𝓖𝓾𝓲𝓵𝓽𝔂 (?)

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Passarono un paio d'ore, ad un certo punto il cellulare di Dean squillò. Se ne accorse qualche secondo dopo in quanto era assorto in chissà quale pensiero. "Scusami...è Giusy." Esclamò per poi alzarsi e dirigersi vero il fondo del corridoio. Giusy era la fidanzata di mio fratello. Non ricordavo da quanto stessero insieme ,ma di sicuro da prima della dipartita dei nostri genitori. Sapevo ben poco di lei, d'altronde mi ero sempre rifiutata di conoscerla. L'avevo incrociata di sfuggita un paio di volte, sempre stando attenta a non farmi notare troppo. Non avrei nemmeno saputo riconoscerla. Ero consapevole che il mio comportamento potesse sembrare maleducato,il fatto è che mi rifiutavo di averci a che fare per non mettere in imbarazzo mio fratello. Anche se non me lo aveva mai detto ero sicura che avesse parlato a Giusy dei miei problemi ed ero altrettanto sicura del fatto che lei lo avesse compreso, spesso mi diceva che quella ragazza aveva un ruolo fondamentale per lui nel supportarlo. Solo che per me era sempre stato meglio che non mi conoscesse. Era un modo, per quanto bizzarro, di non creare altri problemi a Dean. Fatto sta che in quel momento certo non avrei potuto impedire che Giusy venisse a conoscenza di quello che avevo fatto, dato che ormai tutto il mondo lo sapeva la notizia era arrivata anche a lei. Rimasi sola seduta su quella panca per circa mezz'ora, Lowcart era fuori che parlava con la stampa e Dean impegnato nella sua telefonata. I miei infermieri in piedi vicino alle macchinette automatiche che conversavano a bassa voce, i poliziotti della mia scorta seduti alle estremità della stessa panca. Gradualmente sentii le energie venire meno, come se mi fosse stato tolto un grosso macigno dalle spalle. Cominciai a faticare a tenere aperte le palpebre e lentamente mi addormentai. Fu come uno scarico di stress.
"Alice! Alice!" La voce di Dean mi arrivava lontana ma chiara. Non mi svegliai. Sentii scuotermi violentemente, a quel punto ripresi coscienza. Mi ci vollero un paio di secondi per orientarmi. Dean continuava a richiamare la mia attenzione. "Alice, la giuria ha deliberato. Dobbiamo rientrare in aula!" Esclamò mio fratello. Bastarono quelle parole per farmi destare. Una vampata di calore mi scaldò le guance, il battito accelerò e le mani presero a sudare. Lanciai una rapida occhiata al corridoio. Dovevano appena aver comunicato la notizia in quanto le persone si stavano raggruppando davanti alla porta dell'aula in quel momento. Lowcart era in piedi, un po' distante dalla massa che ci stava aspettando. Scossi la testa per riprendere coscienza più velocemente, infilai le stampelle e, aiutata dagli infermieri, mi alzai dirigendomi verso l'aula assieme a Dean. Sia io che Dean, che l'avvocato prendemmo posto al nostro banco in silenzio, limitandoci ad osservare l'aula. Il clima era ancora più teso dell'inizio del processo. I sostenitori dell'accusa invece continuavano a parlare, a stringersi e alcuni fingevano di trattenere l'ansia. Il giudice entrò dopo pochi minuti e battè il martelletto, segno che dovevamo alzarci. Entrò la giuria. Una donna sulla sessantina dall'aria ferma e austera precedeva gli altri giurati con dei fogli in mano. Guardai il banco dell'accusa. La donna che aveva cercato di aggredirmi era al suo posto ,stava tremando e teneva un fazzoletto stretto nella mano sinistra, gli occhi sempre arrossati e il marito che la sosteneva. Dean accanto a me aveva cominciato a tremare, se ne stava in piedi con le mani incrociate,cercava di nascondere la sua preoccupazione dietro un'espressione piatta ma il tremolio della mandibola lo tradiva. Per cercare di controllare il nervosismo dell'attesa provai a concentrarmi sui battiti del mio cuore contandoli. Uno,due tre... erano accelerati ma non troppo, mi tenevo una mano sul polso per controllarli. Quattro,cinque,sei. La presidente di giuria si avvicinò il microfono alle labbra e cominciò a leggere il verdetto.
"La giuria dichiara l'imputata Alice Kell, per l'accusa di omicidio collegato al caso Scott"
Sette,otto,nove...
"Colpevole."
Saltai un battito.
"Per l'accusa di concorso in omicidio collegato al caso Winstons."
"Non colpevole."
Ebbi un forte giramento di testa e per un attimo mi si offuscò la vista è persi l'equilibrio,cadendo seduta sulla panca. Subito gli infermieri corsero a soccorrermi. Io lo guardai ma le orecchie mi fischiavano e vedevo solo le loro labbra muoversi. Mi rimisi in piedi sorretta da loro, in quanto il giudice non aveva ancora concluso. Nel giro di pochi secondi riacquistai l'udito, in tempo per sentire la pena designatami.
"...Pertanto condanno l'imputata Alice Kell a scontare un massimo di 5 anni in una struttura psichiatrica adeguata alle sue condizioni di salute mentale, con la possibilità di chiedere uno sconto di pena dopo 3 anni, in accordo con i medici curanti. Il procedimento è concluso." Il giudice battè il martelletto e si congendò. In quel momento nell'aula regnò la confusione più totale. I sostenitori dell'accusa avevano assunto i comportamenti più disparati,piangevano urlavano, alcuni si erano radunano attorno al procuratore. Lowcart mi disse qualcosa ma io non riuscivo a sentirlo,intorno a me era come se i suoni fossero stati compressi, non capivo quello che dovevo fare e a stento riuscivo a muovermi. A quel punto venni condotta verso l'uscita dagli infermieri seguiti da Dean, non ebbi nemmeno il tempo di pensare a dove mettere i piedi che ci eravamo già riversati in mezzo alla folla di curiosi reporter che presidiava il tribunale. Lowcart provò a precederci per far in modo di radunare la folla verso di lui, ma fu poco efficace, la gente era talmente accanita che persino la mia scorta fece fatica a gestirla. Tra spintoni, flash e microfoni puntati riuscimmo a raggiungere la macchina e allontanarci. Io, stretta tra gli infermieri fissavo il pavimento completamente confusa. Per quanto mi sforzassi non riuscivo a capire il significato delle parole del giudice, era come se stessi cercando di comprendere una lingua a me sconosciuta. Le informazioni si contorcevano all'interno della mia testa senza mai assumere un significato ultimo. Avvertivo solo un disperato desiderio di silenzio, mi serviva quello per mettere in ordine i pensieri e arrivare ad una conclusione comprensibile. Una volta arrivati all'ospedale entrammo tramite l'uscita d'emergenza, gli infermieri mi adagiarono su una sedia a rotelle e mi condussero verso la mia stanza. Lentamente tutto stava cominciando a riprendere una forma, l'ambiente sicuro dell'ospedale mi stava ridando tranquillità. Arrivati nella mia stanza l'ambiente circostante mi appariva già più reale. La patina sottile che permeava il mondo si era dissolta e nella mia mente i pensieri si stavano riequilibrando. Mi sedetti sul letto e strinsi le ginocchia al petto. "Aspettiamo che arrivi Lowcart, così ci potrà spiegare tutto." Esclamò Dean. Evidentemente aveva notato la mia confusione. Dopo circa mezz'ora l'avvocato arrivò, sembrava molto provato dalle varie interviste, era praticamente scappato dalle grinfie dei giornalisti. Una volta ricompostosi ci spiegò che il giudice aveva sostituito la pena che mi sarebbe spettata con un ricovero obbligatorio in un ospedale psichiatrico giudiziario. Ci riferì che io sarei stata collocata nell'area a bassa sicurezza, in quanto ritenuta non pericolosa e che avrei potuto chiedere la condizionale dopo 3 anni di trattamento, ma che , se avessi tenuto una buona condotta, sarei potuta addirittura essere dimessa prima del tempo. Finalmente tutto assumeva un senso. Non sarebbe stato diverso da uno dei miei tanti ricoveri.
"Sinceramente Alice, per una persona nel tuo stato e con i capi di imputazione che ti erano stati mossi, mi sembra la sentenza migliore alla quale potessimo puntare." Disse l'avvocato. Guardai Dean, era visibilmente più tranquillo. "Penso la stessa cosa." Risposi. Alla fine la società era stata inaspettatamente clemente con me, come diceva Lowcart, non potevo aspettarmi di meglio.
Il giorno dopo il dottor Evans mi ricevette per comunicarmi che sarei stata dimessa dall'ospedale per poi entrare nella struttura designata dal tribunale per la mia "reclusione". Mi spiegò un sacco di cose riguardanti la stessa assicurandomi che ero in buone mani e sarei stata seguita da professionisti seri. Io ascoltai forse la metà di tutto ciò che mi disse il dottore, in quel momento pensavo solo a Jeff, a come avrebbe reagito se avesse saputo della mia situazione. Soffrivo ancora molto per la sua perdita, nonostante l'ombra della sua influenza nella mia vita si era ormai dissipata non volevo separarmi dal suo ricordo.
"Cosa ne pensi Alice?" Mi chiese Evans. Ormai avevo perso il conto di quante volte mi aveva posto questa domanda. Guardai fuori dalla finestra. Il tempo stava cambiando, ormai era primavera. "Penso che sia la cosa migliore che mi potesse capitare. Sono consapevole che una persona come me debba stare isolata dalla società, e accetto con piacere il mio destino." Non ero mai stata più sincera in vita mia.

ℭ𝔯𝔞𝔷𝔦𝔢𝔯 𝔱𝔥𝔞𝔫 𝔪𝔢 (Jeffxoc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora