Capitolo 34

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Cercate il nome blacklake_ (Sun❂)

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Un soffice bagliore toccò le pesanti palpebre dell'umano, tentando di farlo rinsavire e convincerlo nel guardare ciò che ora si proiettava dinanzi al suo sguardo, un ambiente che sembrava così diverso da quelli che aveva visitato in precedenza.

Il giovane provò ad aprire gli occhi, incuriosito da quella fredda luce che sentiva aleggiare attorno a se, ma un profondo tremore si irradiò in tutto il corpo. L'esile fisico, abbandonato di ogni qualsivoglia forza, si rifiutava di utilizzare quelle ultime energie rimaste per spalancare le palpebre preferendo invece riposare.
Egli, seppur comprendendo quelle sensate ragioni, insistette e si accontentò nell'aver alzato leggermente la palpebra superiore, facendo in modo che una modesta apertura si creasse dinanzi la sua pupilla.

Quella luce, che fino ad allora aveva accarezzato la pelle del giovane umano come un rassicurante gesto d'amore, ora sembrava colpire con ferocia i suoi occhi, insediandosi in quella fessura che egli aveva creato e offuscandogli totalmente la vista. Aghi appuntiti difatti sembravano trafiggere parte della superficie del bulbo, il quale ora si riscaldava di un bruciore insistente, invogliando Il ragazzo nel chiuderli nuovamente.

Atys ignorò i fastidiosi tormenti e si sforzò nel mantenere i propri occhi aperti.

Seppur ciò che ora vedeva il fanciullo era annebbiato, egli riusciva a distinguerne alcune parti, le quali poi davano ad egli la possibilità di capire il resto dell'ambiente.
Una fredda sala si mostrava confusa al suo sguardo e quella, quasi completamente spoglia, faceva notare pochi elementi realmente distinguibili. Le mura alte sembravano esser lisce come la seta perché non si notava, almeno per quello che riusciva a vederne lui, alcuna imperfezione, né solchi, né porosità che ne potessero compromettere la superficie. Ogni spazio era semplicemente perfetto.
Quelle pareti portavano poi una tinta chiara, simile a quella di un cielo sereno, senza nuvole, e vi erano alcune arcate in rilievo le quali, di un bianco perlato, evidenziavano i confini della rettangolare stanza. Esse parevano immensi pilastri, i quali sostenevano il peso di quel profondo cielo etereo e dividevano quella volta dall'area sottostante, il suolo, che sembrava portare il suo stesso colore. Ne rifletteva la bellezza, forse perché affascinato dal gemello lontano o forse ne invidiava il suo fascino, copiandolo a sua volta.

Muovendo con calma la scura pupilla, il ragazzo vide inoltre una modesta finestra nell'angolo destro della sala la quale mostrava parte dell'ambiente esterno. Lo scenario che si celava oltre il vetro non era ben distinto a causa della distanza e dalla difficoltà di lui, il quale sentiva che le sue forze venivano sempre meno. La luce proveniva dunque da quell'apertura e la stessa continuava a colpire la pelle dell'umano con la propria presenza. Sottili raggi d'un sole biancastro, forse perché da poco sorto, si irradiavano in tutta la sala, disegnando sulle pareti fievoli onde colorate le quali decoravano l'intera stanza con la propria presenza. E poi un soffice vento di ghiaccio toccò la pelle del giovane, accarezzandogli il dorso della propria mano, il collo e il viso, uniche parti non protette dalla coperta che gli copriva il corpo.
Il sottile tessuto, leggero e morbido al tocco, era poggiato con delicatezza alla sua figura la quale veniva riscaldata e cullata da quel letto sconosciuto. Le carni del ragazzo, rassicurate dal delicato giaciglio, rimanevano immobili e lasciavano che tutta la fatica accumulata in quei giorni fosse assorbita da quelle tenue lenzuola, rigenerando le forze. Un cuscino poi gli circondava il capo, permettendogli di avere la testa lievemente rialzata per osservare ciò che lo circondava.

𝑵𝒐𝒏 𝒆𝒔𝒊𝒔𝒕𝒆 𝒏𝒆𝒔𝒔𝒖𝒏𝒂 𝑳𝒆𝒈𝒈𝒆𝒏𝒅𝒂Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora