12. Febbre

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Voglio morire.

Ero stravaccato sul letto da circa un paio d'ore, o forse anche di più, per riposarmi un po', rotolandomi a destra e manca alla ricerca di una posizione comoda per dormire ma non riuscivo a chiudere occhio. Dopo un po', mi stancai di provarci ancora una volta e decisi di dare una sbirciatina alla libreria di Minho, poiché l'ultima volta l'avevo vista solo di sfuggita e non avevo avuto modo di vedere nel dettaglio quali libri contenesse al suo interno.

Quando mi avvicinai, la prima cosa che colpì la mia attenzione fu il fatto che, a partire da giù, ci fossero tanti libri di astrologia su più di un ripiano, constatando ancora di più il suo amore per la materia, cosa di cui ero totalmente affascinato. In quelli un più sopra vidi diversi libri gialli di Agatha Christie, la mia donna praticamente, altri horror di Steven King, libri fantastici come quelli della saga di Percy Jackson.

Risalendo sempre più in alto, arrivai fino allo scaffale centrale della libreria, dove vi erano meno libri e più foto ricordo all'interno di graziose cornici bianche. Guardai una foto, riconoscendo subito il volto di Minho, molto più giovane rispetto ad adesso, doveva avere più o meno 13-14 anni lì, e mi pareva anche più spensierato, un sorriso smagliante sulle sue labbra, che abbracciava un ragazzo più piccolo di lui di qualche anno e si somigliavano tantissimo, sembravano quasi fratelli.

Potevo anche essermi sbagliato, infondo, non lo avevo mai visto in casa, poteva tranquillamente essere un cugino che era molto simile a lui o anche soltanto un amico un po' più giovane.

Ce n'erano di diverse foto così, la famiglia di Minho e questo misterioso ragazzino, tutte di qualche anno fa. Notai all'istante come Minho somigliasse davvero tanto a sua madre, avevano i medesimi lineamenti del viso, lo stesso taglio degli occhi e lo stesso sorriso; dal padre, invece, doveva aver preso la tonalità scura di capelli e il colore degli occhi.

Le osservai ancora un po', prima di ributtarmi sul letto, con zero voglia di vivere. Durante la mattinata mi ero scritto con Minho, anzi, era stato lui a prendere l'iniziativa, sebbene fosse in classe e rischiasse di essere beccato dai professori tutto il tempo. Mi aveva tenuto compagnia per un po', non facendomi sentire solo e apprezzavo l'aiuto che mi dava dando senza che io chiedessi nulla in cambio.

Era un ragazzo d'oro, in tutto e per tutto.

Sentii qualcuno picchiettare contro la porta della camera di Minho, facendomi sussultare.

«Signorino Jisung? Posso entrare?»

Era il maggiordomo di Minho. Mi faceva uno strano effetto, essere chiamato con quell'appellativo.

Signorino.

Se lo avesse scoperto Felix mi avrebbe preso in giro per il resto della mia vita.

«E-Entra p-pure...» borbottai, cercandomi di sedermi il più composto possibile per non fare una brutta figura.

La porta si aprì, rivelando dietro di essa l'uomo in divisa, capelli tirati a lucido come al solito senza una ciocca fuori posto, che mi sorrideva educatamente. «È l'ora di pranzo e le ho preparato qualcosa, proprio come mi ha chiesto il signorino Minho stamane. Appena se la sente, il pranzo è giù in salotto.» mi salutò con un inchino, prima di uscire così com'era entrato poc'anzi.

Gettai la testa all'indietro, guardando il soffitto dalla mia posizione. Quella mattina avevo mangiato poco e niente come al solito, non ero sicuro che il mio stomaco avrebbe retto un pasto completo. E poi, da solo, avevo paura che poi, dopo aver mangiato, avrei vomitato. Non ci sarebbe stato nessuno a fermarmi e avevo paura. Volevo veramente riprendere in mano la mia vita, ma, da solo, non ce l'avrei fatta...

"I'm yours" || MinsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora