Capitolo 20

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Vi consiglio di accompagnare la lettura ad un po' di musica a tema nella playlist "Non esiste nessuna leggenda - soundtrack" su Spotify.

E se siete curiosi di dare un volto ad ogni personaggio o vedere i vari luoghi della storia, vi consiglio di dare un'occhiata alla mia raccolta Pinterest!
Cercate il nome blacklake_ (Sun❂)

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Passi svelti tagliavano con non curanza la tranquillità dell'erba che, appena sveglia, ondeggiava con calma da una parte all'altra, danzando alla luce del sole che lo riscaldava. Alcune foglie dai rami più bassi riuscivano a toccare le vesti e la pelle della figura che correva senza fiato nelle viscere della gigantesca foresta, la quale ascoltava con attenzione quei sospiri che entravano e uscivano dalla testa della esile sagoma. 

Il fanciullo correva e non si girava indietro: dentro la sua mente risuonavano soltanto quelle leggere voci e quelle sottili parole che lo rassicuravano ad avanzare. Atys percepiva poco dell'ambiente che lo circondava e teneva unicamente lo sguardo in avanti, provando a schivare con agilità le radici che si intrecciavano sui trochi degli immensi alberi. 

Un modesto gorgogliare di un fiume si fece pian piano sempre più forte, finché il ragazzo non vide con i propri occhi quell'acqua limpida accarezzare con dolcezza la terra che lo cullava e delle foglie larghe e tonde che ondeggiavano sulla sua superficie. Il fanciullo non si fermò e attraversò con semplicità il fiumiciattolo non troppo profondo: ad ogni suo passo, una chiara scia si allungava dietro di lui e le foglie si spostavano quasi infastidite dalla presenza della figura che disturbava la loro placidità. Atys continuò ad avanzare seguendo speranzoso le parole delle voci, quando però i suoi occhi caddero verso il basso e il suo intero corpo si paralizzò, rendendogli impossibile la contrazione dei soli muscoli delle dita. Un'esile figura ondulava dinanzi a lui, mostrando senza vergogna il petto scoperto e stretto da bende mal ridotte. Un grosso livido si notava sullo stomaco e una chiazza di sangue si vedeva sulla spalla, con piccole gocce di quel liquido che continuava a scorrergli sull'addome. Una goccia di sangue cadde nell'acqua, mostrando una piccola chiazza diffondersi per poi sparire su quella chiara superfice. A quella vista, il corpo del giovane ragazzo iniziò a tremare ma, riprendendo il controllo, richiuse con furia la camicia e proseguì la strada consigliata dai sospiri, l'esatta via per raggiungere il tempio e il portale, porta degli altri mondi. 

Atys superò il fiume e lasciò quella figura odiata alle sue spalle. 

Il giovane essere umano percepì le proprie gambe dolorati a causa della lunga e quasi interminabile corsa ma, dopo aver superato a stento un paio di alti cespugli intrigati fra loro, lo vide. Un tempio si ergeva vecchio ma maestoso dinanzi a lui: le mura fatte interamente in pietra grigiastra erano ricoperte da chiazze di spesso muschio e alcune delle pareti erano forate e attraversate dalle antiche radici degli alberi che ne ricoprivano buon parte della costruzione. Il tetto, distrutto da un tronco che era caduto forse a causa della debole base, mostrava con malinconia le scheletriche fondamenta. Le finestre, ormai assenti di vetro, mostravano le cupe interiora dell'edificio ma non facevano notare nulla di anomalo. Un immenso arco al centro assente di portone conduceva all'interno e si poteva vedere inoltre un modesto percorso sterrato, come se quell'edificio non fosse mai stato davvero abbandonato. 

Atys avanzò con calma verso l'alto edificio e vi entro, sentendo dei brividi irradiarsi sul proprio corpo e le voci cessare di colpo, capendo bene di essere nel luogo giusto. 

Un esteso tappeto consumato copriva parte del polveroso pavimento e una grande quantità di detriti riempivano lo spazio attorno a lui, percependo come se quell'enorme sala si stese restringendo sempre più, provando a schiacciarlo. Il pavimento era stato costruito con lunghe assi di legno e molte avevano ceduto nel corso del tempo, creando veri e propri crateri i quali mostravano fosse oscure senza vita. Delle radici spuntavano minacciose dalle pareti, come braccia rinsecchite che provavano con sforzo ad aggrapparsi al corpo del fanciullo, desiderose di trovare un qualcosa o qualcuno che gli potesse donare del calore. Due modeste scale si ramificavano più avanti, incrociandosi in uno piccolo spiazzo e poi biforcandosi nuovamente, per condurre al piano superiore che si notava difatti alzando il capo: anch'essa mostrava dei fori e parti di quel chiaro cielo mattutino si vedeva a causa della caduta del tetto e dello stesso piano superiore, anch'esso costituito da un debole pavimento in legno.  

𝑵𝒐𝒏 𝒆𝒔𝒊𝒔𝒕𝒆 𝒏𝒆𝒔𝒔𝒖𝒏𝒂 𝑳𝒆𝒈𝒈𝒆𝒏𝒅𝒂Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora