Capitolo 21 - Esami

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Ormai avevo convinto irrimediabilmente Tom riguardo all'università. Si mise a studiare e osservare le classifiche mondiali delle Università di Informatica e, poiché era molto ambizioso e dotato di un ampio budget per le spese dei corsi, inviò il suo curriculum e fece gli esami di ammissione per Stanford, l'MIT (Massachusetts Institute of Technology) e Harvard. In caso non avesse passato nessun esame, aveva in programma ancora alcune possibili Università americane, quali il Caltech (California Institute of Technology), Princeton University e Cornell University.

In quel periodo di fine estate, ormai lo vedevo pochissimo. Spesso studiava Informatica, chino su quaderni pieni di esercizi e di calcoli, e per l'altra metà del tempo, viaggiava per tutti gli USA, da università a università per test e colloqui vari. Aveva quindi ben poco tempo da spendere con me. Ogni tanto lo andavo a trovare il pomeriggio e stavo sdraiata sul suo letto a scrivere e osservarlo, mentre lui faceva calcoli su calcoli seduto davanti alla scrivania, sommersa da fogli, libri, quaderni, calcolatrici e ancora, dietro tutto il resto, il computer. Era disordinato in una maniera assurda, quindi spesso, per rendermi utile, gli riordinavo i cassetti e i fogli in ordine alfabetico. Fogli stropicciati coperti di scritte incomprensibili, come una lingua aliena per me. Ma non per lui evidentemente. Quando si metteva a lavorare, nessuno poteva disturbarlo. Si concentrava, spremeva le meningi su quei fogli, scriveva appunti su taccuini sparsi ovunque e andava in ansia quando non trovava la calcolatrice o il libro che gli serviva in quel momento. Quando non riusciva a risolvere un esercizio, si arrabbiava : si metteva le mani nei capelli e iniziava a tirarseli per sfogare la tensione nel dolore. Iniziava a ripetere i procedimenti a mezza voce, tappandosi le orecchie con le mani per non udire nemmeno un rumore dall'esterno. Borbottava fra i denti e grugniva, ripetendo anche alcune formule e brani dei libri di testo di informatica. Se non riusciva ancora a trovare la soluzione del quesito, iniziava ad alzare progressivamente la voce e ad agitarsi sulla sedia. Finiva per girare in tondo per la stanza, con un quaderno e una penna in mano, urlando. Eppure nemmeno in quei momenti d'ansia potevo parlargli. Una volta gli avevo accarezzato la guancia, mentre era furioso perché non riusciva a risolvere un problema, e gli avevo sussurrato dolci parole all'orecchio. Aveva reagito malissimo, urlandomi cose del tipo "Smettila di distrarmi", "Non capisci niente", "Lasciami studiare in pace", "Ma non vedi che sto lavorando al contrario tuo?". Io ero uscita piangendo e sbattendo la porta dietro di me. Pensavo di aiutarlo, invece mi aveva maltrattata ingiustamente. Qualche istante dopo era venuto a cercarmi, per farsi perdonare, perché non sopportava che io fossi triste per colpa sua. Mi aveva cercato di spiegare con dolcezza che quando era impegnato, diventava intrattabile e che se volevo potevo non venire più da lui mentre studiava, di non preoccuparsi per lui. Naturalmente gli risposi che sarei venuta sempre e comunque e che non l'avrei più disturbato mentre studiava. Lui si era illuminato e mi aveva ringraziato di cuore, perché - e qui cito le sue stesse parole - "Quando ci sei tu vicino a me, anche se non parliamo e tu stai solo lì zitta, ecco, è tutto più bello, riesco a studiare meglio perché sono motivato dalla tua presenza. Sei uno stimolo per la mia ambizione. Se ci sei tu, sono in grado di fare qualsiasi cosa e di affrontare qualsiasi sfida o pericolo. Con te vicino... mi sento diverso, migliore. Hai un'influenza positiva su di me, insomma. Cioè, non mi so proprio spiegare, non avrai capito nulla, ho usato troppe parole e frasi contorte. Forse bastava un grazie. O forse un ti amo alla follia".

Un giorno, poi, erano arrivate le risposte dalle università. Io ero lì con lui. Tutti e due eravamo super eccitata e in ansia. I suoi occhi verdazzurri guizzavano da una parte all'altra instancabilmente. Continuava a deglutire e mordicchiarsi il labbro inferiore. Si mise anche a tamburellare con le dita sul tavolo. Prima, lesse tutte le risposte, lui solo. Lo vidi sbiancare e poi crollare sulla sedia a peso morto. La mia impazienza si era tramutata in paura: 'E se non ha passato nessun test? E se nessuna università ha accettato le sue richieste? E se era solamente tutta un'unica illusione?'.

Rimanemmo qualche istante in silenzio. Lui continuava a spostare lo sguardo dalle risposte a me, e di nuovo alle risposte. Dopo un po' non riuscii più a trattenermi e gli chiesi: "Allora?"

Si alzò in piedi, fece un mezzo sorriso e mi fece leggere. Non lessi veramente le risposte, buttai solo l'occhio, scorrendole rapidamente.

Stanford University:
Gentile studente...,
... bla bla bla ... le diamo la notizia riguardante la richiesta... ecc ecc... siamo lieti di informarla che ha passato gli esami... bla bla bla...
No, no, aspetta un attimo...
Siamo lieti di informarla che ha passato gli esami? Uno scherzo?

Alzai lo sguardo su Tom e gli feci un sorrisetto. Mi fece segno di guardare il prossimo foglio, passandosi nervosamente le dita fra i capelli.

Massachusetts Institute of Technology (MIT)
Egregio signor Thomas...,
sempre le stesse storie... abbiamo notato il vivo interesse e il forte impegno dimostrato nelle prove... il solito linguaggio formale... siamo però spiacenti di informarla che non è stato ammesso all'Università...

Oh no! Feci una faccia desolata verso Tom e lui rispose con una smorfia e un gesto per indicarmi di proseguire.

California Institute of Technology (Caltech)
Carissimo signor...,
abbiamo notato la sua abilità nell'informatica... quindi possiamo dire con orgoglio che è stato ammesso all'Università di Informatica...

Wow, 2 su 3 per ora! Sorrisi ancora a Tom. Stavo per fargli un complimento, ma lui mi zittì dicendomi di continuare. Era visibilmente in ansia.

Princeton University
Egregio...,
...basta, non avevo più voglia di leggere le solite frasi pompose... ammesso all'Istituto...

Incredibile! Erano risultati davvero stratosferici!

Cornell University
Pregiatissimo signor...,
...la solita tiritera... siamo sinceramente dispiaciuti di non poterla ammettere a questa prestigiosa scuola...

Vabbè, che sarai mai! Due università non avevano accettato la sua richiesta di iscrizione, ma ce n'erano pur sempre altre tre disposte ad avere Tom come allievo, no?

Vidi che la risposta dopo non era stata ancora letta. Guardai il sigillo: Harvard University. Capii perfettamente il panico di Tom. Il sogno di Tom era quello di frequentare l'università più prestigiosa al mondo. Alzai lo sguardo e fissai gli occhi di cui mi ero innamorata fin dal primo momento.
"Volevo leggerla con te. Perché io ho bisogno di te in questi momenti. Mi sento infantile, ma è così. Solo vicino a te riesco a essere veramente coraggioso, capisci?"
Mi sollevai in punta di piedi e lo baciai delicatamente. Poi, in silenzio, stringendoci la mano, iniziammo a leggere. Nella forma era tale e quale le altre risposte. Sempre gli stessi 'gentilissimo signor' e 'rispondiamo ora alla sua domanda per iscriversi all'Harvard University'.
Poi arrivammo alle righe fatali. Quelle decisive. Quelle che eravamo impazienti di leggere.

La informiamo dunque con piacere che la sua domanda è stata accettata dall'Università e che ha superato tutti i test con successo.

No, era un sogno. Era troppo bello per essere vero. Riesi un'altra volta la frase per assicurarmi di non essermi sbagliata. Era tutto giusto! Tutto vero! Incredibile!
Con il cuore che mi scoppiava di gioia e di orgoglio per il mio ragazzo, mi voltai verso Tom. Anche lui si girò contemporaneamente. Ci guardammo per un nanosecondo raggianti. Poi io volai letteralmente fra le braccia di Tom, ridendo. Non riuscivo a smettere di ridere, nemmeno mentre ci baciavamo con ardore. Risi fino alle lacrime e lui con me. Piangevamo, rideva mo, ci guardavamo, ci baciavamo, leggevamo e ci ripetevamo ancora a vicenda quella frase fatidica, per poi ricominciare a baciarci. Eravamo pazzi, inebriati da una gioia indescrivibile e animati da un amore profondo e ineguagliabile.
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SPAZIO AUTRICE :
Siiiiiiiiiii! Rallegratevi anche voi! Madò, però, che bravo! Ad Harvard! La prima università del mondo! Che invidia, da un certo punto di vista, anche se... chissà quanto studio... Non siete contente? Io sì, moltissimo, dev'essere bellissimo ricevere una notizia del genere! Che orgoglio, mannaggia! Quindi... i miei complimenti a Tom! E anche a quelle lettrici che, instancabilmente, continuano a leggere questa storia (spero non troppo noiosa, ditemi voi!). Al prossimo capitolo allora! Ciao a tutteeee!

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