VI • POENAE MERITAE REMISSIO

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«Stiamo perdendo tempo» prova a protestare Settimo, sfilandosi la maglia.

«Voglio solo controllare, faccio in fretta» rispondo. «Se la ferita si è riaperta potrebbe infettarsi».

Lui borbotta qualcosa in risposta ma poi ubbidisce, anche se visibilmente controvoglia.

Mi libero anch'io di una delle mie tuniche che, vista la temperatura, è ormai superflua e la uso per cercare di ripulirgli un po' il torace dal sangue rappreso.

Ed è...beh, è molto strano.

I punti con cui l'ho ricucito solo qualche ora fa sono ancora lì, dritti e ordinati nel congiungere i due lembi di una ferita pulita, perfettamente suturata e già in via di guarigione.

«La ferita è a posto» concludo.

«Bene» risponde. «Grazie, domina. Ora muoviamoci».

Ora che è senza collare, alzare lo sguardo sul suo viso mi viene più facile. Perché lui, adesso, sembra completamente un'altra persona rispetto allo schiavo che ho rattoppato ieri.

«Bene, sì» confermo, facendo un passo indietro. «Resto solo con un dubbio: di chi era, quindi, tutto quel sangue che avevi addosso?»

«A questa domanda non so rispondere».

Ora, tutte le note scarabocchiate all'interno di quel complicato groviglio di tatuaggi e cicatrici sul suo corpo, non sembrano più intonare la triste ballata di miseria e soprusi che mi sembrava di sentire ieri sera ma, piuttosto, paiono vibrare in un minaccioso rullo di tamburi, la perfetta colonna sonora di una schiavitù pronta a fare a pezzi i padroni.

«Se non ti fidi di me puoi sempre tornare dentro» aggiunge. «Posso andare da solo».

«Ti direi che proprio perché non mi fido di te non intendo lasciarti andare da solo» rispondo, ma il mio sguardo è completamente rapito da un'enorme cicatrice che ha sul fianco. È una ferita vecchia, dritta, quasi chirurgica, sbeccata solo in punta. È una ferita che mi ricorda qualcosa. «Ma la realtà è che voglio capire quanto prima cosa sta succedendo. Questa come te la sei fatta?»

«Non ricordo, domina, ne ho troppe per poterne tenere il conto» risponde, e intanto si affretta a rinfilarsi la maglietta lurida. «Adesso andiamo. Cerchiamo il fiume. Poi ne seguiremo il corso».

 Poi ne seguiremo il corso»

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Trovare il fiume, certo. Facile. Seguirne il corso... un po' meno.

Ci siamo inoltrati all'interno del bosco finché gli alberi non si sono chiusi alle nostre spalle nascondendo completamente il comitium dalla nostra vista. Ci sono alcuni alberi che conosco, perché li ho visti nella bioselva dell'Urbe. Quelli che ci siamo lasciati alle spalle, per esempio, erano dei pini. Credo. Quelli che abbiamo davanti, invece, potrebbero essere... abeti? Oppure pecci. E ci sono dei cipressi. Ne sono quasi sicura.

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