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Durante l'ora di matematica, Erica tiene le mani infilate nei capelli, i gomiti sul banco e lo sguardo rivolto al pavimento. 

"Dai, non è così difficile, dai che ci riesci..." Sara le tira una gomitata e la riporta alla realtà, alla scheda con i problemi di geometria che ha davanti a sé.

"Cazzo, oggi non ce la faccio" alza la mano e scappa fuori da quell'aula, non potendo scappare dalla scuola. 

Non sono i problemi, è la sua testa che non sta nel posto giusto. <percorre il corridoio con passi furtivi e va nel suo nascondiglio preferito, lo sa anche la bidella e non dice mai nulla. Un occhiolino e la supera, gli studenti dell'ultimo hanno un trattamento di favore, ormai sono di casa. Apre la porta e si rifugia in biblioteca, chiudendo piano la porta alle sue spalle. 

Si siede ai piedi dell'ultimo scaffale, il viso illuminato dalla luce che entra dall'ampia finestra, gli occhi chiusi e la mente altrove. 

"Vedo che ti piace sempre, rifugiarti qui" non potrebbe scordare quella voce nemmeno in milioni di anni.

Apre gli occhi e lei è proprio lì, non era soltanto nella sua testa. Sta con le maini sui fianchi e i capelli ondulati che le ondeggiano sul viso. "Anche io sono un topo da biblioteca, ricordi?" 

Erica si alza e infila le mani nelle tasche posteriori dei jeans, non dice nulla. Perché potrebbe essere inopportuna. Ondeggia tra le punte dei piedi e i talloni, sorride appena, ma ha paura anche di fare quello.

"Ciao Erica, come stai?"

"Bene, professoressa" risponde con un filo di voce.

"Mi spiace non averti avvisato che sarei andata via" gli occhi di Marta sono fissi nei suoi, sono seri e profondissimi.

"Non eri tenuta, sono una studentessa come gli altri, no?" Dice con un moto di stizza improvviso, pentendosene un secondo dopo.

Marta incassa quel commento e annuisce. "Non voglio che ci sia tensione... questo per te è un anno molto importante..."

"Sì, lo è" risponde Erica decisa. Il mento in alto, con un orgoglio che nasconde a fatica le cellule del suo corpo che tremano.

Marta allunga la mano e lei la guarda come se potesse essere urticante.

"Ripartiamo da zero?" propone Marta con un sorriso incerto, offrendo una stretta di mano pacificatrice.

"Va bene" dice togliendo lentamente una mano dalla tasca per quella stretta che suggellerà gli intenti, i buoni propositi.

Dura un attimo, la campanella interrompe quel contatto come un allarme. Poi Marta le dà rapidamente le spalle ed esce dalla stanza. 

"Va bene, un cazzo" si mette una mano in fronte e pensa che l'esame di maturità non sarà l'unico ostacolo dell'anno scolastico.  


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