciai a correre verso di lui. Verso le sue braccia. Nelle sue braccia.

Volai letteralmente addosso a lui. E lo strinsi come non avevo mai fatto prima. Quindi lo baciai. Era da tempo che non lo facevo più. Che mi costringevo a non farlo. E ora, invece... finalmente potevo di nuovo sentire le sue labbra contro le mie. Mi prese in braccio e mi sollevò, ridendo e baciandomi.

"Ti amo, Thomas Benmore" urlai nella notte.
"Ti amo anche io, piccola" rispose lui.

E ricominciammo a baciarci alla follia. I suoi baci mi esaltavano, le sue mani che accarezzavano ed esploravano il mio corpo mi inebriavano. Avevo solo una parola per definire quello che provavo: AMORE. VERO AMORE.
Penso che l'amore sia la follia di chi ha la mente perfettamente lucida. Una pazzia, sì. Ma di cui si è perfettamente coscienti. E che si vuole e si desidera ancora di più. Come l'alcol. Come il fumo. Come la droga. Solo che l'amore fa bene. Ti rende euforica. Ti fa sorridere come un'ebete. Ti fa ridere senza motivo. È l'amore, punto e basta.

***

Mi svegliai in un groviglio di lenzuola, coricata sopra Tom, con una mano fra i suoi capelli e l'altra con le dita intrecciate alle sue. Non ricordavo bene come fossi finita lì. Avevo un vago ricordo di Tom che mi prendeva in braccio, io con addosso solo la biancheria intima, lui a torso nudo. E poi mi ricordavo che, in mezzo ai baci, mi aveva portato a casa sua, facendomi passare per certe viuzze deserte e sconosciute. In verità non mi facevo molte domande. Era il risveglio migliore che potessi sognare. Un risveglio vicino a lui. O meglio, sopra di lui.

"Ben svegliata, piccola" rise, mentre mi baciava. "Dormito bene? Comoda?"
"Mmhh, sì, abbastanza" sorrisi io. "Come abbastanza? Come?" esclamò mentre mi faceva il solletico. Ci capovolgemmo e io mi ritrovai sotto di lui, a sbellicarmi dalle risate. Il solletico finì soffocato da altri baci. Ero "affamata" delle sue labbra, dopo così tanto tempo in cui avrei potuto baciarle ma me lo ero proibita. Sapevo di non poter fare a meno di lui.

"Ti amo" sussurrai.
"Anche io " disse. Bastavano quelle due parole per farmi sentire bene. Non potevo sperare niente di meglio. Ero tornata dal mio ragazzo, perché in fondo era rimasto tale per tutto quel tempo. Il mio cuore lo aveva sempre pensato con l'amore di una fidanzata. E della mente... chissenefrega! Il cuore non mente mai. La mente ne è capace. Ora che potevo di nuovo stare con lui mi sentivo a casa. Perché era lui la mia casa.

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SPAZIO AUTRICE:
ooooohhh! In questo capitolo secondo me ho messo delle frasi molto poetiche, quasi tutte inventate da me (a parte quella di Bianca come il latte, rossa come il sangue). Vi piace questo stile per scrivere? Oppure pensate che sia un po' troppo sdolcinato e finto? Consigliatemi voi lettrici! Ogni commento o correzione è sempre ben accetto! Ciao a tutte e, mi raccomando... se la storia vi piace votate a favore e fatemi pubblicità!

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