18. Maurtis

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"Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster. Per me fare il gangster è sempre stato meglio che fare il Presidente degli Stati Uniti"

-GoodFellas- 90' e chi c'era.

Gambino, un cognome che porta troppi fardelli con sé.

Ho vissuto un'infanzia facile, dopotutto, ma sono sempre dovuto stare al passo con la mia famiglia e mio padre, in particolare.

Lui mi ha insegnato che non devo piangere. Così, sin da piccolo, ho smesso di farlo. Non mi era concesso. Le prime volte mi picchiava, per farmi smettere, e non perchè non mi volesse bene, anzi, lui mi voleva forte.

'Nessuno proverà mai pena per te' diceva 'Non puoi combattere una guerra senza essere un soldato'.

Oltre alle lacrime, non ho mai potuto fare i capricci, come gli altri bambini. Difatti, già a sei anni, lui mi voleva pronto ad affrontare le difficoltà della vita, a muso duro

Ho creato una barriera dentro di me, dietro della quale c'erano tutte le cose che avrei voluto fare e che non potevo. Mia sorella era l'unica che poteva essere emotiva, perché lei è una donna. Io sono un uomo, e come tale dovevo comportarmi, secondo lui.

Ma questa differenza che lui faceva tra noi ha portato a delle cattiverie anche nei suoi confronti, di Sienna.

Ecco perchè, quattro anni fa, quando mia sorella ha scoperto di essere in dolce attesa, per sbaglio, è stata mandata in un collegio in Svizzera, per non disonorare il cognome della famiglia.

L'onore. Lui vive tutt'ora di questo.

Che cosa si aspetta davvero da tutto ciò?

La gente ci guarda pensando che veniamo da un altro mondo, non rendendosi conto che quello che noi facciamo, è tutto attorno a loro, in qualsiasi posto. C'è sempre qualcuno che ti controlla, senza che tu lo sappia. 

Mio padre mi ha insegnato a prendermi quello che voglio, perché non c'è bisogno di chiedere, gli altri non lo fanno, né mai lo faranno.

Mi ha insegnato a prendere le decisioni giuste, indipendentemente dagli affetti e dai sentimenti, perché quelli ti rendono debole, e non mi era permesso di esserlo, ancora una volta. 

Mi ha insegnato a lottare con tutte le mie forze per quello di cui vale la pena, per la famiglia. Lui ha sempre detto che è l'unica cosa di cui importa nella vita.

In realtà, è per via della mia famiglia che mia madre è andata via, o almeno, così dice lui. Nessuno gli ha mai chiesto se fosse vero.

Piu che un padre, era un dittatore, e casa nostra era il mio campo di concentramento.

Non mi ha fatto mai mancare nulla. I soldi c'erano, e godevo di un ottimo status quo.

Ma anche io sopprimevo la tristezza, quando vedevo le altre famiglie, che uscivano per cena insieme, che andavano al luna park, il padre che portava il figlio al cinema, a vedere i cartoni animati.

Io sono cresciuto con Quei bravi ragazzi e Scarface.

A dieci anni sapevo già calcolare la percentuale di guadagno su una partita di cocaina. Si, mi ha insegnato anche a contare, a modo suo.

'Manipola o verrai manipolato', diceva. Così oltre al resto, mi ha anche insegnato a trattare la mente umana. Mio padre ha un dono, quello di riuscire a capire la persona che ha davanti a sé persino meglio di uno psicologo.

Non siamo bravi ragazziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora