6

865 33 0
                                    


"Che hai?"

"Cosa?"

"Perché sei così silenziosa?"

"Io sono sempre silenziosa"

"Mm... no. Lo sei in modo diverso..."

"Diverso... tipo?"

"Tipo cinquanta sfumature di silenzio..." scherza Sara, parlando sottovoce con Erica durante l'ora di italiano. 

Ridono. La Ferrari le guarda ed Erica non trova una posizione comoda nella sedia. Si raggomitola e si sdrai sul banco. Continua a guardarla nello spazio tra l'astuccio e la spalla di Alessio.

Quanto è bella, pensa.  Se solo potesse avere una possibilità con lei... ma dovrebbe superare due enormi ostacoli. Uno è che lei è una donna, e l'altro è che sia la sua professoressa. Cazzo, che ingiustizia.

"Ecco, questa è la sfumatura 51 di silenzio" le dice Sara vedendola corrucciata. 

"Ma che palle che sei! Guarda che ci farai sgridare!" Sibila Erica nella sua direzione.

La Ferrari le guarda di nuovo con occhi severi, intimando di smetterla.

"Sei anche più suscettibile del solito..."

Erica si mette una mano sulla fronte e cerca di ignorarla. 

"Da quando è arrivata la Ferrari, non hai occhi che per lei. Mi stai trascurando... che ti sei...  innamorata?" Butta lì Sara scherzando ancora vicino al suo orecchio.

Questa volta Erica sbotta e non si preoccupa del fatto che sta alzando la voce nel bel mezzo della lezione "ma che cazzo dici?"

La Ferrari la fulmina "Erica, fuori" dice con voce calma.

"Ma prof..."

"Fuori" ripete ancora senza nessuna inflessione nella voce ferma e decisa.

Erica si infuria, si alza, sbatte la sedia ed esce dall'aula borbottando.

Percorre tutto il corridoio fino alla biblioteca, non c'è la bidella a controllare, sarà uscita a fumare.  Entra e si siede sul pavimento con le spalle appoggiate a Proust "stronze, tutte e due! Cazzo. Ma c'era bisogno di mandarmi fuori? Stronza!"

Sicuramente delle due l'ha fatta infuriare di più Marta, le sembra ancora incredibile che l'abbia mandata fuori "alla vecchia maniera, la professoressa alternativa dei miei coglioni..."

Sta seduta sul pavimento con le braccia conserte a rimuginare per un tempo infinito. Suona la campanella, ma lei non la vuole rivedere, aspetterà dieci minuti prima di uscire.  Poi d'improvviso si spalanca la porta e di lei nell'ordine entrano prima gli stivaletti, poi il suo profumo e infine i suoi occhi castani che la individuano immediatamente "Dio mio, che sollievo, sei qui..." dice Marta mettendosi una mano sul petto e richiudendo la porta alle sue spalle. 

Erica si alza e si mette le mani nelle tasche posteriori dei Jeans neri. Le sue gambe sottili tengono in piedi il corpo infuriato, teso. Non dice nulla, la guarda con il mento alzato e gli occhi torvi.

"Che cazzo ti viene in mente di nasconderti qui, se ti fosse successo qualcosa... mi mandano in galera..."

"Mi hai mandato fuori..." Erica alza le spalle, parla con spavalderia, ma non sa da dove le provenga tutto questo coraggio. 

Marta si volta e le dà le spalle per un momento, si vede che sta respirando per non urlare.

"Che poi non è colpa mia, era Sara che mi stava stressando tutto il tempo, io ci ho prov..."

"Non è per quello..." Marta si volta e la guarda, appoggia le spalle alla porta chiusa.

"Cosa?"
"Non è per quello che volevo che uscissi..."

Erica non capisce, scuote la testa, allarga le braccia.

"Non puoi guardarmi così a lezione... tutti i giorni..."
Erica diventa rossa anche sotto le piante dei piedi. Sente le orecchie che le fischiano, che stupida che è stata. Se n'è accorta. Ora non potrà nemmeno esserle amica. Si guarda la punta delle scarpe "mi dispiace... ma cazzo, non c'era bisogno di mandarmi fuori..." dice, questa volta in tono sommesso, guardando il pavimento. 

"Non so come comportarmi con te, ho dovuto farlo... trattarti come tratterei chiunque altro... non voglio che gli altri se ne accorgano..." dice agitando le braccia, gli occhi che scappano in diverse direzioni.

Erica alza lo sguardo e cerca di fermare i suoi occhi su di sé, fissandola. 

"Si accorgano di cosa?" Chiede Erica.

Marta serra le labbra e scuote la testa "lascia stare..."

Erica fa un passo nella sua direzione, poi due, si ferma davanti a lei. Sente che stanno per dirsi qualcosa di importante. È terrorizzata, ma lo è anche Marta, lo vede nei suoi occhi.

"Si accorgano, di cosa?" Chiede ancora.

Non le importa se i compagni capiranno che lei si è innamorata della prof, chi se ne frega!

Marta inspira a fondo, si vede che sta pesando ogni parola che dice. Inclina la testa, sorride appena "sai Erica, mi ricordi tantissimo me quando avevo la tua età..." poi guarda altrove e continua "dai, sù. Vai in classe a prendere le tue cose, ci vediamo domani"

Qualsiasi cosa ci fosse stato nell'aria un minuto prima, era svanito. Esploso come una bolla di sapone, senza lasciar traccia. Erica sapeva di non poterlo riacciuffare. La Ferrari si era spostata e aveva spalancato la porta, aspettando che Erica l'attraversasse, per poi richiuderla alle loro spalle. 

"Tutto bene?" Chiede signora Giovanna.

"Sì, era qui. Non ci eravamo capite, stava cercando il vocabolario che le avevo chiesto stamattina..." mente e allunga una mano sulla spalla di Erica, spingendola con delicatezza per farle accelerare il passo e superare quegli occhi curiosi che le osservano. 

Il contatto con quella mano attraverso la sua maglia dei Guns, le fa rabbrividire la pelle. Vorrebbe scacciarla con un movimento del braccio e nello stesso tempo vorrebbe prendere quella mano e portarsela alla bocca, baciarla. Più di tutto vorrebbe urlare, ne ha un bisogno fisico, stringe i pugni lungo i fianchi. Entra in aula, serra la mandibola, prende il suo zaino e si dirige di nuovo in corridoio. 

Marta alle sue spalle non c'è più, la cerca con lo sguardo, ma è svanita. Non è nemmeno in corridoio.

La ritrova in sogno quella notte. La abbraccia, si stringono, sente il suo profumo mentre affonda il naso nei suoi capelli, si tuffa in quelle piccole onde dorate. 

"Fuori" le sente dire. Erica scuote la testa nel sogno, ma lo fa anche nel suo cuscino.

"Erica, fuori" continua a scuotere la testa e a immergersi in quell'abbraccio. 

E quelli sono sonni che non rigenerano, ma consumano.




INSEGNAMI L'AMOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora