CAPITOLO 2 • Dope

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CAPITOLO 2
Dope

Jimin era sempre stato un ragazzo di poche pretese, si accontentava di poco.
Non aveva vizi, era diligente negli studi, nonostante le sue aspirazioni fossero ben diverse da quelle imposte dalla sua famiglia e, a dire del suo coinquilino, era anche un super migliore amico.

Tutto ciò che voleva dalla vita era poter ballare.

Gli bastava indossare le sue scarpette nere dalla tomaia in pelle sintetica, che era riuscito a comprare con i primi soldi guadagnati grazie a un lavoretto estivo, all’insaputa dei suoi genitori, -che sicuramente avrebbero disapprovato- per sentirsi in pace con sé stesso e con il mondo.

Eppure in quel momento, c’era qualcosa che bramava così tanto con ogni muscolo del suo corpo.

Aveva passato l’intero pomeriggio a fissare il suo telefono nella speranza di veder comparire il nome di un certo corvino che da giorni sembrava sparito nel nulla.
Forse peccava di superbia nel voler pretendere di possedere il dono della telepatia per mandare chiari segnali a quella persona affinché gli desse anche il più piccolo cenno di vita.

Non si vedevano da quattro giorni, cosa che succedeva raramente.
Non saltavano mai delle sessioni di sesso per più di due giorni consecutivi e senza essere avvisato, e ciò lo rendeva alquanto nervoso e irrascibile.

La sua mente era talmente in ansia che non riusciva a concentrarsi su nient'altro altro. Persino stare seduto sulla sedia della sua scrivania o disteso sul suo letto gli era quasi impossibile, manco avesse un granchio nelle mutande che continuava a punzecchiare il suo sedere a mandolino.

Per questo, dopo l’ennesima ora di vana attesa, pensò di placare il suo cuore irrequieto recandosi direttamente nell’unico posto in cui sapeva di poter trovare la fonte dei suoi pensieri, l’Omelas.

Voleva però evitare di sembrare disperato più di quanto già non fosse, così pensò di chiedere al suo compagno di danza, Jinyoung, di accompagnarlo per bere qualcosa. Di certo non poteva contare sulla presenza del suo coinquilino, asociale e bigotto com’era, si sarebbe rifiutato categoricamente di mettere piede in un posto del genere.

D’altro canto, Jinyoung invece, non vedeva l’ora di poter passare una serata insieme al biondino, dato che era un evento più unico che raro che Jimin si concedesse un’uscita con gli amici, ragion per cui non aveva esitato ad accettare l’invito.

Come di consuetudine, Jimin aveva dato sfoggio della sua trasformazione, da ragazzo diciottenne che vestiva i panni del timido e innocente studente universitario -solito a indossare felpe comode, jeans e scarpe da ginnastica- a ragazzo moderatamente sexy e lussurioso, e con tanta voglia di fare sesso col suo hyung.

Per l’occasione aveva optato un outfit total black, consapevole di quanto i colori scuri rientrassero nei gusti del corvino.
Evitò di esagerare troppo, dal momento che il profondo scollo a V della camicia nera era già un azzardo, -dato che lasciava intravedere perfettamente le sue clavicole e sapendo quanto queste eccitassero il maggiore- pensò di andare a colpo sicuro.

Curiosamente, anche il suo amico aveva scelto lo stesso colore di outfit, con la sola differenza che quella camicia nera a rete che avvolgeva pienamente il suo corpo tonico e snello, lasciava ben poco all’immaginazione.

Per un attimo, il biondino fu tentato dall’idea di cambiare i suoi programmi perchè temeva che Jinyoung, vestito in quel modo, potesse attirare l’attenzione del corvino -decisamente più nei suoi standard- e di sicuro, era l’ultima cosa che desiderava accadesse.

<<Ciao piccolo Mochi, pronto per la serata?>>

L’entusiasmo del castano era direttamente proporzionale al nervosismo del biondino e alla sua voglia di gettare un plaid infeltrito addosso all’amico per coprirlo.

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