Nemico

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Will's pov
-Cazzo, cap, hai proprio un aspetto di merda-
Cedric, il nostro attaccante migliore, mi accoglie già fuori dalla porta del palazzetto con un sorrisetto beffardo e la sigaretta che gli pende dalle labbra. È uno dei più anziani, insieme a me, e questo può farvi capire in che tipo di rapporto ci troviamo.
L'odore della nicotina mi arriva dritto alle narici e con se porta dietro una miriade di ricordi
-Ced, spegni quella merda-
Sibilo. Lui non fa domande e, con una risatina sarcastica, butta a terra il filtro pestandolo poi con gli scarponcini
-E siamo anche di cattivo umore, vedo-
Risponde per poi rivolgermi uno dei suoi soliti sorrisi. Idiota, non ha ancora capito che non sono una delle sue puttane.
Cedric è il tipo play boy titolare di una squadra di hockey: bello e tatuato e che ama le donne in tutte le sue sfaccettature. Il ruolo di attaccante gli conferisce un fisico tonico seppur non troppo massiccio, gli zigomi sono affilati e le labbra carnose, sicuramente provate da tutte le ragazze in cui si sono posate. Ama fare il gradasso, nonostante sia veramente un bravo ragazzo, e non smette mai di mettersi a punto ogni volta che ne ha l'occasione: non a caso è uno dei più desiderati della squadra. I suoi capelli, di un biondo dorato, sono sempre tirati indietro con del gel che li fa ricadere ai lati della fronte e, abbinati ai suoi occhioni azzurri, gli conferiscono l'aspetto di un angioletto: una carnagione dorata costellata di enormi tatuaggi, però, fa scendere drasticamente l'aura da santarellino che si è portato dietro i primi anni
-Mi spieghi che cazzo ti è successo? Il vecchio quando lo abbiamo chiesto ci ha sbraitato di farci i cazzi nostri-
Si poggia a una colonna in mattoni, che hanno un colore tendente all'arancione, e incrocia le braccia completamente disegnate sotto al petto: questo non fa altro che evidenziare, grazie anche alla t shirt nera che porta, i suoi discreti bicipiti.
Immediatamente lo fulmino con lo sguardo
-Potrei risponderti la stessa cosa-
Con sguardo sospettoso, Cedric inizia a squadrarmi dall'alto al basso alzando un sopracciglio e, dopo secondi di ispezione, esordisce con
-Da quanto è che non scopi?-
Dio, ma questo pensa solo alla figa? Dei gemiti lontani e una sensazione umida sulle labbra mi affiorano da alla mente e, immediatamente, scuoto la testa per scacciare quei ricordi. Per dimenticarmi dell'ultima volta in cui ho fatto l'amore
-Stai zitto, idiota-
Neanche lo guardo mentre cerco di inalare più aria possibile per tranquillizzarmi
-Ho qualche ragazzina che farebbe carte false per farti un pompino, se vuoi..-
Immediatamente mi giro di scatto lasciando cadere il borsone a terra
-Attento, Cedric-
Nonostante il nostro attaccante sia ben piazzato, anche se sono dimagrito, io rimango più alto e largo di lui, quindi non mi è difficile sovrastarlo. Il numero 90 dei Boston Bruins sa quanto può tirare la corda e, evidentemente accorgendosi che non è aria, alza appena le mani in segno di resa
-Va bene, cap, volevo sollevarti un po' il morale-
Non degnandolo di una risposta, mi dirigo a riprendere il mio borsone e, non appena torno a girarmi nella sua direzione, becco Cedric a guardarmi con aria pensierosa
-Will, va tutto bene?-
Cazzo, lo preferivo quando parlava di figa. I suoi occhi azzurri si riempiono di compassione e mai come ora vorrei tirargli un pugno: apprezzo veramente che si preoccupi per me, dico davvero, ma non ho bisogno della pietà di nessuno. Tantomeno di quella di Cedric
-Benissimo-
Sibilo. Sono consapevole di non essere stato minimamente convincente, ma sono altrettanto felice che il mio compagno di squadra abbia recepito il concetto: infatti, poco dopo, mi dice
-Dai, allora entriamo, cap-
Senza rispondere, mi limito a seguirlo all'interno del palazzetto.
Dio, quanto mi era mancato. Il rumore di pattini che tagliano il ghiaccio è musica per le mie orecchie e perfino sentire le urla del vecchio riesce a strapparmi un abbozzo di sorriso. Mi guardo intorno e osservo gli spalti completamente vuoti, le tribune d'onore e il tabellone spento oramai dall'ultima partita che si è tenuta giusto ieri; ho saputo che i ragazzi hanno vinto, anche se non avevo molti dubbi: in questo campionato siamo stati quasi perfetti

Mi piacerebbe venire a vederti, un giorno

Cazzo, stai zitta
-Ecco chi si è degnato di ripresentare il suo culo sul ghiaccio-
Il coach Miles arriva a grandi passi verso di me con la sua solita aria incazzata. Noi lo chiamiamo "vecchio", ma in realtà è un affascinante uomo sulla cinquantina, dai capelli brizzolati, gli occhi dello stesso colore del ghiaccio e un fisico che, probabilmente, ha invogliato molte madri dei pulcini a venire a vedere gli allenamenti dei figli. È sempre stato un mio confidente e mi ha seguito da quando ho mosso i primi passi sui pattini, eppure non ha mai esitato a punirmi duramente ad ogni mio sbaglio: probabilmente è ciò che di più simile a un padre io abbia mai avuto
-Vecchio-
Lo saluto con un accenno di sorriso, lui però, come al solito, non ricambia.
Un profumo familiare arriva alle mie spalle e, senza neanche avere bisogno di girarmi, riconosco immediatamente Alan. Serro così forte la mascella da farmi male ai denti
-Salti le ultime tre partite senza dare una cazzo di spiegazione e te ne torni qui come se nulla fosse? Nessuno è indispensabile, William, tienilo bene a mente-
Ribadisce il coach incrociando i bicipiti gonfi sotto il petto
-Ho avuto delle costole incrinate e sono stato allettato per un bel po'. Nell'incidente mi si è anche rotto il cellulare-
Piccola bugia, Josh non me lo ha mai restituito
-E i cazzoni dei tuoi fratelli non hanno pensato di chiamare qualcuno e informarlo?-
-Ti stupisci che non l'abbiano fatto?-
Rispondo io di rimando. Lui, conoscendo già la risposta, si limita a scuotere la testa con fare energico
-So per cosa sei venuto qui e non garantisco che ti lascerò giocare nell'ultima partita questo fine settimana-
So che quando vuole punirmi lo fa davvero e non mi stupisce che stia pensando di non lasciarmi più toccare il ghiaccio fino alla prossima stagione: so anche, però, che sono il suo miglior difensore e che gli costerà caro mettermi in panchina nel match decisivo
-Ti devo parlare-
Gli dico. Il vecchio alza sospettoso un sopracciglio mentre una sonora pacca sulla spalla mi arriva da dietro
-Ehi, Scorpio. Hai deciso di farti vivo?-
Dean, un novellino arrivato a inizio campionato: un ottimo portiere, adatto per sostituire lo storico Kendall che ha abbandonato lo squadra dopo un brutto infortunio.
Scorpio è un nome che mi è stato dato dai cronisti, quando qualche stagione fa feci vincere la mia squadra all'ultimo secondo: nell'esultare, in contemporanea con il fischio finale, mi sono tolto maglietta e imbottiture varie mostrando l'enorme scorpione che ho tatuato sulla schiena. Solo i più giovani mi chiamano così.
I suoi capelli rossi mi brillano davanti e così i suoi occhi verdi acqua, circondati da grandi lentiggini color cioccolato: il suo sorriso è radioso e un po' invidio la sua spensieratezza
-Dean-
Lo saluto con un cenno del mento per poi tornare a guardare il coach
-Io non ho intenzione di giocare se non prendi una posizione-
Il vecchio, dal canto suo, sembra innervosirsi abbastanza alla mia affermazione
-Parla-
-O Alan se ne va da questa squadra o me ne vado io-
Seppur non lo abbia neppure voluto vedere, lo sento sussultare dietro di me. Il figlio di puttana credeva che avrei dimenticato, che avrei perdonato? Mai. Questa è solo la prima delle rovine che porterò nella sua vita.
Il coach si avvicina e la vena sulla fronte, tipica di quando ci sgrida durante il break, inizia a gonfiarsi notevolmente, mentre il viso prende un colorito purpureo. Afferrandomi per il colletto della maglietta, mi guarda dritto negli occhi mentre sbraita
-La caduta ti ha dato alla testa, Dormer?! Sei diventato qualcuno grazie al sudore del mio culo e, come tale, posso farti sparire dalla scena dell'hockey in un secondo. Non sei tu a dare ordini, qui, intesi?!-
Mi aspettavo una reazione del genere e, da una parte, non posso che dargli ragione: nessuno è indispensabile, questo me lo ha sempre insegnato, ma non posso accettare di condividere la mia pista con lui. Con il mostro che ha portato via la mia donna
-Non intendo cambiare la mia idea. Capisco la tua logica, vecchio, eppure non mi smuovo. Dovrai scegliere-
Lui sa che qualcosa è accaduto, lo capisco da come studia il mio volto e il mio sguardo. Miles conosce molto della mia storia, molto spesso aveva avuto a che fare con il bruto di mio padre ed era stato proprio lui a pagarmi gli allenamenti per i primi anni da agonista. Probabilmente, pur non sapendo cosa è successo, comprende che la situazione sia grave ma,nonostante ciò, non può però perdere la sua autorità davanti ai novellini
-Queste sono cazzate, William. Tu non vai da punte parti, e nemmeno Alan-
Con un sorriso appena accennato sulle labbra, mi scosto dalla sua presa con brutalità, e lascio cadere il borsone a terra. Nel silenzio totale il rumore delle mie cose che cadono rimbomba in tutto il palazzetto e, girandomi volta verso Alan, lo vedo guardarmi con occhi sgranati. È la prima volta che ci rincontriamo da dopo quel giorno, il giorno in cui la mia vita ha perso senso
-Vediamo se riesci a farli vincere-
Faccio per andarmene, ma un urlo mi fa bloccare sul colpo
-Dormer, Thompson, nel mio ufficio, adesso!-
Con uno sguardo eloquente, invito Alan a precedermi e, lasciandoci indietro gli altri compagni di squadra, facciamo come richiesto.
Una volta entrati nella camera del coach, ci sediamo, come lui ci suggerisce con un segno della mano
-Spiegatemi che cazzo succede-
Nessuno di noi due parla
-Ragazzi, porca puttana, non ho intenzione di fronteggiare una situazione del genere. Abbiamo una partita fondamentale per il campionato questo fine settimana e pretendo una squadra unita-
Dice il coach cercando di mantenere la calma
-Io ho detto le mie condizioni. Non deve starmi vicino, o giuro che lo ammazzo sul ghiaccio facendolo sembrare un incidente-
Sibilo. Nella stanza cala il silenzio
-Ragazzi, se non mi dite che cosa è successo sbatto fuori tutti e due-
Con un pizzico di soddisfazione, mi giro verso Alan con un piccolo sorriso sulle labbra: sei fregato, stronzo. Se parli, verrai buttato fuori, se non parli lo saremo entrambi
-Non ho intenzione di raccontare mia vita personale con voi-
Dice irrigidendosi sulla sedia e sistemandosi un ricciolo biondo andato fuori posto
-Se vuoi posso farlo io-
I miei occhi non sono più gli stessi: no, in questo momento sono solo due pozzi senza fondo. Con un'espressione di puro odio, il mio vecchio amico scuote energicamente la testa prima di alzarsi e ribaltare la sedia dietro di se
-Me ne vado. Non ho intenzione di proseguire oltre-
-Vecchio, lasciaci soli-
Ribadisco alzandomi e facendo cadere anche io il pezzo di plastica a terra. Nonostante un'iniziale esitazione, Miles fa come richiesto e se ne va, chiudendo la porta dietro di se
-Sei un figlio di puttana!-
Urla il biondino provando a spintonarmi, ma io non mi muovo di un millimetro
-E tu sei un assassino-
Sibilo, con una voce che sembra provenire dall'oltretomba
-Come il tuo fratellino psicopatico-
A queste parole, il pugno sembra partire da solo. Un rumore straziante di ossa rotte invade la stanza non appena le mie nocche si schiantano sul suo naso. Alan, preso dal dolore, si regge immediatamente il naso sanguinante e fa per accasciarsi, ma io lo afferro al volo per il colletto della maglietta. A pochi millimetri dal suo volto sussurro, con la voce roca
-Questo è solo il primo passo, Alan. Appena avrai qualcuno o qualcosa che ami, che sia una moglie, un padre o perfino una figlia, sappi che io sarò dietro di te, pronto a portarti via tutto davanti agli occhi. Che si tratti di una bambina, un vecchio o un animaletto, ucciderò la persona che più ami, ancora, ancora e ancora, fino a che non potrai fare altro che ammazzarti dal dolore che ti ho causato. E, se e quando vorrai vendicarti, sappi che morirò felice, sapendo di averti tolto tutto-
E poi, senza dire altro, lo allontano con uno spintone, talmente forte da fargli battere la schiena contro il muro. Sono abbastanza convinto che se ne andrà via con la coda tra le gambe, fino a che, sull'uscio della porta, si gira lentamente verso di me
-Da oggi hai un nemico, Dormer-
Con un lieve sorriso, gli rispondo mostrando i denti
-E tu una ghigliottina sopra al collo, Thompson-
Detto ciò, si limita ad andarsene, schivando tutti i compagni di squadra che gli si mettono davanti riempiendolo di domande. A calmare gli animi, c'è proprio il vecchio che, lanciandomi un lieve sguardo contrariato, torna a sbraitare, come ai vecchi tempi
-ANDATE A METTERVI QUEI PATTINI PRIMA CHE VE LI FICCHI SU PER IL CULO! CHI NON È IN PISTA TRA UN MINUTO, FARÀ IL DOPPIO DELLE FLESSIONI A FINE ALLENAMENTO!-
Così, con il cuore un po' più leggero dopo giorni, corro a prepararmi nello spogliatoio.

Non appena torno a casa l'atmosfera è talmente surreale che, per poco, non mi domando se siano tutti morti: solitamente sento Lima che ascolta la sua musica o Ethan che si allena nella palestra, oppure qualche tv accesa, invece, adesso, il silenzio è quasi assordante. Solo dopo qualche minuto, sento delle voci molto basse provenire dalla cucina: immediatamente seguo il suono.
Arrivato a destinazione, vedo Ethan e Luke seduti al tavolo con la testa tra le mani e Lima che si para davanti a me offuscando la vista dell'enorme televisore al plasma
-Lima...-
Sussurra Ethan, come a volergli dire di essere delicato, o qualcosa del genere. Nostro fratello maggiore non pare neanche sentirlo mentre, con un tono che non so identificare, in pochi secondi mi dà la notizia più sconvolgente della mia vita
-Hanno eletto il nuovo sindaco-
Senza neanche il tempo di farmi metabolizzare, Lima si sposta di scatto e nel televisore davanti a me dei capelli biondi e due occhi azzurri, limpidi come il più bello dei laghi, si palesano proprio difronte a me.

Skull        (Dormer's series #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora