Il team

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Eveline's Pov
-Mi dispiace anche per gli allenamenti. So che a breve avrai la partita decisiva del campionato-
Borbotto mentre accompagno Will a fare un giro nella nostra base
-Tranquilla, mi rimetterò in sesto giusto per quella. Per quanto riguarda le altre, beh, ho una valida squadra che potrà sostituirmi negli altri match-
Risponde lui con non chalance alzando appena le spalle. Zoppica, eppure ha insistito a non volere nessun tipo di appoggio: ogni tanto mi viene da prenderlo a pugni quando fa così tanto l'orgoglioso. Evidentemente non ha capito che la prima volta che ho veramente realizzato di essere innamorata di lui è quando l'ho visto implorare il mio perdono e piangere come un bambino in fasce
-Mi piacerebbe venire a vederti, un giorno-
I suoi occhi si illuminano quando pronuncio queste parole e un sorriso radioso nasce sulle sue labbra
-Ne sarei veramente felice-
Ricambio raggiante il sorriso e, prendendolo per mano, mi dirigo verso le stanze dei miei collaboratori
-Spero che i tuoi fratelli non facciano cose avventate quando vedranno che non hai più dato segni di vita-
Borbotto stringendo la presa
-Tranquilla, domani tornerò da loro e inventerò qualche tipo di scusa-
Si limita a rispondermi lui accarezzandomi con il pollice il dorso della mano.
-Beh, ci tengo a farti vedere il quartier generale. Ne abbiamo un altro, poco lontano da qui, ma questo ha il nostro cuore-
Sussurro appena mentre, con un inquietante cigolio, apro la porta che si palesa davanti a me: l'odore di chiuso mi invade le narici e devo trattenermi dal fare un conato di vomito. È la prima volta che ci entro da più di un anno e, devo ammettere, che tutto è rimasto esattamente come me lo ricordavo.
La camera è piccola e ben organizzata, minimal ma con quel tocco in più che la rende unica. Le pareti, dipinte di un asettico bianco, sono costellate da decine di poster con personaggi degli anime o delle sue serie preferite, il pavimento, in un legno di colore pallido, è lucido ma con un piccolo strato di polvere depositato al di sopra, mentre in un piccolo angolo del pavimento sono accuratamente disposte delle armi da fuoco, tutte nell'apposita custodia. Il letto, da una piazza e mezzo, è ben fatto, l'armadio a due ante è chiuso e se ne sta in un angolo, la scrivania è ordinata con al di sopra un plico di fogli che non verranno mai analizzati e, vicino al letto, sopra un comodino, giace una nostra foto in una cornice colorata, anche questa coperta dalla polvere.
Non riesco a trattenere un singhiozzo mentre non ho la forza di oltrepassare l'uscio: il suo odore mi arriva prepotentemente, oltre il puzzo di muffa, alle narici e potrei giurare di sentire lo spettro della sua voce che mi chiama per farmi entrare
-Questa..-
Dico con un suono strozzato
-...era la camera di Mark-
Per un lungo momento Will si limita a stringere con forza e determinazione la mia mano, senza forzarmi ad entrare o a parlare, mentre osserva l'ambiente che lo circonda; qualche minuto dopo, però
-Parlami di lui, della sua vita-
Probabilmente è una domanda che non mi sarei mai aspetta e, improvvisamente, un fascio di lacrime preme per uscirmi dagli occhi con una certa insistenza. Inizialmente esito, ma poi rispondo
-Non so dirti chi era Mark prima di me, dico davvero. La nostra filosofia è quella di non parlare del passato, ma pensare al presente. Oggi avrebbe avuto 28 anni, suo fratello invece ne ha 35-
Lui annuisce appena mentre tiene gli occhi puntati nei miei, serio e, ne sono sicura, divorato dai sensi di colpa
-Tutti abbiamo fatto o passato cose orribili, qui. D'altro canto, per fare il nostro lavoro serve un certo stomaco. So solo dirti che lui e Josh erano orfani e che, quando li ho conosciuti, avevano rispettivamente 11 e 18 anni: facevano entrambi i corrieri per l'azienda di mio padre e si guadagnavano così da vivere-
Con sguardo interrogativo, Will mi interrompe
-Mark non ti ha mai parlato di nulla?-
Sospiro mentre scuoto appena la testa, le lacrime che cominciano a scendere lentamente lungo le guance
-Mi è sempre sembrato che volesse, ma ogni volta si tirava indietro e io non ho mai insistito. Con il passare del tempo, sono giunta alla conclusione che non volesse parlarmene a causa di suo fratello-
Prendo un respiro profondo prima di continuare
-La cicatrice di Josh era relativamente fresca quando lo abbiamo conosciuto: credo che abbia fatto qualcosa che non voglia raccontare e che abbia chiesto a Mark di mantenere il segreto. C'è da dire però che se siamo riusciti ad arrivare qui a Boston è solo per merito suo e delle persone che avevano paura di lui-
Voltandomi, lasciandomi la stanza buia alle spalle, guardo dritta davanti a me mentre concludo
-È stato tanto tempo fa, ero convinta di poter realmente fare qualcosa, ma la verità è che senza Josh e Chris a coprirmi le spalle, probabilmente mi sarei solamente fatta ammazzare-
William annuisce silenziosamente con il capo e io, con un gesto netto, chiudo la porta dietro di me, dirigendomi alla prossima
-Qui è dove dorme Josh-
Accenno, senza però aprirla
-E qui accanto c'è Chris-
Dico indicandola con il campo. Precedendo la domanda di Will, dico, abbassando la voce
-Neanche di lui so nulla e non ho neanche mai voluto chiedere. Le uniche informazioni in mio possesso me le ha date quando ero veramente piccola: a 9 anni è entrato in fabbrica, a causa dei debiti del suo padre defunto, e ne è uscito solamente 10 anni dopo, quando l'ha fatta saltare in aria. Non ho mai saputo che cosa ne fosse stato dei suoi genitori e neanche a quanto ammontasse il debito, quanto altro avrebbe dovuto lavorare. Adesso ha 36 anni-
Mi inumidisco il labbro inferiore con la lingua, per poi continuare
-Come avrai notato, non è un tipo di molte parole: dice solamente ciò che è essenziale e quello che si sente. Se non me ne ha mai parlato, evidentemente non ha mai sentito la necessità di farlo-
-Ma non potresti scoprire tutto su di loro? Insomma, tutti lasciamo tracce e, come hai fatto per la mia famiglia, potresti benissimo compiere delle indagini su di loro-
Mi dice Will inarcando appena un sopracciglio; di rimando, io sospiro accennando appena un sorriso
-So che potrei farlo, ma non vedo perché dovrei. Tutti quelli che abitano qui sono miei fratelli e, come tali, rispetto la loro privacy e il loro passato, che non mi riguarda in nessun modo. Non le riterrò mai persone più o meno valide a seconda di ciò che hanno fatto prima di me: anzi, se devo dire la verità non mi interessa proprio. Se vogliono parlarmene, lo faranno, altrimenti aspetterò i loro tempi-
Sentenzio guardandolo di sbieco. Senza aspettare una sua risposta, avanzo verso due enormi saloni
-Qui c'è la palestra, che continua anche nel piano sottostante-
Accenno indicando la porta a vetri che mostra tutti i nostri macchinari di ultima generazione e un piccolo ring al centro dello spazio; poco più in là, le scale per arrivare al piano inferiore
-e qui c'è la cucina con la sala da pranzo. È piccola, ma confortevole-
Sorrido appena al pensiero di tutte le cose che questa cucina ha visto nel corso degli anni: le litigate, le risate, i nuovi arrivi e le discussioni sulle missioni più difficili. Il tavolo bianco in marmo, abbinato alle delicate sedie di vetro, fa da padrone alla stanza, mentre, lungo il perimetro, giacciono i fornelli e un grande frigorifero color argento. Anche qui, il pavimento è in legno chiaro, mentre le pareti sono dipinte di un bianco freddo
-È molto bella-
Sentenzia Will ricambiando calorosamente il mio sorriso. Annuisco appena e, senza indugiare oltre, proseguo
-Qui, beh... c'è...-
Borbotto osservando la porta nera che conduce alla stanza dove William è stato picchiato ieri
-La sala delle torture-
Conclude lui con un piccolo ghigno divertito
-Beh, si, puoi chiamarla così. Qui accanto invece c'è la sala operatoria dove sei stato tenuto stanotte-
Dico non soffermandomi troppo sulla stanza completamente asettica che ha visto veramente delle brutte ferite, nel corso degli anni
-Proprio qui, adiacente a questa, c'è la camera di Penny, la nostra doc-
Continuo indicando la sua porta
-Quella rossa?-
Chiede perplesso Will, suscitandomi un piccolo sorrisetto
-Sì, lei. L'abbiamo trovata in New Jersey, in una fabbrica abusiva. Aveva 17 anni, adesso 20: era molto piccola quando si è unita, infatti è l'ultima arrivata. Lì ha sempre curato i suoi compagni con ogni mezzo a sua disposizione e, con i nostri finanziamenti per farle studiare privatamente medicina già da piccola, è presto diventata la dottoressa della compagnia. Purtroppo ha ancora molto da imparare, ma intanto sa dare le cure di primo soccorso in modo eccellente-
Sentenzio, passando immediatamente all'altra stanza
-Akari, 27 anni. Una tipa molto particolare, ma forte e determinata. Ha dei solidi principi morali e, ti assicuro, è meglio averla dalla tua parte-
Will annuisce convinto e, con un tono di voce grave, borbotta guardando la maniglia
-Non so perché ma me lo ero immaginato-
Ridacchio appena mentre riprendo a raccontare
-È nata a Seul e ha frequentato per anni l'accademia militare. È entrata da giovanissima nella marina ma la realtà che si era trovata davanti non era quella che si aspettava: un sistema corrotto che non prendeva in considerazione nessuna delle sue denunce. Per anni ha provato ad allertare chi di competenza di tutti gli stabilimenti che commerciavano o sfruttavano esseri umani, ma nessuno le ha mai dato ascolto. Entrando nel mercato nero per smantellarlo, ha sentito parlare di noi ed è riuscita a trovarci. Da allora fa parte della compagnia-
-Siete persone dall'animo grande-
Sussurra William mentre mi segue, passando alla camera di fronte
-Siamo persone che hanno visto o vissuto troppa merda per rimanere indifferenti. Non siamo brave persone, Will, siamo mostri dalla parte giusta-
Sentenzio prima di parlare degli ultimi componenti
-Paulo e Joana, rispettivamente 27 e 22 anni-
Mi mordo appena il labbro inferiore mentre sento le zampette di Chimera, dentro la stanza della sua padrona, muoversi allegramente
-Li abbiamo trovati in una miniera in Brasile, Joana è nata lì. Sono stati i primi ad unirsi alla compagnia, non appena li abbiamo liberati tutti. Paulo in poco tempo è diventato un mago dell'informatica, Joana una vera combattente. Non oso immaginare cosa abbiamo dovuto passare-
Sussurro mentre mi dirigo verso la fine dell'appartamento, alla mia stanza. William si guarda intorno e sembra veramente spaesato
-Deve essere stata dura-
Dice lui continuando a guardarsi intorno
-Già, davvero. Questa è la mia camera-
Apro appena la porta e la stanza, molto simile a quella di Mark, con molti più libri al posto dei poster, risulta inutilizzata ma luminosa. Qualcuno deve aver pulito molto recentemente, qui
-Nulla di eccezionale, lo so-
L'odore di nicotina è sempre persistente e un piccolo sorriso mi spunta sulle labbra: se devo trovare un lato positivo nell'essere stata rapita, è quello che ho quasi smesso di fumare
-Mi piacerebbe venire in questa camera, magari passare qualche notte con te-
Dice Will abbracciandomi da dietro, come se, al posto di una triste stanza di un'orfana, stesse vedendo qualcosa di genuinamente bello. Sorrido davanti all'immagine che mi si pone davanti agli occhi e, con voce sottile, quasi commossa, rispondo
-Piacerebbe molto anche a me. Quando vorrai, potrai sempre venire e qui troverai la porta aperta-
Lui, delicatamente, mi da un bacio sulla testa e si allontana con finto disinteresse, lasciandomi chiudere la porta della stanza
-Beh basta che non mi picchierete ancora, quando tornerò-
Dice con un ghigno
-Oh beh, questo non posso garantirtelo-
Rispondo sorridendo, dirigendomi nell'ultima porta della villa, esclusi ovviamente i sanitari, che sono privati per ogni camera
-Qui c'è un'altra palestr...-
-Eveline-
Una voce dietro di noi mi fa sussultare e, non appena vedi Josh arrivare di corsa, il mio cuore salta un battito
-Joana...-
Dice oramai senza fiato: io e William ci scambiamo uno sguardo di puro terrore
-Joana, cosa, Josh?-
Urlo afferrandolo per la spalla. Senza neanche avere il tempo di sentire la sua risposta, che, dalla porta che conduce ai nostri alloggi, esattamente dopo il portone principale, sputano numerose facce fin troppo familiari.
Luke, Lima, Ethan, Alan, Olivia e Cloe, sono proprio davanti a noi, con le pistole sguainate. I problemi però non finiscono qui: il gemello di William tiene la sua arma puntata sulla tempia della mia amica.
Dio, questo è un incubo che non finisce più.
Presa dal panico, istintivamente afferro due coltelli dalla mia cintura e il mio amico  prende al volo la sua glock
-William, che cosa significa questo?-
Non lo guardo neanche, no, i miei occhi sono puntati dritti in quelli della mia compagna
-Io...io non ne so nulla-
Borbotta lui. Che lui sapesse? Che ne fosse al corrente? No, non posso credere una cosa del genere; ma allora, perché chiedermi così tante informazioni sui miei compagni? Perché insistere per visitare il posto proprio oggi, proprio adesso? Riesco a malapena a respirare e per questo decido di accantonare momentaneamente questi pensieri: no, Will non lo farebbe mai
-Josh, gli altri?-
-Sono all'altra base a prendere dei fascicoli: qui siamo solo noi tre-
Bene. Almeno sono in salvo
-Forse non era chiara questa parte del contratto: dopo i soldi dovevate restituirci anche nostro fratello...-
Esordisce Lima guardando dritto verso di me
-...intero-
Conclude squadrando con un filo di preoccupazione, mai vista nei suoi occhi, Will.

Skull        (Dormer's series #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora