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Quando arrivano a Torino sono affamante, come prima cosa decidono di andare a mangiare un Kebab. E poi direttamente alla ex fabbrica per il concerto. 

"Questa è la tua idea di serata culturale? Mi piace!"

Urla Erica per superare il frastuono della musica, tirando un sorso di Mojito dalla cannuccia. 

Marta ride, tirando la testa all'indietro e agitando quelle onde dorate.

"Tu non prendi niente?"

"Ho preso questa!" Dice sventolando una bottiglietta di acqua gasata "devo guidare..."

"Dormiamo qui... in macchina... così non devi guidare..."

"Tu sei matta..."

"Sì, decisamente..." e nel dirlo Erica si avvicina e le mette la sua cannuccia tra le labbra. Marta pianta gli occhi nei suoi, solamente un bicchiere di distanza tra di loro. Quando Erica vede il liquido risalire la cannuccia spalanca gli occhi, la prende per mano e la porta verso il chiosco.

"Un altro, grazie!" Dice indicando il suo bicchiere, poi si volta a guardarla. 

"Ma sì, 'fanculo" Marta si arrende. 

Si arrende al Mojito, a quella mano calda nella sua, a quegli occhi che non la mollano un secondo. Si arrende all'idea di aver perso il senno. Si arrende al possibile caos mondiale che ne verrà fuori. Si arrende a ballare contro quel corpo snello che ondeggia contro il suo ad un ritmo che non ha a che fare con la musica che sta rimbombando nelle casse, ma che ha molto a che fare con i gettiti di adrenalina che il suo cuore sta sparando ovunque insieme al sangue.

Le ore seguenti sono un film di Tarantino dove l'unico morto è il buonsenso. 

Sono rinchiuse nella bolla del concerto dove tutto sembra possibile, dove la realtà è una bugia e la loro illusione... l'unico mondo possibile. 

Ballano appiccicate, si divorano con gli occhi, Erica fa scorrere la mano lungo quella schiena sinuosa, la attira a sé. Marta non si tira indietro, la guarda in adorazione "sei bellissima..."

"Tu lo sei..." Erica si avvicina pericolosamente e lei deve usare le ultime briciole di ragione per non franarle addosso. 

"E adesso che scuse hai, per non baciarmi..." le dice all'orecchio, facendola rabbrividire.

Marta le prende il viso tra le mani, le dita a sfiorare i lobi delle orecchie. Erica le guarda le labbra, schiude le sue.

"Ti prego..." supplica Marta "non è che non voglia, tutt'altro..."

"E allora?"

"Sono ancora la tua insegnante..."

"Ancora per pochissimo..."

"E allora aspettiamo pochissimo... ti supplico..." 

Erica legge la disperazione dentro quegli occhi castani, prende una sua mano, ne bacia il palmo, se la posa al petto e la tiene premuta con la sua. 

"Pochissimo e basta però, perché io divento matta..."

Marta annuisce. 

Hanno dormito un paio d'ore in macchina, strette abbracciate. Poi Marta ha cercato un posto vicino alla stazione per prendere un caffè doppio e sono ripartite. 

"È la seconda volta che mi accompagni sotto casa alle sei... mia madre inizia a tenere il conto..."

"Oddio, tua madre..."

"Tranquilla... mi ha detto di divertirmi" ride Erica "e io mi sono divertita... molto"

"Sì, ora si affaccia alla finestra con il fucile..."

"No, peggio, con la penna, è avvocato"

Marta sbarra gli occhi e stringe le labbra. 

"Non sa niente, tranquilla" e nel dirlo le posa un bacio sulla guancia, periferia est delle sue labbra. 

Marta inclina la testa e si prende quella coccola. 

"Buonanotte" la voce di Erica è lenta, non vorrebbe lasciarla.

"Buonanotte, a te"

"Fammi sapere la marca dell'ammorbidente..."

Marta sorride e poi le fa l'occhiolino. 

"Mi fai impazzire quando lo fai..."

"Cosa?"

"L'occhiolino..."

"Ed è solo l'occhiolino..."

Erica inclina la testa "mi stai provocando?"

"Forse..."

"Mi piace, la te che provoca" poi le punta un dito contro "pochissimo" dice soltanto.

"Sì, pochissimo"



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