26. Casa in montagna

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Da quel giorno, sentivo il cuore un po' più leggero, senza quel senso di pesantezza che gravasse su di me, il timore che quell'uomo non avesse la sentenza che sapevo si meritasse di avere. Tolto quel peso di dosso, però, avevo ancora ben altri problemi con cui mi sarei dovuto fronteggiare.

Primo tra tutti, era il cibo. Avevo ripreso, pian piano, il mio piano alimentare, dettato dalla mia dietologa, quasi interamente, mi stavo veramente sforzando in ogni modo a cercare di mangiare quanto più il mio stomaco riusciva a sopportare, senza incorrere a vomitare, però.

Inoltre, avevo parlato al mio psicologo di ciò che avevo vissuto in prima persona in quei giorni infernali, piangendo tutto il tempo e avendo anche una buona dose di attacco di panico subito dopo. Gli ho anche raccontato di come, dopo quel periodo, ero terrorizzato dal contatto di chiunque tranne che di Minho e Felix, le uniche persone più vicine a me e di cui, il mio stupido cervello, non aveva paura, riconoscendole come persone di cui potersi fidare.

Namjoon aveva ascoltato il mio discorso, con molta attenzione, facendomi domande del tipo cosa provavo quando qualcuno di estraneo mi toccasse e rispondevo che, in automatico, scattavo via il più lontano possibile come se ne fossi rimasto scottato, avvertendo la nausea, vertigini, tachicardia, attacco di panico, un po' di tutto insomma.

Dopo alcune sedute, nelle quali mi chiedeva spesso cose di quel genere che capitavano veramente ogni giorno ad ogni minimo contatto umano, Namjoon mi disse qualcosa che mi rimase impressa.

«Jisung. Voglio essere sincero... con te. Il modo in cui reagisci al contatto umano è perché hai subito un trauma particolarmente pesante, questo penso sia ben chiaro, e il tuo cervello cerca di proteggerti in qualche modo isolandoti da chi ti è estraneo. Ora, però, devo dirti una cosa importante. Dopo attente analisi e averne parlato spesso con te, posso confermare che, purtroppo, tu ... soffri di afefobia, paura del contatto fisico. D'ora in poi adotteremo una terapia a parte per quel problema, va bene?»

Ciò era accaduto appena una settimana prima, le sue parole mi riecheggiavano in testa di continuo. Mi aveva anche detto che, per fortuna, non era una forma così grave della fobia, poiché lasciavo che almeno le persone di cui mi fidassi ciecamente mi toccassero senza avere alcun problema. Certo, ci avevo messo qualche settimana dopo averci pianto sopra come un bambino, ma, alla fine, ci ero riuscito.

Quella mattina di dicembre, non iniziò proprio nel migliore dei modi senza contare la divina bellezza del moro accanto a me. Appena sveglio mi ero beato della bella vista di Minho che mi teneva stretto a sé, coccolandomi con tanto amore e affetto sincero. Dopodiché, però, mi toccava fare la doccia, puzzavo da morire e non volevo far spaventare Minho con un odore poco piacevole.

Entrai dentro la cabina della doccia, mi lavai abbastanza lentamente, più del mio solito, ma soltanto perché avevo ancora le ferite che mi bruciavano terribilmente nonostante fosse passato più di un mese da quando mi erano state inferte. Per mia fortuna, però, da quella mattina non avrei dovuto più mettere le bende, da quello che mi aveva riferito il medico, dovevo semplicemente passarci sopra una crema almeno due volte al giorno.

Dopo essermi sciacquato per bene, uscii, rendendomi conto solo allora di aver scordato l'accappatoio per poter coprire quell'oscenità di corpo che avevo e quindi ero completamente nudo in mezzo alla stanza.

Mi stavo pettinando alla cieca i capelli umidi, camminando avanti e indietro, immobilizzandomi per ciò che vidi dinanzi ai miei occhi.

Durante il periodo trascorso in ospedale, avevo cercato in ogni modo possibile e immaginabile di evitare di specchiarmi, su qualsiasi superficie riflettente. Ero riuscito non guardarmi per quasi 3 intere settimane, giungendo quasi praticamente alla fine di dicembre. Se prima ero terrorizzato dal guardare il mio corpo, sentendomi a disagio e nauseato alla minima occhiata, non osavo immaginare cosa sarebbe accaduto se mi fossi visto allo specchio dopo quei giorni infernali che mi avevano rovinato dall'interno.

"I'm yours" || MinsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora