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Marta tira il freno a mano alla fine di una strada deserta sulla collina, dalla quale si può vedere l'intera città, ma non importa a nessuna delle due.

Erica per tutto il tempo si è trattenuta in ogni modo dall'andare a prendere quella mano che cambiava le marce accanto a lei sfiorandole la coscia. Ma appena l'auto si ferma, sgancia la cintura di sicurezza e si volta per tuffarsi lentamente verso un'incredula Marta, che tentenna solo per un momento, ma che poi cede e la stringe a sua volta tra le braccia. Erica posa la testa sul suo petto e ne sente il battito incalzante.

"Mi sei mancata" 

Marta inspira a fondo e la stringe ancora di più, facendo scorrere il palmo di una mano lungo la  sua schiena sottile. Vorrebbe parlare, ma non le esce suono.

"Non succede nulla se lo dici, tanto peggio di così, mi stai tenendo tra le braccia..." Erica sorride contro quel maglione bianco che profuma di lavanda. 

"Mi sei mancata anche tu..." dice Marta con voce tremante.

Marta le annusa i capelli, ci posa un bacio, con una mano li accarezza mentre con l'altra prende quella di Erica che la stava cercando. Le loro mani si stringono ed è più intenso di un respiro dopo cinquecento metri di apnea. 

Dopo mille parole e mille lettere ora non hanno nulla da dire. Intrecciano le dita insieme e si respirano, sincronizzano i battiti del cuore.

"Profumi di lavanda" Erica parla contro il tessuto soffice, il suo viso ancora posato sul petto di Marta.

"Tu di balsamo"

"Mi sei mancata, te l'ho già detto?"

"Anche tu..."

Si tengono strette come se fosse possibile solo in quel momento, come se il mondo potesse scoperchiare da un momento all'altro quella macchina e riportarle alla realtà. Come l'ultima scatoletta di tonno sulla terra. Divorano quell'attimo prima di venirne divorate. 

Poi Erica si separa da quell'abbraccio con un sorriso fanciullo e poco dopo la guarda con gli occhi intensi di una donna matura. È in grado di essere entrambe le cose, perché ancora non ha preso la sua forma definitiva. "Ti ho portato una cosa!" e con la mano libera recupera il quaderno che ha posato sotto di sé nel sedile e lo porge a Marta.

"Grazie!" I suoi occhi chiari si illuminano e lascia andare un ampio sorriso, quello che Erica adora.

Prende il quaderno tra le mani, e lo sfoglia, poi se lo porta al petto "sarà il mio libro preferito, lo so già... grazie" le porge di nuovo la mano nel dirlo ed Erica la stringe, non possono stare separate le loro mani, devono essere state fabbricate in coppia.

Poco dopo passa una donna con un cane al guinzaglio, sbircia nell'auto e passa oltre. Marta ritira di scatto la mano ed Erica fatica a trovare posizione nel suo sedile. 

"Che dici se entriamo in autostrada, ci facciamo cinquanta, cento chilometri e poi a caso andiamo a mangiare da qualche parte?"

Erica invece di rispondere prende il telefono tra le mani e lo sblocca.

"Che fai?"

"Dico a mia madre che non torno a pranzo, mi ha visto correre giù dalle scale... chissà poi penserà che stia correndo una maratona se non ritorno..."

Marta la guarda e sorride, mette in moto. Scappano da quella cittadina che ha troppi occhi, troppe orecchie, troppe lingue per parlare di quello che non vogliono che nessuno sappia... che non riescono a stare lontane. 


INSEGNAMI L'AMOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora