CAPITOLO 35 • The Last

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CAPITOLO 35
The Last

Nel corso della sua breve ma intensa vita, Yoongi credeva di aver vissuto già situazioni abbastanza disparate.
Gli anni della sua infanzia li ricordava perlopiù colmi di dolore e sofferenza e ancora oggi ne presentava gli strascichi.

In più occasioni era stato sull'orlo del baratro, sul punto di crollare, ma la vita era stata tanto crudele con lui quanto magnanima perchè ogni volta che vedeva arrivare la sua fine, spuntava sempre un angelo custode al suo fianco, pronto a tirarlo fuori dall'abisso facendosi carico delle sue sofferenze.

Per anni il suo angelo custode aveva corrisposto al nome di Jung Hoseok.
Lo era tutt'ora, nonostante tutto.
Ma da un po' di tempo a questa parte, era convinto che la vita avesse voluto donargli un altro angelo che, oltre a salvarlo, avrebbe potuto renderlo felice.

Park Jimin.

Stentava a credere che in 22 anni avesse combinato qualcosa di buono per meritarsi un dono simile.
E difatti, la vita non poteva essere realmente così generosa con lui, non lo aveva mai premiato senza prima fargli patire le pene dell'inferno.

A più di un mese di distanza dacché era confinato a Gwangan, non aveva avuto altro che la conferma di quanto fosse impossibile per lui raggiungere quanto di più simile ci potesse essere alla felicità.

Aveva avuto Jimin al suo fianco per quasi un anno e da perfetto idiota, non aveva mai saputo apprezzarlo, dando la sua presenza per scontata, come un qualcosa di dovuto, e non si era mai accorto di avere un diamante tra le mani, un diamante che lui stesso aveva contribuito a distruggere in tanti, piccolissimi frammenti, e ora mai, mai più sarebbe tornato a splendere come in passato.

Da più di un mese, Yoongi si era ritrovato forzatamente a fare i conti con sé stesso, con la solitudine, con il timore di ricevere notizie spiacevoli circa le condizioni di Jimin; con l'incertezza di ciò che sarebbe stato della sua vita con la sicurezza che Kim Seung ne avrebbe volentieri posto fine.

Non era mai stato un persona che necessitava di compagnie numerose, gli era più che sufficiente avere l'amicizia di Hoseok per essere in pace con sé stesso.

Jimin rappresentava l'imprevisto, l'inaspettato, qualcosa che Yoongi neanche aveva mai chiesto, ma una volta avuto, non era stato più in grado di rinunciarvi.

E ora che si trovava in quella casa, da solo, aveva molte cose su cui riflettere, e tanto tempo da spendere con sé stesso, e proprio onde evitare di perdersi nella tristezza della sua solitudine, decise di sfruttare quei giorni di "isolamento forzato" a pensare a ciò che aveva di più caro, per capire.

Yoongi riflettè su tutti i discorsi fatti da Hobi sull'importanza di Jimin nella sua vita, su quanto, senza volerlo, era riuscito a radicarsi nei suoi pensieri e nelle sue giornate.
Lentamente, giorno dopo giorno, in punta di piedi, Jimin era riuscito a rendere la sua presenza indispensabile.

Più i giorni passavano, più prendeva forma questa consapevolezza dentro di lui, e più sentiva il bisogno di voler esternare quelle emozioni che lo stavano travolgendo senza tregua.
Avrebbe voluto urlare, sfogarsi, avrebbe voluto avere Jimin con lui per stringerlo forte fino a togliergli il respiro e appropriarsene per sé.

Era solo, era un fuggiasco e Jimin era ancora rinchiuso in una camera a lottare per riprendere in mano la sua vita, cosa che, sapeva non sarebbe successa così velocemente, né così facilmente.
Non poteva aiutarlo, non poteva fare niente per lui, ma si convinse di dover fare qualcosa almeno per sé stesso prima di arrivare al punto di impazzire e lui doveva restare lucido.
Non poteva permettersi di crollare.
Non di nuovo. Non adesso.

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