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Quello sguardo Erica lo ricerca nella mente, nel buio della sua camera, nel cuore della notte. Si era infilata una mano nello slip, per dare forma a quel pensiero che la tormentava, per prenderlo tra le dita e soddisfarlo. Aveva inarcato la schiena e afferrato con un braccio il cuscino dietro la sua testa. Era venuta con un gemito sottile, che le risaliva dalle viscere, che le pulsava nella gola. Non era la prima volta che si accarezzava, ma l'intensità di quell'orgasmo l'aveva lasciata senza fiato a fissare il soffitto con occhi spalancati.

La mattina seguente c'era italiano alle prime tre ore e quando la Ferrari era entrata in classe, lei si era appoggiata allo schienale e aveva  messo sù la sua espressione impassibile. Non voleva che la professoressa potesse riuscire a leggerle dentro, vedere quel sottile desiderio che la stava facendo vibrare. 

Era entrata in classe, aveva lasciato lo zaino in pelle sulla cattedra e poi aveva detto "venite, andiamo in biblioteca" e tutti l'avevano seguita in silenzio, stupiti. Non ci era mai andati in quattro anni si scuola in quella biblioteca. A malapena sapevano che ci fosse, nell'era dei computer se ne stava lì come un dinosauro.  

"Vorrei che ognuno di voi facesse un giro e prendesse due libri. Uno che avete amato e uno che invece avete detestato". La Ferrari teneva una mano in alto nel primo scaffale, l'altra sul fianco, la gamba piegata in una posa plastica, le gambe snelle avvolte in un pantalone blu attillato. 

Pietro aveva detto "e se non ne avessi letto nemmeno uno?" tra l'ironico e il realista.

"In questo caso dovrai sceglierne uno da leggere e poi ci farai sapere cosa ne pensi"

"Va bene, grazie" 

Erica aveva iniziato a scorrere il dito lungo i titoli e ne aveva trovato almeno venti che aveva letto soltanto nel primo scaffale. I suoi genitori avevano una libreria che prendeva tutta la parete e lei aveva tanto tempo libero.  Per il libro che aveva detestato era andata sul sicuro, prelevando subito I promessi sposi dallo scaffale vicino alla finestra. Sul libro che aveva amato era indecisa, provò a cercarne uno, per vedere se in biblioteca c'era. Erano divisi in ordine alfabetico per autore e ci aveva messo poco a trovarlo. Eccolo: Cime tempestose. Lo aveva sicuramente adorato. Con i due libri sotto braccio si era unita al resto della classe che stava rientrando in  aula.

"E ora che si fa?" Aveva chiesto Anita dal primo banco.

"Ora mettiamo i libri in due pile qui sulla cattedra. Gli odiati a sinistra e gli amati a destra"

Gli studenti avevano eseguito ed erano ritornati al banco perplessi. 

"Ora a turno mi piacerebbe che voi veniste qui e provaste a prendere un libro e dirmi chi l'ha scelto e perché, in base a come voi conoscete i vostri compagni"

Un vociare agitato aveva dato inizio all'attività. Alcuni libri erano stati semplici da indovinare, altri più complessi ed era stato necessario chiedere di alzare la mano a chi l'avesse scelto.

"Cosa dice un libro di noi? Quanto siamo convinti di essere sconosciuti agli altri,  mentre invece... ogni nostra singola scelta è una finestra che si apre sul nostro essere, ci espone, ci classifica, ci regala senso di appartenenza o ci esclude. Dal taglio di capelli, alla scelta della musica o quella di un libro"

Erica capiva dove la professoressa volesse arrivare. A volte siamo più visibili agli altri di quanto pensiamo. 

In quel momento Alessio aveva preso in mano Cime tempestose e si guardava intorno provando ad indovinare chi l'avesse scelto.

"Ne ho letto una parte qualche tempo fa, per fare colpo su una ragazza" tutti ridono, anche la prof, che lo guarda con tenerezza "credo che l'abbia preso Erica" continua, mentre lei si irrigidisce nella sedia "questo è un classico, lei  li legge, inspiegabilmente le piacciono e so che anche se fa la dura ha il cuore tenero e un amore difficile e tormentato mi sembra il genere di storia che le possa piacere. La scrittrice è una donna e se ricordo bene una volta ha detto che le piacciono di più i libri scritti dalle donne" poi le punta il dito contro "ammettilo, lo hai scelto tu".

Erica abbozza un sorriso e annuisce, sollevando appena un angolo della bocca. 

Sentirsi esposta, non le piace, la fa sentire a disagio. Così come creano disagio gli occhi della Ferrari che la scrutano. Erica, le restituisce quello sguardo, prendendolo da un luogo remoto dentro il suo stomaco, glielo porge come un organo pulsante nella mano di un sacerdote egizio. Ora sarai contenta, ci stai mettendo a nudo, pensa. 

E in quel momento l'ha odiata e poi l'ha adorata, per quella lezione così diversa dal solito. Le mattine di Erica, da quel giorno, sono diventate un misto confuso di agitazione e sorda aspettativa. La temeva perché era imprevedibile, eppure non vedeva l'ora di entrare in classe il giorno dopo per rivederla.

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