venti.

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a casa yoongi stava pensando così tanto al minore che non riusciva a fare nulla, nemmeno a disegnare.
quel tocco, così leggero, così sincero, così pulito.
quelle sue mani d'angelo avevano toccato proprio la sua guancia.
jimin li ho visti i tuoi occhi languidi in quel gesto, hai provato tenerezza per me.
mi hai capito.
hai capito che ti volevo per me, che volevo te.
grazie jimin.

era quasi commosso.
quel ragazzino sembrava capirlo, sembrava guardargli dentro: in quel luogo oscuro dove yoongi non aveva mai fatto guardare nessuno.
voleva jimin con tutto se stesso, con tutto il cuore.
voleva prenderlo e tenerlo a sé per sempre, stringerlo tra le braccia e non lasciarlo più.
ogni secondo, ogni istante, voleva jimin, sempre.
voleva ritrarlo in ogni modo, in ogni posizione, in ogni colore esistente e su qualsiasi tipo di carta.
voleva toccarlo in ogni dove, in ogni centimetro di pelle.
voleva che fosse suo, solo suo.

yoongi fremeva all'idea di poter toccare quella pelle candida, non sulla guancia, ma sotto la maglia, dentro i pantaloni.
in tutti quei luoghi che lui aveva sempre visto come sporchi ma che, se riguardavano jimin, gli sembravano tanto puri.
voleva vederlo nudo, nudo di ogni cosa.
voleva stringerlo a sé così, sentire la sua pelle morbida e calda a contatto con la sua.
voleva passargli le mani ovunque, afferrarlo, morderlo.
yoongi desiderava jimin nel modo più ardente possibile ma, al contempo, nel modo più dolce esistente.

si sentiva sporco quando pensava a jimin in quei termini, perché lui era un angelo; ma non poteva farne a meno.
nonostante yoongi provasse a trattenersi, jimin lo eccitava da morire.
il maggiore passava nottate a fantasticare su di lui, a ritrarre quel corpo nudo che tanto si era immaginato senza mai vederlo, a toccarsi pensando al suo angelo.

quella sera fu una di quelle sere e mai yoongi fu più eccitato di così.
perché da quella carezza sulla guancia, nella testa del maggiore, era partito un mondo, non tanto adatto alla purezza di jimin ma a cui yoongi non poteva resistere.

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