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"Perché non ti metti il pantalone blu che ti ho preso? È così carino..."

"Mamma, non è il mio stile, te l'ho detto, non mi piace" Erica cerca di rispondere con un tono di voce adeguato, ma sa già che finiranno a urlarsi contro.

"L'ho pagato 70 euro..."

"Non ti ho chiesto di comprarmelo"

"E come pensavi di venire al battesimo di tua cuginetta? In jeans?"

"Che male c'è? Metto i jeans e la giacca nera..."

"Ma quando inizierai a vestirti da signorina?" Dice la madre con disapprovazione, guardandola da capo a piedi.

Erica su quello sbotta, urla e le lancia contro tutto, anche la rabbia che conserva nel petto per altre ragioni... "...da signorina? Ma ti senti? Cosa siamo, negli anni cinquanta? ma per favore... Io mi vesto come voglio, mi sentirei vestita a maschera in altro modo... ma è possibile che non mi capisci? Che te ne frega, come mi vesto? Per far vedere a tutti che siamo la famiglia perfetta? Perché non guardi dall'altra parte? Al marito perfetto?" lascia intendere, di quel marito che perfetto è tutt'altro.

"Non essere crudele..." la madre serra le labbra e si irrigidisce.

"E tu non rompermi le palle..."

Se ne va in camera e sbatte la porta alle sue spalle. Ogni volta la stessa storia, si feriscono a vicenda, non comunicano. Erica vorrebbe andare via di casa ora, in questo istante, vede sua madre come un'ostacolo insormontabile alla sua indipendenza, fisica e mentale. Dopo il diploma, si ripromette, metterò le mie cose in una borsa e non mi rivedrà mai più

Non sa se andare al corso di scrittura quel pomeriggio, ma il desiderio di rivederla è troppo forte, e inoltre hai il bisogno di uscire da quella casa e fare qualcosa che le piaccia, qualcosa per se stessa. 

"Ciao" 

"Ciao"

"Ehy ben arrivata"

I tre ragazzi si salutano, ma della Ferrari nemmeno l'ombra. 

Arriva dopo dieci minuti "scusate, un contrattempo" dice guardando la sua borsa, mentre la posa sul tavolo. 

Erica la guarda da capo a piedi. Che fisico da paura che ha, Dio mio. Quanto vorrebbe avercelo addosso, quel corpo snello. In quel momento la professoressa si volta e la fulmina con lo sguardo. Ha gli occhi anche dietro? 

Sbuffa e si siede intorno al  tavolo come gli altri. Sarà un pomeriggio di merda, pensa. Invece Marta si siede accanto a lei, e le mette in mano dei fogli bianchi, da passare anche ai compagni.

"Finora avete scritto a casa, con un tema assegnato. Oggi proviamo a scrivere qui, di getto, un'ora di tempo e un compito: descrivere una vostra grande paura. Vi avviso già, non dovrete leggerli a voce alta, e non dovrete darmeli nemmeno, se non ve la sentite. Voglio che vi sentiate completamente liberi di scrivere quello che avete dentro..."

Tutti la guardano incuriositi "... poi li distruggeremo. Quindi siate completamente onesti con voi stessi"

Marta ritrova il suo sorriso, nel sedersi accanto ad Erica. Le posa una mano sul braccio con la solita confidenza, le chiede di passarle una penna "lo scriverò anche io" annuncia. 

Erica sgrana gli occhi, poi annuisce e la guarda mettersi immediatamente al lavoro. Lei no, ha bisogno di pensarci. 

"La nostra paura in generale o una paura specifica di questo momento della nostra vita?" Chiede Erica.

Risponde Silvia con un'altra domanda "non sono la stessa cosa?"

"E no, un conto è la paura dei ragni, un altro il terrore esistenziale..." aggiunge Matteo. 

La Ferrari sorride nel vederli discutere "per cortesia Matteo, non scrivere dei ragni, ma di qualcosa che ti tocca di più"

"Tranqui, prof"

Erica continua a pensarci. Di cosa ha paura lei, più di ogni altra cosa? Lo sa. Di non poter conciliare il suo essere se stessa con la felicità, ecco cosa la terrorizza. Non poter essere entrambe le cose. 

Lo scrive, lo argomenta a lungo. Scrive tutto. Arriva a scrivere di Marta, di quanto la tormenti non poterci provare con lei, di poterla solamente sognare...

Marta nel frattempo scrive un foglio fitto fitto, in un bellissimo corsivo inclinato. Erica prova ad andare oltre quella spalla sottile, ma lei si volta di scatto sorridendo, illuminando ancora di più quella stanza, i denti come led bianchi "ehy! Che fai? Non si può sbirciare..." dice mettendo la mano a coprire il foglio e sistemandosi sulla sedia dandole metà schiena. 

Una schiena in cui si intravede il reggiseno al di là della camicetta bianca. Erica sospira e sorride. Che tortura la vita, pensa. Vorrei scostare con un dito il colletto e posare le labbra su quella nuca. 

Silvia decide di non leggere il suo testo, Matteo invece lo condivide con loro. È sulla paura di non essere all'altezza delle aspettative di suo padre. "Grazie Matteo" le dice la Ferrari quando finisce di leggere, posandogli una mano sulla sua. 

Erica è scossa da un moto di gelosia, ma lo scaccia via con un gesto rapido del capo. 

"Mi sento più leggero ora che l'ho detto" 

"È uno dei motivi per cui si può scrivere, per tanti scrittori nella storia, scrivere era una cura"

Parlano ancora un po' di come si sono sentiti a cimentarsi in quel compito. 

"Io preferisco non leggerlo, lo vorrei distruggere"

"Bene, lo rispettiamo Erica. Anche io sai, lo voglio distruggere il mio..." sorride nel dirlo e la guarda negli occhi una frazione di secondo più del necessario, pianta quegli occhi castani nei suoi e a lei manca il fiato. Non è abbastanza per leggerci qualcosa, ma abbastanza dal domandarsi perché lo avesse fatto.

Vanno via insieme, per ultime, anche quella sera.

"Quindi?" Le chiede Erica dopo che varcano il cancello e arrivano nel viale scuro, fermandosi sotto un albero a salutarsi.

"Cosa?"

"Dove andiamo a distruggerlo?" Le sorride Erica, raccogliendo dentro di sé tutto il coraggio che riesce a recuperare, una goccia da ogni cellula. 

La professoressa tentenna, poi la prende per mano e la porta verso l'auto, con una spontaneità che potrebbe esserci tra due buone amiche, ma loro non lo sono.

Il contatto con quella mano è la cosa più dolce che lei abbia mai provato, la pelle la più delicata del mondo, le dita sottili tra le sue sono miele. Lei si lascia trasportare per qualche passo, poi Marta la lascia e le riprende a respirare. 

Arrivano nel parcheggio deserto alla fine del viale, una persona con il cane al guinzaglio, nulla più.

Marta apre lo sportello, tira fuori un accendino dal cassetto porta oggetti e lo accende davanti agli occhi curiosi di Erica.

Avvicina la fiamma al suo foglio e le lettere in corsivo inclinate vengono avvolte da lingue di fuoco sottili. Quando arrivano vicino alle sue dita, Marta lascia cadere il foglio ai suoi piedi ed entrambe lo osservano mentre termina di bruciare sull'asfalto scuro. 

"Tocca a te" la sfida porgendole l'accendino.

A Erica per un momento viene l'idea di regalarla a lei, la sua paura più grande. Prende il foglio dalla tasca, è piegato in quattro. Lo vorrebbe mettere tra le sue mani e correre via.

Vorrebbe che lei lo potesse leggere, almeno capirebbe cosa la tormenta e lei si libererebbe di quel peso. Ma poi?

La guarda negli occhi, che in quel momento sono dentro i suoi, profondi come la voglia di conoscersi. 


INSEGNAMI L'AMOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora