Capitolo 3

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-non capisco perché tu non voglia indossare la tua divisa- disse Jonathan osservando attentamente il nipote che in quel momento si stava sistemando meglio le maniche della camicia bianca che stava indossando.

-perché dovrei farlo?- fu invece il commento di Anton -non voglio farmi riconoscere come un nemico dalla gente- aggiunse poi sospirando -nell'ultima locanda nella quale mi hai costretto ad entrare con la divisa per poco non mi sono preso un pugno in faccia e non voglio ripetere l'esperienza-

-andiamo erano solo pirati che...-

-sono stati i cittadini nonno, non dei pirati- non lo lasciò finire Anton passandosi una mano tra i capelli -a che ora devo essere sulla nave?- domandò poi il ragazzo che in realtà aveva una voglia matta di nascondersi e non tornare sulla nave del nonno per non continuare quel viaggio in nave che per lui era inutile. Aveva sempre chiesto di stare sulla terraferma perché non voleva andare per mare per mesi senza nemmeno sapere quando sarebbe tornato a casa e suo nonno sembrava essere intenzionato a fargli fare l'esatto contrario.

-prima di mezzanotte- rispose secco Jonathan -e vedi di non portare nessuno sulla nave, quello che fai li fuori non mi interessa ma sulla mia nave non voglio estranei-

-strano perché per te sono un estraneo e comunque sono sulla tua nave- rispose a tono il castano che non era minimamente riuscito a non fare quell'affermazione e vide il nonno guardarlo come se avesse voglia di strangolarlo da un momento all'altro. Anton lo ignorò bellamente e prese la sua giacca nera, infilandosela, per poi superare l'uomo e scendere dalla nave della marina sulla quale ormai viaggiavano da due settimane cercando di non farsi notare da nessuno. L'impresa fu anche abbastanza semplice per via della grande quantità di gente che stava camminando per il porto e con la quale Anton si confuse quasi subito. Per sua fortuna sapeva che li dove vedeva più gente andare di sicuro si sarebbero trovate due cose: un bordello e una locanda. Non gli serviva quindi conoscere perfettamente la città per riuscire a raggiungere in poco tempo una locanda li vicino e quando la trovò ghignò prima di entrarci dentro. la locanda era già quasi completamente piena e la maggior parte della gente era già anche ubriaca come anche nella precedente locanda che aveva visitato ma non se ne curò molto anche perché in parte li capiva. Voleva ubriacarsi a sua volta per dimenticare per un momento il fatto che il nonno lo stesse costringendo a fare quel viaggio che sotto sotto ad Anton sapeva davvero di trappola. Infatti il generale Jonathan di rado voleva farsi vedere con lui e le poche volte che erano stati costretti a stare insieme nello stesso posto cercava di evitare di parlargli. Ovviamente tutti nella marina, o quasi, sapevano che lui era il nipote di Jonathan, il bastardo figlio di un pirata, e Jonathan ovviamente doveva incassare e non fiatare. Le poche volte che Jonathan lo aveva portato in giro con se erano state tutte volte in cui l'uomo aveva cercato di farlo fuori. La prima era stata quando aveva sette anni e lo aveva letteralmente buttato nell'acqua quando lui ancora non aveva imparato bene a nuotare e sarebbe di sicuro morto annegato se solo sua madre non fosse stata li e si fosse buttata per recuperarlo. La seconda, e una anche di quelle che gli erano rimasta più impresse, era stata quando l'uomo lo aveva portato a guardare i leoni e le tigri appena catturate e senza dargli un minimo di preavviso lo aveva letteralmente buttato dentro le gabbie di questi animali ridacchiando. Anche quella volta per fortuna Anton era riuscito a salvarsi e ringraziava giorno dopo giorno il fatto che gli animali nelle gabbie fossero stati nutriti letteralmente qualche minuto prima del loro arrivo per evitare situazioni spiacevoli e il nonno lo aveva scoperto solo dopo che il suo piano non avrebbe minimamente funzionato. E si chiedeva in quel momento cosa avesse escogitato il nonno per lui.

-cosa vuoi da bere ragazzino- Anton venne riscosso dai suoi pensieri da quella che era la locandiera e il castano ci pensò un po' prima di rispondere:

-la cosa più forte che hai-

-costa-

-posso pagare- la locandiera gli lanciò un'occhiataccia, segno che si fidava davvero poco delle sue parole, ma comunque gli servì quello che gli aveva chiesto per poi ghignare.

-sono due monete d'argento, se non le hai ti devo tagliere una mano e...- ma la donna si bloccò di colpo quando vide il castano che aveva difronte lasciargli realmente due monete d'argento senza battere ciglio e allontanarsi dal bancone con il boccale in mano. Anton bevve un generoso sorso del suo boccale e immediatamente capì quanto in realtà fosse forte quello che stava bevendo perché gli venne un leggero capogiro ma non barcollò, non poteva barcollare. Anton bevve un altro sorso e iniziò a sentirsi ancora più intontito segno che l'alcol che stava bevendo stava già facendo il suo effetto: il nonno quindi avrebbe potuto approfittarsene immediatamente mettendo fine alla sua esistenza e lui non avrebbe potuto fare niente. Gli venne quasi da ridere al pensiero di essersi messo da solo in quel vicolo cieco ma ormai era fatta e di certo non poteva tornare indietro. Si guardò introno il castano in cerca di un tavolo dove sedersi ma per sua sfortuna erano già tutti pieni e la gente che ci era seduta sembrava anche essere messa peggio di lui e gli venne da ridacchiare ancora di più a quel pensiero. Deciso a non restare nel mezzo della locanda con un boccale in mano andò a passo spedito verso uno dei muri dell'edificio per poggiarcisi sopra e osservò curioso il ragazzo che si era seduto in quell'esatto momento al pianoforte, che nella visuale aveva perfettamente difronte, prima che proprio quest'ultimo iniziasse a suonare. Anton socchiuse gli occhi cercando di capire perché quella melodia gli sembrasse familiare ma era già troppo intontito per riuscire a riconoscerla.

Mille notti in mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora