Capitolo 35

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Cercate il nome blacklake_ (Sun❂)

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Il soffice sorriso della mezza razza si spense poco dopo ed egli si limitò nell'osservare il volto dell'umano, il quale non parve sorpreso dalla risposta che gli aveva sinceramente dichiarato. Sembrava in verità incuriosito della serenità con cui aveva risposto alla sua domanda. La voce gli si era addolcita e le parole da lui pronunciate parevano così candide da poter svolazzare nell'aria come nuvole mosse con calma dal fresco vento del mattino.
Serapion iniziò a sospettare che l'umano fosse riuscito a percepire il proprio cuore alleggerirsi e palpitare con più calma, il respiro farsi leggero e lo sguardo più pacato.
Nessun odio si celava nelle parole appena dette, non c'era disprezzo o ostilità verso quella figura che continuava a osservarlo con gentilezza.
Che lo stesse ringraziando?
Serapion credeva fermamente che sarebbe stato da stupidi non farlo, non dopo che Atys aveva messo a rischio la propria vita per quello della mezza razza. Egli non aveva avuto nessuna esitazione, alcun briciolo di dubbio nel difenderlo e usare se stesso come scudo, difendendolo dalla bestia.

Il mezzelfo fece cadere lo sguardo sul petto coperto del ragazzo e permise ai pensieri di riaffiorare nella propria mente, come piante miracolosamente nate su una landa arida e senza alcuna vita. La poca natura si ramificava, penetrava nel freddo suolo e faceva nascere sui propri gambi insoliti fiori dai petali ingialliti i quali, senza sostentamento, si ripiegavano su stesse per poi cadere morenti. Ciò che disturbava la psiche del mezzelfo non erano i petali che giacevano nel sonno perenne, ma le radici che continuavano senza sosta a scavare nel cuore della mezza razza, cibandosi della propria anima.

Il ricordo era vivido.
Un liquido color cremisi gli colorava con vivace agonia i palmi e la scura veste si tingeva della medesima tinta perché stringeva fra le sue braccia il corpo ferito del ragazzo. Egli teneva le palpebre chiuse e il cuore pareva far sentire sempre meno la propria presenza, rallentando sempre più, desiderosa di arrestare quell'insopportabile dolore.
I brandelli rimasti di quella camicia si miscelavano al sangue e alla carne la quale poi, aperta in più parti, mostrava la pelle lacerata e dal suo interno un odore acre fuoriusciva dalle scure viscere, come fosse un rantolo di morte.
Quel pungente respiro di tormento aveva riempito i polmoni della mezza razza la quale avevano iniziato a stringersi dall'orrore, soffocandolo come se non vi fosse più ossigeno, ma solo la certezza della fine.
La memoria dell'intestino contorto dal terrore, del sudore freddo che scendeva sul viso impallidito e l'ombra dell'immonda creatura che si proiettava sui due corpi e a terra, era lucida ed egli percepiva quella presenza perseguitarlo senza tregua.
Quegli occhi senza anima, senza vita, erano rimasti fissi sempre su di loro come affascinato da ciò che aveva fatto, osservando un corpo umano mostrare ciò che aveva al suo interno.
Che fosse l'anima, di quei sprazzi di spirito che si dileguavano dal proprio contenitore di carne il quale ora giaceva a terra fatto in frantumi, ad ammaliarlo?
E forse perché proprio compiaciuto di quella visione idilliaca, il mostro aveva permesso a Serapion di fuggire, di scappare lontano da quelle iridi scarlatte le quali però percepiva ancora sulla propria pelle. Artigli invisibili sentiva difatti appigliarsi alla sua schiena, conficcandosi fra i muscoli e le vertebre, e per quanto sapesse bene che non vi erano veramente lì a ferirlo, si chiedeva quanto tempo sarebbe passato prima di dimenticare quanto avvenuto.

<< Serapion. >>

La voce del fanciullo rimbombò nella testa del mezzelfo, sbattendo con forza fra quei gravosi pensieri, e la mente si fece più leggera. Serapion si sentì riemergere dalla morsa di quei angoscianti ricordi, alzò gli occhi e incontrò nuovamente il freddo ma dolce sguardo di Atys che lo osservava con pensiero.

𝑵𝒐𝒏 𝒆𝒔𝒊𝒔𝒕𝒆 𝒏𝒆𝒔𝒔𝒖𝒏𝒂 𝑳𝒆𝒈𝒈𝒆𝒏𝒅𝒂Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora