VII • AUREA AETAS

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«Ecco una gestione davvero encomiabile della paura» dico, osservando un gruppo di tre ragazzi e tre ragazze che se la stanno spassando a pochi metri di distanza da noi, contorti in una serie di posizioni talmente fantasiose che faccio fatica a capire a chi appartengano un paio degli arti che vedo spuntare dal mucchio.

«Forse non sono spaventati perché sanno cosa sta succedendo» propone Silia e mi accorgo che sta facendo di tutto per non far cadere lo sguardo sulla spericolata ammucchiata che sta avendo luogo proprio davanti ai nostri occhi.

E comunque no, non credo proprio. Gli abitanti della Suburra non sono mai aggiornati su ciò che accade intorno a loro. A Nova Roma-II le cose avvengono perché qualcuno, nell'Urbe, ha decretato che debbano avvenire in base ai propri interessi. E sono piuttosto certa che metterne al corrente i miserabili della Suburra non rientri in questi interessi.

Settimo, con un cenno della testa, ci invita a guardare oltre il Macellum.

«È... la Spelonca?» domando, incredula.

«Sì» conferma lui.

Sì. È l'ingresso della miniera di serviosite dell'Urbe. Solo che, adesso, non sembra più una miniera di serviosite quanto piuttosto una miniera di qualsiasi prelibatezza, sfizio e frivolezza, finanche alla più immonda futilità. La vedo traboccare di forme di formaggio stagionato impilate una sulle altre, cassette di frutta e verdure fresche, strumenti musicali, maschere, giochi, otri di vino.

«Non hanno paura» dice Settimo. «Hanno cibo e vino e sono liberi da padroni e oppressori. Qualsiasi cosa stia accadendo, la maggior parte di loro si trova comunque in una condizione di gran lunga preferibile rispetto a due ore fa».

«Tutto questo è proprio in linea con quello che dovrebbe essere lo spirito dei Saturnalia» rifletto, «questa inversione di ruoli, intendo».

«Molte cose sono in linea con quello che dovrebbe essere lo spirito dei Saturnalia» mi risponde Silia, col suo misurato accento del Pendio. «Come, ad esempio, la temperatura».

«La temperatura?» chiedo.

«Sì. Pensateci un attimo. Perché durante i Saturnalia gli schiavi vengono liberati ed esonerati dal servire? Per rendere omaggio a Saturno e al suo regno, l'Età dell'Oro, in cui non esisteva la schiavitù».

«L'Età dell'Oro» ripeto, perché credo di aver capito dove voglia andare a parare.

«Aurea prima sata est aetas, quae vindice nullo, sponte sua, sine lege fidem rectumque colebat» recita, a memoria. «Fiorì per prima l'Età dell'Oro, spontaneamente, senza bisogno di giustizieri, senza bisogno di leggi, si onoravano la lealtà e la rettitudine. Durante l'Età dell'Oro gli uomini non avevano bisogno di leggi perché non esistevano l'odio né la guerra. E non esisteva neanche l'agricoltura poiché tutte le piante di cui avevano bisogno crescevano spontaneamente dalla terra. E questo perché era sempre primavera».

«Ha senso» rispondo. «I Saturnalia, in effetti, dovrebbero essere una rievocazione dell'Età dell'Oro».

«E invece, quest'anno, pare che qualcuno abbia deciso di buttarci in una vera e propria simulazione» annuisce Silia.

Ha ragione. Gli schiavi senza collare e quindi del tutto indistinguibili dai cittadini liberi, l'esagerata abbondanza di cibo e doni, la temperatura primaverile... è proprio come essere finiti direttamente nella vera Età dell'Oro.

Restiamo qualche secondo in silenzio. Faccio vagare lo sguardo avanti e indietro lungo la radura, finché non mi cade su un gruppo di ragazzi che, anziché mangiare, bere e accoppiarsi, stanno discutendo animatamente tra loro.

SATURNALIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora