29• 🄿🄰🄸🄽

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-Ti penso incessantemente.
Ti voglio.
Ti bramo.
Vieni da me.

ALEXANDER POV:
🖤

«Alexander!» una voce rotta dalle lacrime mi risveglia e mi ricopre di brividi.

Dei capelli ramati riempiono di colore queste mura scure, corre nella mia direzione e se mi avessero insegnato a piangere probabilmente al momento mi starei disperando a vederla qui.

Si infrange su di me come una ventata di aria fresca, mi circonda il collo con le sue braccia che sanno di casa e mi abbraccia con forza.

La sento sussurrare parole dolci che non le ho mai sentito pronunciare e le sue lacrime mi bagnano la pelle.
Un respiro di sollievo lascia le mie labbra tremolanti.

Immergo il naso tra i suoi capelli e il suo odore vanigliato mi rilassa per un momento, il tempo di chiudere gli occhi e bearmi della sensazione.

«Sei q-qui...»dico in un sussurro privo di suono.

Quando riapro gli occhi lei non c'è più, non è nella stanza come me.
Era tutto frutto della mia immaginazione, annaspo in cerca di aria ma ogni minimo movimento mi crea sofferenza. Ho perso la voce, le parole rotte e sono stanca.
La mia testa inizia a giocarmi brutti scherzi, dandomi false speranze, almeno pensare a lei mi dona pace.
Uno spiraglio di luce in questa topaia, non mi pento di quello che ho fatto.
Ho permesso ai miei compagni di salvarsi, non mi sarei mai perdonato una scelta diversa.

Le immagini attorno a me si fanno meno nitide, cado di nuovo in un buco nero.

«Attento!» mi urla qualcuno, non mi accorgo neppure quando vengo bloccato da un uomo che è il doppio di me.

«Scappate!» urlo con tutto il fiato che ho in corpo.
Loro esitano e vedo i loro sguardi preoccupati ma il portone si sta abbassando e non rimane molto tempo.

«SCAPPA-TE!» urlo più forte mentre il soldato con il camice bianco e la maschera antigas mi preme sullo stomaco.

Mi rimangono solo immagini di scarponi che strisciano sul pavimento intenti a fuggire, un ragazzo con i capelli biondi chiari mi guarda per l'ultima volta con lo sguardo preoccupato e un altro mi dice: «Torneremo a riprenderti!» è l'ultima cosa che sento prima che il fucile sbattuto con forza nella mia testa mi faccia perdere i sensi.

Sono rinchiuso qui da ore, lo so perché le conto per tenermi impegnato e non crollare psicologicamente.
Se perdo anche la mia testa è la fine, devo rimanere lucido il più possibile.

Rivedo in loop immagini che nemmeno comprendo se siano reali o meno, stringo con forza la mascella.

Cerco di muovermi e strattono con forza le catene che ho ai polsi e alle caviglie ma non serve a niente, mi provocano solo sfregamenti e irritazioni sulla pelle già lacerata.

Sono passate 35 ore da quando sono stato catturato e lasciato in questa cella che odora di ferro e ruggine. I muri sono scrostati e gonfi di umidità ristagnante nelle pareti.
Ci sono talmente tanti odori mescolati che quasi non sento il mio, che sicuramente non è dei migliori visto che sono stato rinchiuso qui come un topo di fogna, ammanettato ad una parete con ferite e tagli non curati che stanno facendo infezione.

L'unica mia fuga è pensare a lei, pulita, dolce e vendicativa.
Ho cercato a lungo un luogo da poter chiamare casa e l'ho trovato solo in quegli occhi che tanto ho desiderato incontrare.
La pace di una primavera, tra le mie stagioni preferite, nonostante il suo carattere e la trasparenza delle sue parole dette senza filtri.
Lei è l'unica che riesce a capirmi senza che io dica niente, mi legge dentro come non ho mai permesso a nessuno di fare e io non voglio nessun'altra. Solo lei.

La testa mi pesa e penzola in avanti priva di forze, mi pulsa dalla ferita riportata e il sangue si è rappreso da poco.
La porta di lamiera pesante viene aperta producendo un rumore fastidioso, dagli occhi socchiusi intravedo una sagoma che cammina zoppicando.

Una risata isterica che mi fa venire i brividi.

Vengo portato di peso in una stanza e legato ad una sedia. Nemmeno facendoci troppo caso visto che sono malconcio.

Entra il Dottore DeShawn con aria fiera e compiaciuta. Al suo ego da pazzo psicopatico piace vedermi impotente.

«Non ti vedo in gran forma.» ha un tono di voce squillante e altalenante.

Non riesco a parlare, la gola mi brucia, ho sete. Tanta sete.
Mi si avvicina ma fa una smorfia di discusto e si allontana subito.

Trovo la forza di parlare e dico la prima cosa che mi viene in mente.
«Bastar-»

Mi tira un calcio nella gamba con gli scarponi dalla punta di ferro talmente forte che il dolore mi esplode nella testa come tanti fuochi d'artificio.

Il rantolo di dolore mi muore sul fondo della gola, mi ci vuole troppa forza e io non l'ho più.

«Stai zitto!» urla rabbioso con la bava che gli cola dalla bocca. I lembi di pelle staccati dal viso sembrano sul punto di cadergli da un momento all'altro, non ho mai visto niente del genere in vita mia.

Tira fuori una lunga siringa con un liquido azzurro al suo interno, non promette niente di buono.

Ho dovuto superare diversi livelli in questo bunker disperso nel nulla.
Ogni piano è caratterizzato da trappole e torture di ogni tipo. I prigionieri vittime di test sono cavie che vengono torturate ogni giorno in vari modi orribili.

Mi inserisce l'ago in malo modo nella vena violacea del braccio, un bruciore insopportabile di prende alla provvista, il mio corpo si tende per il dolore. Inizio a vedere tutto sfuocato.
«Lei arriverà per te» dice non distogliendo gli occhi dalla siringa, bramoso di provocarmi dolore.
«Chi?» chiedo con un filo di voce.

Porta lo sguardo nel mio, un sorriso tirato gli deforma il viso, spalanca gli occhi cercando di comunicarmi qualcosa.

«Il fiorellino». Sorride a singhiozzi e quasi saltella sul posto contento, torna serio subito dopo.

«Non dirmi che è lui»

«Ti rimangono sei ore topolino, prima della tua fine. É un peccato, mi stavi anche simpatico».
Una risata che continua ininterrottamente mentre il mio corpo inizia ad avere piccole convulsioni.

«Tranne il morso che hai dato alla mia guardia! » mi punta il dito contro in modo minaccioso, poi lo muove da una parte all'altra: «Non si fa, cattivo ragazzo».

Iniziano a formarsi venature nere in quel punto che si diramano in modo lento delineando un percorso preciso.
Quello del mio sistema sanguigno, si sta diffondendo.

Cosa mi ha fatto?
Sono concentrato sulla vista del mio braccio infettato che non mi accorgo subito dell'arrivo di una seconda persona.

«Eccolo! Volevo presentarti il mio figliolo! Andiamo, non essere timido».

La mia vista si offusca e mi viene sempre più difficile mantenere gli occhi aperti.

Il dottore mi alza la testa in modo brusco per farmi vedere bene il ragazzo che è appena entrato.

«T-tu...»

~•~

Spazio Autrice:

Buongiorno bellezze!
Non aggiungo altro... 👀

A presto!

Ps: lasciate una stellina se la storia vi piace. ♥️

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