"All the streets where I walked alone
With nowhere to go, have come to an end"
"Tutte le strade in cui camminavo da solo
senza un posto dove andare, sono giunte alla fine"
-Sum 41-
Valerie non è un personaggio del tutto nelle mie corde, ma è giusto darle il suo spazio. Spero di riuscire comunque a rendere chiara la sua visione del mondo.
Tra tutti i casi disperati che compongono la popolazione di questa città, sono proprio io quella ad essere additata per strana.
Sono la piccola della famiglia, per cui da sempre hanno tutti tentato di proteggermi dalla realtà di questa città, Detroit.
Mia madre mi leggeva le fiabe, raccontandomi di come un giorno, come in Cenerentola, il mio principe sarebbe venuto a salvarmi. Ma non può succedere, non in questo posto, ammenoché non sia un motociclista drogato, tatuato e con la mitraglietta, al contrario di quello che ho sempre sognato.
Dopo la morte della mia povera mamma, che mi ha lasciato la sua collezione di libri e l'amore per Jane Austen, il senso protettivo dei miei fratelli nei miei confronti è aumentato in maniera spropositata. Tutto questo mi ha portato ad allontanarmi dalla realtà della mia città, a cui tutti sono abituati.
Ricordo quel giorno, quando l'ambulanza arrivò troppo tardi per salvarla, e lei aveva perso troppo sangue. È stato il giorno in cui mi sono promessa che sarei diventata un medico, e al contrario di quelli che lavorano nel nostro ospedale, avrei salvato le persone. Ero troppo piccola per comprendere come le circostanze possano rendere questo difficile, ma mi ha dato un obbiettvo nella vita.
Se lo fossi diventata, avrei anche potuto salvare mio padre, l'altro orribile ricordo indelebile nella mia testa. Alla vista del suo corpo, ho capito che non potevo più vivere nella mia bolla, ed evitare di affrontare quello che mi circondava.
Ho capito il perché di quello che faceva Xander, quando spesso tornava a casa in pessime condizioni, provando a svuotare la sua mente fra sesso e alcool.
Ho capito il motivo dei guai in cui si cacciava Cassie, partendo dal suo ragazzo, che era molto più strano di me, con quella cresta colorata, le sue catene e la voce roca che non riusciva a tenere a tono basso, urlando qualsiasi parola gli uscisse dalla bocca.
Ho capito il perché delle azioni di Colin, sempre troppo perso nel suo mondo per accorgersi cosa aveva davvero attorno a sè.
In tutto questo, ho iniziato per davvero a sentirmi io quella diversa, troppo normale, troppo dolce, troppo ingenua, troppo debole.
Mi sono rintanata nelle mie storie, nei miei libri, nelle mie favole, sognando spesso ad occhi aperti una realtà che non esiste. Lo faccio ogni sera prima di andare a dormire, cosa che mi aiuta a rintanarmi tra le braccia di Morfeo. Lo faccio spesso la mattina, sotto la doccia, cantando le mie canzoni romantiche tanto odiate da Cassie.
Mi sono chiusa in me stessa, evitando di frequentare tutti i posti che mi avrebbero fatto rendere conto che la mia vita non è quella della principessa Sissi, ma quella di Diana in Trainspotting, o peggio, che potrei finire come Laura Palmer.
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Non siamo bravi ragazzi
RomancePer chi è caduto, ma vuole rialzarsi. «E no caro Bowie, non saremo eroi, neanche per un giorno» «Detroit non è una fiaba in cui il bene trionfa» «Sbandato, incontrollabile, fuori di testa, perso, senza speranze, incontenibile, squilibrato. Così è co...