"Feelings are intense
Words are trivial
Pleasures remain
So does the pain
Words are meaningless
And forgettable"
"I sentimenti sono intensi
Le parole sono banali
I piaceri rimangono
Così come il dolore
Le parole sono prive di significato
E dimenticabili"
-Depeche Mode-
Non sono abituata a farlo, dato che gli ho già annunciati all'inizio della storia, ma per questo capitolo ne ho sentito il bisogno.
TW: Maltrattamento, violenza, sfruttamento, traffici illegali.
Non leggete se siete sensibili, il capitolo è molto crudo. Aggiungerò un segnale a metà capitolo da dove si può proseguire la storia evitando questi elementi.
Spike
Dal silenzio traspare più di quello che si possa pensare.
Io trovo la mia pace nella quiete, piuttosto che nelle parole lanciate a caso. Le persone spesso parlano a sproposito perché ci sono momenti in cui non ci sarebbe nulla da dire, ed è così che dovrebbe rimanere quell'istante, senza parole.
Ho riversato tutto l'odio delle persone che mi hanno fatto del male nella mia vita nel silenzio.
Sono nato in una fredda notte a Omsk, una città in Russia che collega il nord della Siberia e le steppe kazake.
Come faccio a sapere che fosse fredda? Semplice, era inverno, e i nostri sono sempre stati gelidi.
Omsk potrebbe essere definita una delle peggiori città della Russia. Non c'è lavoro, i salari sono bassi, c'è l'inquinamento nell'Irtysh e un'alta concentrazione di emissioni nocive.
Questi sono solo alcuni dei difetti di Omsk.
Mia madre era una delle povere disperate che provavano a sopravvivere in quel disagio. Non ricordo molto di lei, a parte che aveva gli occhi chiari e i capelli lunghi e biondi, proprio come i miei.
Data la povertà nella mia città, la gente provava a scappare, alla ricerca di una vita migliore, accettando proposte poco sicure pur di avere la speranza di una rinascita. È quello che fece mia madre.
---TW: Inizio---
Raggiungemmo un treno, di cui ricordo il finestrino e la neve che calava prima che lasciassimo Omsk.
Oltre noi, altre famiglie partirono da quella fermata. C'erano altri bambini, eppure c'era un silenzio terrificante su quel treno. È come se anche non sapendolo, eravamo consapevoli del nostro destino.
Arrivati a Mosca venimmo divisi. Mia madre portò con sé quello che poteva, una piccola borsa con l'essenziale, tutto quello che avevamo, senza dimenticarsi di prendere il mio libro preferito, la fiaba di Kolobók, la storia della piccola palla di impasto cotta al forno che cerca inutilmente di rotolare via dai suoi nemici finendo poi mangiata dalla volpe.
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Non siamo bravi ragazzi
Roman d'amourPer chi è caduto, ma vuole rialzarsi. «E no caro Bowie, non saremo eroi, neanche per un giorno» «Detroit non è una fiaba in cui il bene trionfa» «Sbandato, incontrollabile, fuori di testa, perso, senza speranze, incontenibile, squilibrato. Così è co...