28. Sotto le stelle

202 17 88
                                    


Mi sentivo fortemente in imbarazzo, più del solito.

Da quando avevo fatto quel piccolo succhiotto al collo di Minho, non riuscivo a guardarlo in faccia senza diventare rosso in viso come un pomodoro. Non che prima non accadesse già, ma di certo con meno frequenza rispetto a quei giorni in montagna.

Dalla serata del falò erano trascorsi alcuni giorni durante i quali praticamente avevamo fatto ogni sorta di gioco da tavolo, che fosse di gruppo, individuale o di coppia.

Mi ero divertito come non mai, sentendomi finalmente meno teso e più propenso a divertirmi, stando comunque attento a non farmi toccare dagli altri ragazzi, che per quanto fossero simpaticissimi e tutto, avevo ancora quella terribile sensazione di ripudio verso di loro.

Era più forte di me, non potevo farci nulla.

Mi sentivo quasi in colpa, certe volte, ma non ci riuscivo proprio. L'altro giorno stavo inciampando nel tappeto lungo il corridoio del piano terra e, casualmente, di lì stava passando Hyunjin, il quale subito mi aveva preso al volo prima che ruzzolassi a terra.

Allora, una persona normale lo avrebbe ringraziato e se ne sarebbe andata tranquillamente, io, invece, mi ero scansato istintivamente da quel contatto, borbottando parole a caso e fuggito poi il più lontano possibile, nonostante la slogatura, per non far vedere a nessuno che stessi in procinto di un attacco di panico.

Minho mi aveva detto di non pensarci troppo e che, col tempo, sarei migliorato, sebbene io non avessi aspettative così alte come lui pensando invece che il mio corpo non si sarebbe mai più abituato al contatto con persone estranee a me.

Ad ogni modo, mi svegliai verso le 3 del mattino, perché dovevo andare al bagno. Fortuna che ne avevamo uno privato nella nostra stanza, altrimenti mi sarei dovuto andare a sperdere per la casa. Cosa che, in realtà, avevo già fatto, assieme a Felix che voleva avventurarsi un po' in giro e vedere qualcosa di interessante, soltanto che, dopo un paio d'ore, non riuscivamo più a tornare indietro, tanto che dovemmo chiamare Hyunjin per venirci a prendere e tirarci fuori da quel labirinto di posto.

Tirai lo sciacquone, soffermandomi un attimo a fissare il mio riflesso su quello specchio dalle dimensioni stratosferiche, che mi rendevano difficile ignorarlo con tutta la volontà di questo mondo.

Fosse per me, lo avrei già ridotto in frantumi, non potevo andare in bagno in pace che mi mettevo a fare i complessi mentali sul mio fisico e quanto volessi eliminarlo dalla mia vista per sempre.
Un modo c'era eccome, ma ero in casa d'altri e non volevo creare fastidi con una cosa del genere.

Mi tappai la bocca con la bocca, mentre un singhiozzo mi scosse le spalle, lacrime salate mi bagnavano il viso fino a sentirle con la punta delle dita.

Ma perché deve essere sempre così? Perché?

Cercai perlomeno di placare i singhiozzi, non volendo disturbare il sonno di Minho per una sciocchezza simile. Mi sedetti a terra, ginocchia al petto, il capo nascosto tra le gambe a piangere tutte le lacrime che avevo in corpo.

Mi sforzai di fare respiri lenti e profondi, la testa che mi scoppiava, il ritmo accelerato del mio cuore, un dolore insidioso in mezzo al petto che mi rendeva difficile respirare. Restai lì, a terra, per un'oretta circa, fin quando non sentii Minho bussare alla porta.

«Sungie? Sei lì dentro?» mormorò Minho, dando qualche altro colpetto.

Non ci provai nemmeno, a dire qualcosa, optando invece per fissare il vuoto con occhi vacui e pieni di lacrime che silenziosamente scivolavano sul mio viso fino alle ginocchia.

La porta si aprì, rivelando la figura in pigiama di Minho sulla soglia.

«Piccolo...»

Il moro si accovacciò accanto a me, gli occhi carichi di preoccupazione vedendomi piangere alle 4 del mattino.

"I'm yours" || MinsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora