XXI • VERECUNDIA

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Niente è andato come doveva.

Ho le gambe doloranti, le braccia insanguinate, la gola che a ogni respiro raschia e scalpita riportandomi in bocca il sapore del fumo che l'ha abrasa. Ho lo stomaco completamente chiuso e il peso del fallimento sulle spalle.

Sapevo che Marcus aveva degli irrisolti nei miei confronti. L'ho sempre saputo, fin da quando eravamo piccoli. Avevo addirittura provato a fronteggiarlo e a cercare un punto d'incontro, fintantoché il conceptus me lo aveva consentito. Ci avevo persino litigato, qualche volta, da bambini.

Ritegno, Merula, mi diceva Segesto, quando Marcus cercava lo scontro. Ciò che conta non è il modo in cui ti venga arrecata un'offesa, ma quello in cui viene tollerata. Ci sono offese per cui possiamo prendere tempo, di alcune bisogna sorridere, ad altre si deve passare sopra.

Ma Fumilla... no. No, Fumilla non me lo aspettavo.

«Merula, dei, menomale!» mi urla Silia, dalla porta della Curia, non appena mi vede arrivare. Poi mi corre incontro. «Che cosa ti è successo?»

«Perché sei qui fuori?» le domando, in risposta. «L'imperatore?»

«È dentro con Gallius. Lo sta cambiando, di nuovo. Ho pensato che fosse meglio non assistere, sai, per pudore. No, aspetta» mi ferma, cercando attentamente un punto di pelle intatta sulle mie spalle su cui poggiare le mani per trattenermi. «È tornato Settimo. C'è lui insieme a Gallius».

È tornato Settimo.

Mi scrollo di dosso le mani di Silia e mi precipito dentro la Curia, attraversandola di corsa. Spalanco senza nessuna grazia la porta del Secretarium Senatus e irrompo nella stanza senza annunciarmi.

«Che cosa ti è successo?» mi chiede Settimo, non appena mi vede.

Nerva è stato adagiato sul letto. È ancora incosciente e il suo corpo continua a essere scosso da brividi e spasmi. Settimo è seduto sul materasso accanto a lui e gli sta asciugando la fronte con un panno, mentre Gallius, in piedi proprio davanti a me, si affretta ad abbassare il mitra che, d'istinto, mi ha puntato addosso non appena sono entrata.

«Vi lascio parlare, domina» mi dice.

«Devi dirmi da cosa è dipendente» intimo a Settimo, quando Gallius lascia la stanza. «Bulla Aurea mi ha parlato di res nullius. Devi dirmi cos'è, cosa contiene».

«Perché credi che io lo sappia?» mi domanda, alzandosi lentamente in piedi.

Ritegno, Merula.

«Perché sei la persona che gli è stata più vicino, durante questi anni, a quanto pare» gli rispondo. «E perché lui si fida ciecamente di te».

«Lui si fida ciecamente di me» ripete, avanzando fino a posizionarmisi davanti, «proprio perché sa che non rivelerei mai i suoi segreti a nessuno».

La sento. La sento perché sono stata addestrata a riconoscerne i sintomi e a disprezzarli.

Ciò che conta non è il modo in cui ti venga arrecata un'offesa, ma quello in cui viene tollerata.

La sento perché sono stata addestrata a bloccarla prima che sia troppo tardi.

Ci sono offese per cui possiamo prendere tempo, di alcune bisogna sorridere, ad altre si deve passare sopra.

È troppo tardi. Neanche il tempo di rendermi realmente conto di cosa sto facendo, e già mi sono avventata contro di lui che, completamente colto alla sprovvista, arretra fino a sbattere la schiena contro il muro alle sue spalle.

SATURNALIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora