8. Visita dallo psicologo

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Esistono giornate sì e giornate no.

E quella decisamente era una giornata no.

Quel giorno avevo la visita prenotata, senza il mio consenso, da Minho e Felix, dallo psicologo e non mi sentivo particolarmente pronto.

Anzi, per niente.

Oltre ciò, ero stanchissimo perché non avevo chiuso occhio tutta la notte per l'ansia, l'agitazione, le palpitazioni a mille. Ero stato dimesso appena l'altro giorno, le ferite si stavano già rimarginando, ma dovevo tenere le garze ancora per qualche altro giorno e poi avrei dovuto toglierle per fare respirare la pelle e permetterle di far cicatrizzare meglio le ferite.

Al mattino, mentre ero ancora nel letto a scorrere un po' sui social annoiato, udii il campanello suonare.

Chi poteva essere, a quell'ora?

Solo una persona potrebbe rompermi i coglioni di sabato mattina.

Controvoglia, mi alzai dalla mia comodissima postazione e andai alla porta, muovendomi a passo di lumaca, con tutta la calma del mondo, come se non ci fosse qualcuno fuori casa ad attendere che venissi ad aprire.

«Buongiorno Jis!» esclamò allegro Felix sorridendo.

Mi strofinai la mano sugli occhi, assonnato. «Che ci fai qui a quest'ora, Lixie? Ti ricordo che oggi non abbiamo scuola.»

«Non posso venire a trovare il mio migliore amico? Così mi offendi!» disse Felix mentre faceva il broncio distogliendo lo sguardo.

Non potei far a meno di ridere a quella reazione così infantile.

Appena due secondi dopo era di nuovo solare come sempre.
«Ad ogni modo,» tirò fuori la mano che teneva nascosta dietro la schiena da quando era arrivato «ho portato la colazione! Da oggi in poi la faremo insieme, d'accordo? Non so perché non ci ho mai pensato prima, in realtà... Ma si può sempre rimediare e non voglio sentire lamentele!» mi redarguì il biondo come se fosse mia madre.

Beh, in un certo senso lo è.

Sospirai amaramente.

Non me lo sarei scollato di dosso facilmente.

Negli ultimi giorni, da quando ero tornato a casa dall'ospedale, avevo provato a mangiare qualcosina a pranzo e a cena, in compagnia di Minho. Avevo vomitato solo una volta, l'altra sera, perché mi sentivo terribilmente in colpa e non ne avevo potuto fare a meno.

«E va bene, entra forza.»

Senza farselo ripetere due volte, Felix si fiondò dentro casa, togliendosi le scarpe all'ingresso, e corse fino in cucina comportandosi come se fosse casa propria.

Lo raggiunsi fin lì, vedendolo sistemare sul ripiano al centro della stanza ciò che aveva comprato al bar qui vicino. C'era un cappuccino e un croissant al cioccolato per Felix e un croissant vuoto per me abbinato a un bicchiere di latte caldo.

Mi sentivo morire in quel momento.

L'ultima volta che avevo fatto colazione era stato a casa di Minho, qualche giorno fa, e non avevo nemmeno mangiato tutto. Il castano si era offerto di fare anche la colazione assieme, tuttavia gli avevo detto, mentendo spudoratamente, che l'avrei fatta con Felix. Cosa che, negli ultimi giorni, non era successo. O almeno, fino a quella mattina. Fissai quel croissant come se fosse un alieno.

Quante calorie ci saranno in quel dolce?

Mi frullava quel pensiero in mente da quando ero entrato in cucina.

Cercavo sempre di mostrarmi forte, determinato, normale, ma alla fin fine non era nient'altro che una presa in giro che facevo a me stesso. Volevo migliorare, ma non ci riuscivo.

"I'm yours" || MinsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora