CAPITOLO 42 • Whishing on a star

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CAPITOLO 42
Wishing on a star

Il tempo non aveva mai preso a scorrere così lentamente.

Yoongi e Jimin se ne stavano immobili, l'uno di fronte l'altro, senza che nessuno avesse più il coraggio di parlare o muoversi.

Jimin cercava ancora di metabolizzare le parole pronunciate dal corvino, illudendosi di essersele solo immaginate.

Il silenzio era talmente assordante che a stento si udiva anche il suono dei loro respiri.

Sembravano essersi fermati anche quelli.

<<Jimin, dì qualcosa..>>

Il più giovane sembrava annaspare alla ricerca di aria. Schiudeva le labbra con l'intento di far uscire qualche suono, ma lo shock era stato tale da impedirgli di dire qualunque cosa.

E dopo minuti di interminabile silenzio, tutto ciò che riuscì a chiedere fu:

<<Come?>>

Yoongi inclinò il capo, stupito che tra tutte le domande che potesse fargli, avesse scelto proprio quella.

<<Jimin, non ho intenzione di raccontarti come ho ucciso un uomo a sangue freddo, ti basta sapere che l'ho fatto. Non sono la persona che credi>>

<<H-hai ucciso colui che ti ha fatto del male>>

<<Già, e sai qual è la cosa peggiore? Ho goduto mentre quel bastardo esalava il suo ultimo respiro per mano mia>>

Dal ringhio soddisfatto, sembrava che qualcuno si fosse impossessato del corpo e della mente di Yoongi.

Non era pentito di ciò che aveva fatto. Non lo aveva mai fatto, ma quel gesto lo aveva fatto sprofondare in un abisso ancora più profondo dal quale non era riuscito più a ritrovare la luce, ad eccezione di quell'unico, piccolo spiraglio rappresentato da Hoseok che gli aveva teso la mano per evitare di affondare definitivamente nel suo mare di rabbia e di odio.

Yoongi si era macchiato le mani del crimine peggiore al mondo e aveva promesso a sé stesso che mai più avrebbe deciso del destino di un altro uomo.

Nessuno gli dava diritto di porre fine alla vita di un altro essere umano, per quanto quella persona potesse meritarlo, lui non avrebbe più commesso un atto così vile.
E così era stato per tutti gli anni in cui aveva preso il comando dei Bangtan.

Era riuscito a mantenere la sua promessa.

Jimin non riusciva più a restare seduto su quel divano. Il cuscino sotto di lui pareva bruciare e dovette alzarsi subito e raggiungere la finestra per respirare aria pulita, perché tutto in quella stanza sembrava soffocarlo.

Yoongi si era definito un mostro perché aveva ucciso il suo patrigno, ma Jimin, dentro di sé, pensava che il corvino avesse fatto bene e che quell'uomo avesse ricevuto ciò che si meritava.

Questo faceva anche di lui un mostro?

Inconsapevolmente, il suo corpo cominciò a tremare e Yoongi, rimasto al suo posto fino a quel momento, lo raggiunse in un paio di falcate e lo sorresse.

<<Jimin, ehi! Che ti succede?>>

Il ragazzo non si era nemmeno accorto di aver iniziato a piangere e ad annaspare.

<<Jimin, ti prego, mi stai facendo preoccupare. Vieni qui>>

Il maggiore lo condusse lentamente verso la sedia e si allontanò giusto il tempo di prendergli dell'acqua.

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