XVI • VER SACRUM

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«Puoi fidarti di me, Cesare, lo sai» lo incoraggio, quando tutti gli altri hanno lasciato la Curia e, finalmente, siamo rimasti soli.

Nerva è seduto ancora al mio fianco, ma non mi guarda. Afferra piuttosto la stilo digitale e abbozza sullo schermo uno schizzo del mar Mediterraneo, con Nova Roma-II che spicca nel mezzo.

«Mauretania, Africa proconsularis, Aegyptus, Syria e Cilicia» dice, indicando vari punti dell'ologramma comparso davanti a noi. «Sai cosa sono?»

«Le nostre cinque colonie».

«Sì. Cinque che avrebbero dovuto essere sei. Tu ricordi cosa è successo alla sesta colonia, la Cappadocia?»

«È ovvio, sì» dico. Sarebbe impossibile dimenticare quello che, a tutti gli effetti, è stato l'inizio della serrata serie di eventi nefasti che sono poi culminati con l'assassinio dell'imperatore Druso.

«In Cappadocia c'era la più grande e produttiva miniera di serviosite dell'impero» continua. «Oltre che la prima. La miniera di Cappadocia era sufficiente, da sola, a soddisfare il fabbisogno di serviosite di tutta Nova Roma-II. Ed era talmente grande, e vi lavoravano talmente tante persone, che il villaggio di minatori sorto attorno a essa, in poco tempo, si era trasformato in una vera e propria città. Città che, volendo, sarebbe stata in grado di provvedere al suo stesso scongelamento».

«Beh, immagino di sì» rispondo. «Sarebbe stato sufficiente dotarli di un impianto autonomo».

«Esatto. Mio padre avrebbe potuto accontentarli. Senza rinunciare alla miniera, ovviamente. Ma anche solo privarsi di una parte della serviosite cavata avrebbe comportato un decremento considerevole dell'energia di cui avrebbe potuto servirsi Nova Roma-II» continua. «E l'Urbe continuava a pretendere, e ormai un tiepido inverno non era più sufficiente. No, l'Urbe chiedeva la primavera».

«L'imperatore Druso ha fatto ciò che ha ritenuto giusto in quel momento».

«Ha fatto ciò che è stato costretto a fare» mi contraddice, con il blu dell'ologramma riflesso nei suoi occhi enormi, «per non perdere l'appoggio del Senato, delle Penule Rosse e delle famiglie patrizie dell'Urbe».

«Il sovrano ha delle responsabilità, Cesare» tento, «e, alcune volte può essere necessario dover scendere a compromessi con la propria coscienza».

«E ciò che ha fatto dopo?» mi chiede. «Credi che sia mai riuscito a scendere a patti con la sua coscienza, per ciò che è successo in seguito?»

Ciò che è successo in seguito. L'ammutinamento e la ribellione della Cappadocia e poi il provvedimento terribile con cui l'imperatore Druso li ha puniti.

«Ha staccato la corrente» dice Nerva, facendo eco ai miei pensieri. «Ha staccato la corrente e li ha lasciati a morire assiderati. Non è assurdo? Proprio loro, che avevano abbastanza serviosite per scongelare il loro territorio e anche il nostro».

«Cesare» lo chiamo, perché questo racconto sta facendo insinuare un infelice sospetto nella mia mente. «Stava per caso succedendo qualcosa del genere con un'altra colonia?»

«No, ancora peggio» risponde, con un sussurro. «Stava succedendo con la Suburra».

«La Suburra stava per ribellarsi?» domando, sconvolta.

«Stavano cominciando a serpeggiare alcune idee pericolose, sì» conferma. «Che andavano bloccate sul nascere, per evitare conseguenze ben più estreme, come quelle della Cappadocia».

«E tutto questo... ha a che fare, in qualche modo, con i Saturnalia e con ciò che ci è successo?»

Si volta lentamente verso di me.

SATURNALIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora