νθ. ῎Ερρωσο

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Addio

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Addio

L'Ade si stava riprendendo. Con lentezza, ma le file si stavano riempiendo di nuovi semidei e mostri, allevati ed educati con un'unica idea; sterminare l'Esercito Terreno.

Yuta ogni mattina si alzava e osservava i campi d'addestramento su cui la sua finestra si affacciava. Ogni volta vedeva le steppe sempre più piene di bambini, cosa che lo riportava alla sua infanzia.

La Tracia non era il posto migliore per crescere, specialmente se ci si ritrovava nella grande dimora di Ares. Tra i quattro e i sei anni i suoi figli legittimati iniziavano un duro allenamento militare, composto da lunghe ore di combattimento e duello, cibo scadente e brandine come letti. Non vi erano ore ricreative, poche volte si creavano legami fraterni e si prediligeva la rivalità. Ogni mese venivano testati in prove violente e pericolose. La morte non era un concetto estraneo tra i figli di Ares.

Il nuovo ambiente nell'Ade ricordava terribilmente quell'infanzia cruenta e dolorosa, e Yuta lo detestava. Come ultimamente detestava anche Yesung e il suo maledetto diario.

Dopo settimane d'angoscia aveva finalmente aperto il casseto e afferrato quel libricino di pelle rovinata. Lesse ogni pagina, con i suoi appunti sulla guerra e sulle sue opinioni. Amava Victoria, da anni. Si era illuso di poter resistere ai sentimenti e sopprimerli, ma anche Yuta aveva sospettato in quella tormentata lettura che Yesung alla fine vi avrebbe ceduto. Le ultime pagine e i foglietti aggiuntivi furono solo orrore.

Suo fratello, il suo punto di riferimento, era diventato esule per amore, per una donna. Yuta non sapeva più cosa fosse giusto e cosa sbagliato.

Il primo di tanti eventi che avrebbero portato alla fine della guerra, avvenne una mattina. Seduto poco lontano dai suoi compagni e sottoposti, Yuta venne risvegliato dai suoi pensieri quando le porte della sala regale si spalancarono violentemente.

Ade si alzò dal trono, osservando con occhi stranulati l'impensabile presenza di sua sorella, Era. La dea avanzò a gran falcate verso di lui, finché non si ritrovò alla base della scalinata.

"Sorella, qual buon vento ti porta qui?"

"Non osare sputarmi queste lusinghe in viso." Esclamò con voce tuonante. Ma Ade non apprezzò il suo tono, e nemmeno il silenzio di ammutolimento provocato nelle sue Truppe. "Allora dichiara il tuo proposito."

"Sei andato contro ai nostri patti. Le tue Truppe hanno attaccato la mia città."

"I miei soldati non potrebbero mai salire sull'Olimpo senza il tuo permesso. Le Ore ne sono testimoni, in quanto nessun guerriero infernale ha bussate alle tue porte divine."

"Non sto parlando dell'Olimpo, ma della mia città."

"Ah... La celeberrima Cartagine, patria di eroi valorosi?"

L'atrio si riempì di risate deridenti e battute di scherno, cosa che Ade apprezzò assai. Osservò la sorella minore colorarsi di rosso e i suoi occhi illuminarsi di divino, ma non ne fu assolutamente spaventato; quello era il suo Regno, personificazione materiale della sua pura potenza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 31 ⏰

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