1. Il nuovo compagno di classe

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Schifo.

Disgustoso.

Inguardabile.

Era esattamente quello che pensavo quando mi guardavo allo specchio. Per giunta, ero così magro che mi si vedevano le ossa. Facevo ribrezzo persino a me stesso e gli altri... beh, facevano perno su quella mia fragilità per prendermi in giro. Non ero mai stato a mio agio col mio corpo e gli sguardi accusatori dei miei compagni di scuola non facevano che peggiorare le cose.

Gli insegnanti non se n'erano mai accorti, degli innumerevoli atti di bullismo che sopportavo ormai da anni, poiché quei furbacchioni ne approfittavano nei cambi d'ora, durante la pausa pranzo... Insomma, ogniqualvolta non ci fosse un adulto presente. Ero oggetto di insulti da parte dei miei compagni, venivo picchiavo dai miei compagni perché, a detta loro, "me lo meritavo" e subivo, subivo e basta. Non mi ero mai ribellato, non ne avevo il coraggio e temevo che, così, la mia situazione sarebbe peggiorata ancora di più.

L'unico amico che avevo, Lee Felix, me lo diceva continuamente, di dirlo a qualcuno, ma io avevo troppa paura per farlo. Permettevo ai miei compagni di farmi quello che volevano e, a un certo punto, era divenuto parte della mia quotidianità. Tutto ciò, finché, un giorno, arrivò un nuovo compagno in classe.

Era nuvoloso, quel giorno. Il che demolì ancora di più il mio umore, essendo che era lunedì. Non avevo minimamente intenzione di alzarmi dal letto, ma la sveglia stava strimpellando da più di un quarto d'ora, e se avesse continuato ancora per un po' sarei impazzito. Dunque, mi sforzai ad alzarmi e spegnere quel dannato aggeggio sul mio comodino. Diedi pigramente un'occhiata all'orario. Il mio cellulare segnava le 7:27.

«Oh cazzo ma è tardissimo!»

Scorrendo sullo schermo trovai decine di messaggi e chiamate del mio migliore amico che mi stava aspettando sotto casa per andare a scuola da più di 20 minuti.

Tirai fuori dall'armadio i primi vestiti che mi capitarono sotto gli occhi e mi ficcai dentro al bagno per farmi una doccia. Fu la doccia più veloce della mia vita. Non guardai nemmeno per sbaglio il mio riflesso allo specchio. Non volevo mettermi a piangere già di prima mattina. Avevo optato per una felpa nera oversize e un paio di jeans neri. Semplice, ma efficace. Non feci nemmeno colazione.

Primo, perché non ne avevo il tempo.
Secondo, perché non avevo minimamente fame.
Terzo, Felix mi avrebbe preso a schiaffi se l'avessi fatto attendere un minuto di più. E fidatevi, quando Felix si arrabbia fa veramente paura.

Quando giunsi sull'uscio della porta mi bloccai, sentendo la schiena più leggera del solito. Avevo dimenticato di prendere lo zaino. Di nuovo.

Corsi a recuperarlo da sotto al letto, ci infilai dentro qualche libro e uscii. Non avevo nessuno a casa, da salutare. I miei genitori erano morti in un incidente stradale lo scorso anno e, siccome ero maggiorenne, vivevo da solo, ricevendo ogni mese un po' soldi dalla mia zia in Malesia. Abbastanza soldi da permettermi di continuare a vivere. Se quella che avevo io potesse chiamarsi veramente vita.

«Ah finalmente sei arrivato, Jis! Eri morto sotto al letto, per caso?» mi rimproverò il biondo, non appena mi vide uscire dalla porta di casa con le mani sui fianchi come se fosse mia madre.

«Non ho sentito la sveglia.» la buttai lì.

Felix alzò lo sguardo al cielo.
«Si, certo. E io sono la fatina dei denti.» rise alla sua stessa battuta e mi diede una pacca sulla spalla. «Forza, andiamo. O il professor Kim se la prenderà con noi un'altra volta.»

Il tragitto per andare a scuola era abbastanza breve, infatti impiegammo appena 15 minuti a piedi per arrivare davanti all'edificio. Eravamo arrivati giusto in tempo che la campanella della prima ora risuonò per tutto l'istituto.

"I'm yours" || MinsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora