𝓽𝓱𝓮 𝓹𝓻𝓸𝓬𝓮𝓼𝓼

53 4 6
                                        

Venne a testimoniare a mio favore il personale medico che mi aveva assistito durante il mio breve soggiorno in psichiatria dopo il tentato suicidio. Ogni medico e infermiere venne interrogato e contro interrogato. Io ascoltavo in silenzio tutte le domande che venivano poste dagli avvocati e le seguenti risposte dei vari teste. Cercavo di seguire i discorsi ma dopo un po' caddi vittima dei miei pensieri. Provavo una forte sensazione di soggezione e ,anche se non li vedevo, potevo sentire gli sguardi dei presente scrutarmi fin dentro le ossa. Talvolta gli occhi mi cadevano sui giurati ,ai quali sarebbe spettato di emettere il mio verdetto. 12 sconosciuti avevano tra le mani il mio futuro. Venne chiamato al banco dei testimoni anche il mio psichiatra,il dottor Evans,il quale mi descrisse come un grave caso di depressione maggiore con tendenze suicide già emerse in passato. Nulla di nuovo o di errato. Dalla parte dell'accusa vennero chiamati alcuni presunti testimoni delle sere degli omicidi, alchè mi domandai se io e Jeff fossimo veramente stati visti da qualcuno. Tuttavia ascoltando le loro parole mi resi conto che non avevano visto nulla ,solo sentito qualche rumore. Infine venni interrogata io. Una volta seduta al banco dei testimoni mi resi conto di quante persone popolassero l'aula,ma la cosa più terrificante era che ognuno di loro stava guardando me. Feci un respiro profondo e mi appellai alla mia fermezza ,poi sollevai il volto e puntai gli occhi in faccia,quasi in segno di sfida,al procuratore distrettuale ,il quale aveva il compito di interrogarmi. L'uomo cominciò a pormi qualche domanda ,alle quali  risposi con tono fermo e monocorde. Tuttavia dopo qualche minuto mi accorsi che i quesiti che mi venivano posti diventavano via via sempre più articolati e profondi ,cosa che mi fece incespicare in quanto a volte non capivo nemmeno io il senso della domanda. Nonostante ciò riuscii a sostenere l'interrogatorio senza crollare o contraddirmi e l'avvocato si congedò per lasciare il turno a Lowcart,il quale mi pose le domande che avevamo pattuito in precedenza. Successivamente venne il momento delle arringhe ,prima Lowcart ,poi il procuratore. Quest'ultimo mi dipinse come una malata mentale con impulsi omicidi che aveva commesso questi delitti consapevolmente, e sicuramente lo avrebbe rifatto. Il giurista parlava in modo teatrale, modulando magistralmente il tono e le parole, guardando direttamente i giurati negli occhi e camminando lentamente avanti e indietro davanti il banco della giuria. Talvolta mi indicava e in quei momenti provavo una punta di fastidio. Avevo già gli occhi di tutta la stanza puntati addosso a sufficienza,trovavo quel gesto superfluo e irrispettoso. Per quanto riguarda la sua arringa non potei che trovarla convincente e corretta, tranne per il fatto che avrei ucciso di nuovo se ci fosse stata la possibilità. Non potevo negare che non mi sarebbe dispiaciuto farlo, ma da quando Jeff non era più al mio fianco non avevo più provato lo stimolo impellente di togliere la vita ad un altro essere vivente. Tuttavia non potevo negare che avrei voluto farlo. Era come se Jeff,morendo, avesse trascinato con se anche tutta la mia follia omicida. Come se mi fossi svuotata di tutti gli impulsi ad uccidere, non fremevo più all'idea di commettere un omicidio, non sentivo più il sangue ribollire nell'immaginare di affondare una lama tagliente nelle carni di una persona, osservavo semplicemente il pensiero e lo lasciavo andare, pronunciando internamente un debole "magari potessi farlo", ma nulla di più. Certo, mi mancava quel fervore e avevo il desiderio di riviverlo, ma ero perfettamente consapevole che non sarebbe stato più possibile. Anche se fossi scappata dalle mie responsabilità e mi fossi trasformata in una serial killer in piena regola non avrei più provato lo stesso piacere sfrenato che avevo provato stando accanto a Jeff. Jeff aveva sciolto le catene della mia follia, ma ora, senza più la sua guida maestra, la mia devianza era appassita e con lei anche gli impulsi omicidi che mi facevano fremere e bramare il sangue. A tutti gli effetti potevo considerarmi innocua, di conseguenza non totalmente come il giurista appartenente all'accusa mi dipingeva. Finita l'arringa del procuratore la giuria si ritirò per deliberare, il giudice batté il martelletto e si congedò, a quel punto noi fummo liberi di uscire dall'aula, in attesa che i giurati emettessero il verdetto. Non appena il giudice uscì dall'aula si riuscì a percepire un cambiamento radicale nell'atmosfera, come un elastico in tensione rilasciato di colpo. In effetti pure io mi sentivo meno tesa, Dean e il mio avvocato rilasciarono all'unisono un profondo respiro. Mio fratello si strofinò il volto con le mani e poi mi chiese :" Come ti senti ? "
"Stanca, ho bisogno di sgranchirmi le gambe." Risposi secca. Lowcart si alzò e ci intimò di uscire in quanto quasi sicuramente la giuria ci avrebbe messo ore nel deliberare e in ogni caso, quando i giurati avrebbero raggiunto un accordo, saremmo stati avvertiti. Io e Dean ci guardammo e senza dire nulla seguimmo l'avvocato fuori dall'aula, seguiti dalla mia scorta e gli infermieri assegnatimi. Una volta fuori dall'aula Lowcart si allontanò per effettuare una telefonata, a quel punto chiesi a Dean di accompagnarmi fuori a fumare una sigaretta e la scorta ci accompagnò verso l'uscita d'emergenza, non presidiata dalla stampa. Fumai in modo liberatorio assaporando il gusto acre delle Lucky Strike rosse,una volta finito rientrai all'interno del tribunale e mi sedetti accanto a Dean su una panca appena fuori l'aula. "Vuoi che ti porti qualcosa da mangiare ?" Mi domandò mio fratello. Avevo lo stomaco completamente chiuso, mangiare era l'ultima cosa che mi passava per la testa. "No", risposi , "ma berrei volentieri dell'acqua" . A quel punto Dean si alzò e andò a comprare una bottiglietta d'acqua. Bevvi avidamente mezza bottiglia poi la riconsegnai a mio fratello. Eravamo entrambi visibilmente nervosi, non sapevamo cosa dirci, così rimanemmo in silenzio. Praticamente tutte le persone presenti al processo si erano riversate fuori dall'aula e popolavano il corridoio del tribunale dove era situata la stessa. Parlavano,alcuni bevevano del caffè o dell'acqua e quasi tutti mi lanciavano sguardi d'odio di tanto in tanto.
In particolare la donna che avevo notato prima ,quella bionda con il maglione azzurro, sembrava star dicendo qualcosa in modo molto animato al marito, il quale cercava disperatamente di calmarla. Immaginavo fosse qualcosa legato a come era stato svolto il processo. Li osservai per qualche secondo, poi tornai a fissare il pavimento. A quel punto Dean mi cinse le spalle con un braccio e io mi lasciai stringere. Effettivamente quel tocco fraterno in quel momento era quello che ci voleva. Mi sentivo come un parente che attende la fine di un'operazione rischiosa subita da congiunto, completamente impotente, come se stessi cadendo da un'altura e non sapessi se sotto di me ci sarebbe stato qualcosa ad attutire la caduta o no. Pensandoci bene quest'allusione è ironica applicata a me. "Qualsiasi cosa accada io ti starò sempre vicino, non ti abbandonerò mai Alice, mai. " Sussurrò mio fratello. Quelle parole mi strinsero il cuore. "Dean, io..." feci per replicare, quando fui distratta da un vociare alle mie spalle. Lo avevo avvertito qualche secondo in precedenza ma non ci avevo fatto caso fino a quel momento. Adesso sentivo anche dei passi accompagnare quelle parole indistinte ma chiaramente crude e taglienti. Un rumore di scarpe con i tacchi che compivano passi veloci giungeva alle mie orecchie. Dean corrugò la fronte e allungò lo sguardo dietro le mie spalle, io mi voltai e vidi la figura magra e slanciata della donna bionda avanzare verso di me a passo svelto con un'espressione di rabbia rotta dal pianto. Il marito subito dietro che cercava di afferrarla per un braccio. "Tu! Maledetta assassina ! " Urlò la donna. Se non fosse stata prontamente bloccata dal marito e dalla mia scorta sicuramente mi avrebbe aggredita fisicamente. "Tu e quel pazzo li avete uccisi tutti. Mia sorella,Carl,il bambino! Avete ucciso un bambino di soli tre anni, siete dei mostri! Tu sei un mostro! " Avevo ragione,era la sorella. " Almeno lui ha avuto la fine che si meritava, quanto a te spero che marcirai in galera fino alla fine dei tuoi giorni! "
Le sue parole mi scivolarono addosso, impassibile,non mi toccarono nemmeno. La donna poi fu allontanata dalla polizia e dal marito,per poi essere  portata fuori dal tribunale. Io rimasi lì con Dean accanto,spiazzato dall'accaduto. Lowcart era appena rientrato e aveva assistito a tutta la scena e, come gli altri presenti, rimaneva immobile a osservare la donna che veniva allontanata. Io sospirai e mi voltai a guardare mio fratello che fece lo stesso. Appena incrociai lo sguardo con lui dovetti trattenermi dal scoppiare a ridere. Non so per quale ragione, ma il tutto mi sembrava stranamente comico. A quanto pare l'accaduto aveva suscitato la stessa reazione in Dean, il quale si sforzò con tutto se stesso di trattenere una risata e per farlo distolse timidamente lo sguardo dal mio. Poi si voltò e sorridendo disse piano :" Alice...stai facendo impazzire anche me."

ℭ𝔯𝔞𝔷𝔦𝔢𝔯 𝔱𝔥𝔞𝔫 𝔪𝔢 (Jeffxoc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora