23. Xander

120 12 116
                                    

"Never opened myself this way

Life is ours, we live it our way

All these words, I don't just say

And nothing else matters"

"Non mi sono mai aperto in questo modo

La vita è nostra, la viviamo a modo nostro

Tutte queste parole, non le dico semplicemente

E nient'altro conta"

-Metallica-

La società di oggigiorno ci spinge a pensare al futuro.

Da bambini, ci insegnano la retta via, a comportarci nel modo giusto e, di conseguenza, poter trovare qualcuno da avere al nostro fianco, o anche solo far parte della società.

Da adolescenti, continuiamo la scuola, decidendo a quel punto quale strada intrapendere per poter trovare un lavoro. Ci poniamo la fatidica domanda: 'Cosa voglio fare?'

Da adulti, lavoriamo, con l'obbiettivo di mettere dei soldi da parte per sopravvivere o puntando alla pensione.

Una volta anziani, chissà, iniziamo a pensare a come sarà la morte.

C'è sempre un dopo a cui pensare, cosa che noi, ragazzi di Detroit, non siamo abituati a fare.

Non ha senso pensare a cosa succederà in una città in cui non puoi avere un futuro, o meglio, non puoi avere quello che vorresti.

Viviamo di sogni, fatti di cartine consumate dal fumo o da bicchieri sempre troppo vuoti.

Per cui, anche io come tutti, non mi sono mai soffermato a pensare al futuro.

La vita dell'essere umano è programmata, e qualsiasi cosa vada fuori da questi piani non è vista di buon occhio. Ho sempre voluto fare la differenza, ma non sono mai riuscito a portare a termine il mio obbiettivo.

Sono il più grande della famiglia, da sempre un macigno sulle mie giovani spalle.

Mia madre era la mia migliore amica, anche più di Walter. Lei mi ha accompagnato attraverso le fasi della mia gioventù, tentando di insegnarmi cosa sia giusto e sbagliato. L'obbiettivo della sua vita era quello di farci andare via dallo schifo di Detroit. Lei sognava, come tutti, ma per noi, non per sé stessa. Voleva che avessimo un futuro migliore di quello che era stata costretta a vivere lei.

Dopo la sua morte, sapevo già di dover iniziare ad occuparmi della mia famiglia.

Lei è stata la mia corazza, da sempre, e quando è venuta a mancare, mi è sembrato di iniziare a camminare su una strada in discesa. Il problema è che ancora oggi sto scendendo, senza vederne mai la fine.

Sono stato io, fra tutti, a dover avere a che fare con mio padre e le crisi che aveva ogni notte, quando urlava nel sonno.

Sono stato io a doverlo portare all'ospedale, dai medici, dagli psicologi.

Sono stato io ad occuparmi del bar, tra una lezione e l'altra, perché lui non poteva farlo. Non che a scuola sia mai stato il migliore, ma era divertente passare il tempo con gli amici, come facevano tutti quelli della mia età.

In realtà, ero bravo in qualcosa. Il professor Smith era l'unico che aveva notato del mio dono nel basket. Puntava a farmi avere una borsa di studio per entrare in una delle Ivy League, potendo così coronare il mio obbiettivo di giocare ad alti livelli. Io un sogno ce l'avevo, ma come tutto, è stato distrutto.

Non siamo bravi ragazziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora