CAPITOLO Bonus • Just One Day

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CAPITOLO SPECIALE
Just One Day

Era un giorno come gli altri, anzi no..quel giorno Jimin era particolarmente stanco.
Le sessioni d’esami estive erano le peggiori.

Quale pazzo, insano di mente, aveva potuto anche solo concepire il pensiero che studiare nei mesi più caldi dell’anno fosse un'idea che rasentasse la legalità?  

Veniva fuori da un periodo già particolarmente stressante. 
Il suo esordio da matricola, avvenuto solo pochi mesi prima, non era iniziato nel migliore dei modi, ma dopotutto, non poteva pretendere nulla di diverso nel momento in cui si era ritrovato a frequentare una facoltà non per propria scelta ma perchè era l’unica che la sua famiglia avrebbe accettato, pur di lasciarlo vivere da solo, lontano da casa, nonostante restasse sempre nella stessa città.

Era stata una vera e propria battaglia convincere i suoi genitori a optare per un titolo di studi che fosse del tutto opposto all’avvocatura. 

Jimin non c’aveva mai capito nulla di leggi. A malapena riusciva a farsi valere in casa propria. 
Decisamente, non era un mestiere che faceva al caso suo.

Riuscì perlomeno a imporsi, quel tanto che bastò, per far credere a sua madre, ma soprattutto a suo padre, che scegliere “Medicina”, fosse una valida opzione alla loro proposta, e che non avrebbe di certo intaccato il buon nome della famiglia Park.

C’era solo un piccolissimo problema però: Jimin era emofobico e per quanto si sforzasse, non c’era modo per lui evitare di svenire ogni volta che i suoi occhi entravano in contatto con delle gocce di sangue.

Stava uscendo giusto dall’aula medica della sua università, dopo il secondo svenimento della settimana avuto durante il laboratorio di anatomia.
Dissezionare il cuore di un maiale gli aveva letteralmente rivoltato le budella e sicuramente il suo compagno di corso, Minho, fu tutto fuorché contento di venire a conoscenza di cosa avesse mangiato a pranzo quel giorno.

Più passavano i mesi e più si pentiva della scelta fatta, tanto che arrivò persino a pensare che, forse, scegliere “Giurisprudenza” sarebbe stato il male minore, ma il pensiero di trascorrere il resto della sua vita chiuso in un ufficio a compilare scartoffie, o che se ne andava da un’aula all’altra dei tribunali a pronunciare le sue arringhe, vestito come un damerino in giacca e cravatta, era ben lontano dalle sue prospettive di vita.

Jimin sognava di essere più utile agli altri. 

Se proprio non poteva scegliersi il futuro che voleva, avrebbe almeno colto l’unica opportunità che aveva per fare del bene agli altri, ma la sua fobia, rendeva il suo percorso decisamente più complicato.

<<Dannazione, potevo scegliere di fare Pediatria, sicuramente ci sarebbero stati meno laboratori rispetto a Chirurgia>>

Jimin era per strada, mentre malediceva le sue decisioni e a passo lento si dirigeva verso casa, dove il suo coinquilino e migliore amico, Taehyung, ignaro del suo ennesimo svenimento, lo attendeva per la cena.

Era buio ormai e i cancelli dell’Università si erano chiusi non appena Jimin ne varcò la soglia d’uscita. Continuava a camminare col capo chino, rosso dalla rabbia contro sé stesso per essere così sensibile e debole.
Ogni tanto si lasciava scappare qualche imprecazione, scalciando dei sassolini che trovava lungo il tragitto.

Uno di questi andò a finire addosso a un gattino dal manto nero come il carbone che emise un miagolio acuto e breve, cogliendo di sorpresa il biondino. 

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