11장: segni di violenza

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La porta finalmente si aprì, con un cigolio di lamento da parte dell'oggetto inanimato, sorprendendo a quella vista tutti e tre i ragazzi all'esterno della dimora, creando un'espressione di meraviglia sul viso della persona in piedi di fronte a loro. Con capelli arruffati, gli occhiali tondi argentati appoggiati sulla punta del piccolo naso, gli occhi stanchi, tristi e privi di vitalità, contornati da lividi paonazzi: c'era Leeknow. Indossava una maglietta a mezze maniche larga, stracciata a livello del colletto che andava a mostrare parte della pelle violacea celata al di sotto di essa. Le sue labbra ferite, come se avesse ricevuto numerosi pugni che le avevano spaccate, erano socchiuse. Il viso risultava dimagrito, con le guance bluastro. Il braccio sinistro era teso sulla maniglia, c'erano segni di graffi, mentre l'altro era nascosto dietro alla sua schiena. La postura era rigida, con le gambe avvolte da un lungo pantalone beige, mentre indietreggiava confuso e spaventato.

A Changbin il cuore cadde nel profondo abisso del proprio stomaco, sentiva un vuoto dove doveva esserci il cuore, e a quella vista i suoi occhi si riempirono di lacrime che cacciò con maestria. Non poteva mettersi a piangere di fronte a quella scena, non quando doveva dare supporto emotivo a Jisung e Seungmin; anche a Leeknow. Faceva male quella vista, soprattutto guardando quei occhi avevano perso la scintilla che di solito avevano. Minho era sempre stato con gli occhi luminosi, pronto a scherzare quando c'era bisogno, mentre adesso non riusciva a riconoscere quel giovane che aveva davanti. Era il loro Minho, ma c'era qualcosa anzi più di qualcosa, che non andava in lui, nella sua vita. Changbin riusciva a sentire che stava soffrendo, non riusciva a spostare lo sguardo da lui. Avrebbe voluto vedere come stava il suo fidanzato oppure Jisung, anche se aveva ancora la mano sulla sua spalla e lo sentiva teso, tremolante.

Lo sguardo di Minho cadde sulla mano che l'ingegnere aveva appoggiato su Jisung, per poi studiare l'espressione del pilota. Pura preoccupazione, in verità tutti e tre i ragazzi avevano dipinta la stessa preoccupazione sul viso.

«Dio mio, cosa ti è successo?» Esclamò Jisung facendo dei passi in avanti, allungando le mani verso il ragazzo una volta che si era ripreso dal colpo. Leeknow era pietrificato, fermo con i muscoli tesi come archi di violino. Guardava i tre ragazzi in silenzio, senza riuscire a trovare delle parole, «Stai bene? Sei andato in ospedale? Cosa è successo?»

«Che cosa ci f-fate qui?» Domandò piano, come se avesse paura di alzare la voce. L'esclamazione era quasi silenziosa, come se avesse paura di dare suono a quelle parole.

«Ero preoccupato a morte per te, non mi rispondevi al telefono.» Annuì con fatica, aveva il segno di una mano intorno al collo.

«Sto bene, potete andare.» Fece per chiudere la porta, dopo aver detto quella frase con estrema freddezza, ma Han Jisung bloccò l'azione con il piede, «Sto bene.»

«Sei pieno di lividi e ferite...» Aprì la porta con un movimento di piede, Leeknow chiuse gli occhi appoggiando alla soglia. Dalle sue labbra uscì un sospiro, difficile da interpretare perché poteva significare tutto e niente. Magari poteva essere perché era infastidito dal pilota, oppure perché si era rassegnato nel vederli andare via o era a causa dell'agitazione stava aumentando, «Cosa ti è successo?»

«Vi va di entrare?» Si arrese guardando dentro casa, «Vi offro qualcosa... dovrebbe esserci ancora qualcosa da bere.» Lasciò la porta aperta, i tre ragazzi si guardarono e lo seguirono silenziosi. Seungmin sembrava derealizzato, era pallido e si muoveva in modo meccanico. Changbin era preoccupato per la visione di Leeknow e del proprio ragazzo. Il suo cuore batteva forte, mentre si guardava intorno nella casa.

Era una dimora come le altre, un corridoio lungo con un porta scarpe al fine di cambiarle in pantofole. Era molto illuminata, ma c'era qualcosa di strano. C'erano dei pezzi di vetro per terra, alcune stanze avevano le porte chiuse, e c'era un'atmosfera inquietante. Un vaso vuoto e rotto era appoggiato su un mobiletto ad angolo, c'era una pantofola sopra. Forse era stata quella a rompere il vaso. Minho afferrò la pantofole abbassando il capo, grattandosi per l'imbarazzo della situazione.

Piece of a Puzzle || Seungbin (Book 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora