17. Passato traumatico pt.2

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(Consiglio spassionato dell'autrice se volete piangere: ascoltate "Paralyzed" mentre leggete il capitolo)

*Flashback, 5 anni fa (Pov Minho)*

Il mattino seguente mi risvegliai in un letto d'ospedale. Mi scoppiava la testa in una maniera incredibile, tanto che dovetti faticare un po' per sedermi.

Davanti ai miei occhi si ripetevano le immagini della sera precedente. Il camion, il fischio, mio fratello che mi spingeva via, lui a terra, inerme, quel sangue sull'asfalto...

Mi sentivo... spento, vuoto.

Ero completamente... paralizzato. Gli occhi fissi nel vuoto dinanzi a me, nessun muscolo che si muovesse.

Non mi mossi neanche quando entrò mia madre dentro la stanza, entusiasta che fossi sveglio e stessi, a detta sua, bene.

Come potevo stare bene?

Come potevo essere felice di essere vivo mentre mio fratello è morto all'età di 11 per colpa mia? Come potrei-

Mi passai una mano sul viso, stanco.
Ero una persona orribile, un mostro.

Meritavo solo... di morire. Morire e punire me stesso per non essere stato in grado di salvare una delle persone più importanti della mia vita.

Continuare a vivere non sarebbe servito a nulla, non con quell'enorme senso di colpa che gravava sul mio cuore.

«Tesoro, mi senti? Minho...» Mia madre mi scosse il braccio pronunciando il mio nome più volte, senza però ottenere una risposta da me.

Non l'avevo neanche guardata in viso da quando era venuta lì dentro.

«Vado a dire ai dottori che sei sveglio, d'accordo?» mi schioccò un bacio affettuoso sulla nuca, prima di uscire dalla camera e lasciarmi solo, in balia dei miei pensieri.

Una volta aver concluso gli ultimi controlli e accertamenti, assicurandosi che fossi in salute, mi dimisero dall'ospedale e, in un batter d'occhio, stavamo percorrendo la strada verso casa nostra, casa che, tuttavia, non sarebbe mai stata più la stessa di prima.

Neanche col mio migliore amico, avevo parlato, rifugiandomi nel mio silenzio per tutto il tragitto. Giunti alla nostra meta finale dopo aver parcheggiato la macchina nel vialetto sul retro, corsi dritto verso l'interno della casa.

«Minho!» gridò il mio nome Hyunjin, rincorrendomi dentro.

Avanzai fino al piano superiore, dove vi si trovava la mia stanza, sentivo la voce del corvino che mi chiedeva di fermarmi, ma non gli diedi peso. Mi chiusi dentro la mia stanza, girando la chiave nella serratura della porta cosicché nessuno potesse entrare e disturbarmi.

Avevo bisogno di stare... un po' da solo.

«Minho, apri questa porta!» disse Hyunjin picchiettando contro la porta con violenza.

Mi lasciai svogliatamente cadere sul letto, infilandomi poi sotto le coperte nel vano tentativo di riscaldarmi quando ormai non c'era più nulla, da riscaldare. Il mio corpo era morto nel medesimo istante in cui il cuore di mio fratello aveva smesso di battere, quando aveva esalato l'ultimo respiro.

Quello che avevo, ormai, era un guscio vuoto. Anche solo il fatto che stessi respirando ancora mi faceva sentire terribilmente in colpa per quel dannato incidente.

Perché era morto lui e non io?

Perché non avevo avuto i riflessi abbastanza pronti da spingere via mio fratello e lasciare che colpisse me?

"I'm yours" || MinsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora