Gli abbracci tranquillizzano, aiutano a respirare con calma, ti tengono al riparo dai tuoi demoni, ti donano quell'idea del "tutto andrà per il meglio".
Sdraiati sul letto e stretti in un abbraccio, Haley e Ashton si donavano un po' di quella tranquillità che avevano perso ormai da anni nelle loro vite.
Era difficile da capire o anche solo credere che loro due potessero trasmettersi tranquillità. Erano due mari in tempesta che sembravano non aver mai conosciuto la calma. Eppure erano lì, a difendersi reciprocamente dal loro passato. Ashton stesso continuava a chiedersi come fosse possibile che quella ragazza, che teneva stretta tra le braccia, potesse essere la soluzione ai suoi problemi. Ma lui sapeva di non poter essere la sua cura. La sua presenza non l'avrebbe aiutata. Si mosse leggermente, infastidito dal quel pensiero che aleggiava nella sua mente e Haley si accorse che qualcosa non andasse. Ma non era pronta a interrompere quel momento, così alzò il volto e lo guardò negli occhi con uno sguardo sereno. Era la prima volta che Ashton vedeva i suoi occhi così sereni, senza nessun velo di tristezza a coprirle quel fantastico azzurro mare. Rimase a fissarla, riprendendo la calma che quegli occhi gli trasmettevano, insieme a qualcosa che si avvicinava molto all'amore. Lo vide bene in quegli occhi, quel sentimento Haley non stava cercando di nasconderlo. E non lo disse a parole, ma i suoi occhi parlarono per lei. Ashton sospirò, stringendola nuovamente a sé. Non si fece sopraffare dalla paura per quel sentimento ma se ne beò sentendo quanto avesse bisogno di esso, quanto gli fosse mancato sentirsi amato.
Il loro magico momento di tranquillità fu interrotto da due voci provenienti dal piano di sotto.
"Lottie e mia madre, sono tornate" disse piano Ashton, mettendosi a sedere. "Tu aspettami qui." Le ordinò, per poi alzarsi dal letto e uscire dalla camera. Si chiuse la porta alle spalle e si appoggiò contro, consapevole del fatto che una volta sceso al piano di sotto, avrebbe dovuto affrontare un litigio con sua madre. Era arrabbiata con lui perché voleva che smettesse di fare quei lavori sporchi, nonostante lei non sapesse bene cosa facesse. Ma vederlo tornare a casa con quelle ferite o con dei semplici lividi le bastava per farle capire che non erano lavori normali. E lei non voleva questo per lui, ma Ashton continuava a farlo solo per lei e per Lottie, per permettere loro di avere un tetto sulla testa e non far mancare loro niente, neanche le più piccole cose. Entrambi cercavano di operare a favore della loro famiglia, ma nessuno dei due era capace di comprenderlo ritrovandosi così a litigare e far affondare giorno dopo giorno il loro, ormai apparentemente irrecuperabile, rapporto.
Scese al piano di sotto e man mano che si avvicinava alla cucina, sentì le voci farsi sempre più chiare. Sua madre era impegnata a sistemare qualcosa nei scaffali dalla cucina, quindi non lo vide arrivare. Mentre Lottie fece un sorriso raggiante e gli corse incontro. Ashton la prese in braccio, cercando di ignorare qualche piccola fitta al petto.
"Ashton, stai bene ora?" La voce di Lottie era squillante e fece sorridere appena Ashton.
"Sto bene piccola. Tutto bene a scuola?" le chiese, mettendola giù. Lottie cominciò a raccontargli della sua giornata, saltellando da una parte all'altra.
"Lottie, puoi andare un momento di sopra?" disse improvvisamente Kirsten, interrompendola. Lottie annuì e dopo aver rivolto un breve sguardo ad Ashton corse al piano di sopra, nella sua stanza.
Kirsten aspettò che la porta della camera della figlia fosse chiusa, prima di iniziare a parlare.
"Ashton, le cose devono cambiare" disse ad un tratto, appoggiando le mani all'isola della cucina, come per reggersi.
"Di cosa stai parlando esattamente?" chiese Ashton, continuano a sistemare quello che restava dentro le buste della spesa. Voleva evitare il contatto visivo con sua madre, era una cosa che non sopportava.
"In ospedale, Ashton. Ti rendi conto?" disse quasi urlando, per poi chiudere gli occhi e ispirare. Ashton si immobilizzò, cercando di gestire la rabbia.
"Ti ho detto che queste cose non ti riguardano, devi starne fuori" disse tagliante, senza guardarla.
"Sei mio figlio Ashton, mi riguardano!" urlò, con la voce tremante.
"Se vuoi che le cose cambino, inizia da te!" le urlò in risposta Ashton. "Niente più alcool, niente uscite segrete, niente!" E detto questo, i loro occhi si incontrarono. Quelli di Kirsten, velati di lacrime e colmi di dolore. Quelli di Ashton sgranati e pieni di rabbia. Il silenzio cadde nella stanza, regnando per quelli che sembrarono infiniti minuti, fino a quando sentirono un rumore provenire dalle scale.
Si voltarono entrambi e notarono Haley.
"Scusatemi, non volevo interrompervi" si scusò, affiancando Ashton. Kirsten le sorrise, come se niente fosse, ma non riuscì a nascondere il fatto che fosse sorpresa di trovarla lì.
"Ciao Haley, non mi aspettavo di trovarti qui" le disse gentilmente.
"Era con me" disse duramente Ashton, con lo sguardo puntato verso Haley. "La riporto a casa."
"Ashton, aspetta" disse improvvisamente Haley, fermandolo per un braccio. "Io non voglio intromettermi perché non sono affari miei, ma Kirsten" disse voltandosi verso la donna e guardandola dolcemente "Io sono d'accordo con lei, Ashton dovrebbe smetterla di fare qualsiasi cosa lo metta in pericolo. Ma lui lo fa per voi. Per lei, per Lottie. Per non farvi mancare nulla, nient'altro. Certo questo non giustifica il fatto che faccia quel genere di lavoro, ma non lo fa per divertimento " disse stringendo la mano di Ashton, cogliendolo alla sprovvista.
Vide gli occhi di Kirsten velarsi di lacrime e le sorrise. Ashton tentò di togliere la mano dalla presa di Haley che però la rafforzò, impedendogli di farlo.
"Haley, andiamocene" disse duramente, tentando di trascinarla.
"Ashton, ti prego. Aspetta un attimo."
"Haley, ora" disse ancora, rivolgendole uno sguardo gelido e Haley si arrese, lasciandosi trasportare dopo aver rivolto uno sguardo dispiaciuto a Kirsten e un debole sorriso.
"Ashton, aspetta un attimo." La voce della donna era debole ma dolce, non c'era neanche un velo di rabbia in quelle parole. Ashton sembrò non volersi fermare, così lo fece Haley. Puntò i piedi a terra senza mollare la mano del ragazzo, facendolo fermare di colpo.
"Haley, ti ho detto di camminare." Ashton la fissò duramente, ma lei non si fece sopraffare ancora una volta da quello sguardo.
"Ascoltala, Ashton" gli chiese quasi supplicandolo con lo sguardo e Ashton sospirò, girandosi poi verso la madre che gli rivolse un mezzo sorriso prima di continuare a parlare.
"Avevo solo paura di perderti, Ashton. Come con tuo padre" iniziò la donna, facendo qualche passo verso di lui. "Tu e Lottie siete tutto ciò che ho e che voglio avere. Mi sono sempre sentita in colpa per non avervi dato una vita piena di cose belle, di non avervi fatto crescere con un buon padre. Annegavo le mie colpe nel fumo e nell'alcool. Ma ho smesso. Voglio solo il meglio per te e tua sorella" concluse e delle lacrime iniziare a solcarle silenziosamente il viso.
"E le uscite che fai quando chiedi ad Haley di tenere Lottie? Dov'è che vai?" Le chiese Ashton, voltandosi. Non sopportava vederla piangere.
"Lavoro, Ashton. Lavoro in una caffetteria, tutto qui. Ora puoi anche andare, volevo solo dirti che tengo molto a te Ashton, sei mio figlio e ti voglio bene." Kirsten rivolse un sorriso ad Haley e prima che si voltasse per tornare in cucina, Ashton fece un gesto inaspettato per tutti, qualcosa che non faceva da quando era bambino: abbracciò sua madre. Fu un abbraccio breve, ma bello. Kirsten si stacco da lui con gli occhi pieni di gioia e gli rivolse un sorriso raggiante.
"Su, porta Haley a casa. Ne avrà abbastanza di noi." E rise, una risata spontanea e sincera che Haley fu felicissima di sentire.
Salutò la donna e uscì di casa, insieme ad Ashton.
La casa di Ashton non era molto distante da quella di Haley, nonostante ciò ci misero più del dovuto per arrivare. Ne approfittarono per passare più tempo insieme e in silenzio. Haley sapeva bene che Ashton stesse cercando di assorbire ciò che era successo a casa sua poco fa e glielo lasciò fare senza proferire parola. Si aspettava anche di litigare per non essersi fatta gli affari suoi, ma non le importava. Era pronta a discutere con lui se ci fosse stato il bisogno, ma era felice di aver detto la sua, di aver in qualche modo spinto lui e sua madre a chiarire. Era una cosa che doveva essere fatta e conosceva Ashton abbastanza da dire che da solo non lo avrebbe mai fatto.
Una volta arrivati davanti la casa di Haley, entrambi si fermarono. Uno di fronte all'altro.
"Non avresti dovuto intrometterti" disse Ashton, spezzando il silenzio. Ma non c'era rancore nella sua voce, né rabbia, nulla.
"Lo so, ma qualcuno doveva pur farlo. Però capisco se sei arrabbiato" disse Haley, abbassando lo sguardo. I suoi occhi verdi le facevano ancora uno strano effetto quando la guardava in quel modo.
Ashton le sollevò il viso, così da poterla guardare ancora negli occhi. Per un momento ricordò quando cercava di evitarli perché lo spaventavano, adesso invece li cercava continuamente, anche negli occhi dell'altra gente.
"Grazie per averlo fatto" disse, senza togliere la mano dal volto della ragazza. "Grazie per non aver paura di me."
Haley fece un debole sorriso e scosse la testa, ma prima che potesse dire qualcosa Ashton premette le labbra su quelle di lei.
"Questa sera passo a prenderti" le sussurrò a pochi centimetri dal suo viso, per poi stamparle un altro bacio. Haley annuì e solo dopo che Ashton si allontanò dal vialetto entrò in casa.In quel posto riusciva a trovare solo la metà della tranquillità che provava quando stava con Haley, ma se lo fece bastare.
Ashton parcheggiò la Harley pochi metri lontano dal porticciolo e scese. Era giorno, quindi non avrebbe potuto vedere le stelle. Ma il rumore dell'acqua che si infrageva contro le barche ormeggiate lo rilassava. Aveva bisogno di starsene un po' da solo a riordinare i suoi pensieri. Erano cambiate così tante cose negli ultimi mesi e si rese conto solo in quel momento di quanto in fretta fosse passato il tempo. E gli fece paura. Sì sedette su un gradino e si accese una sigaretta. Giusto il tempo di avvicinarla alle labbra che il suo telefono iniziò a suonare. Infastidito, estrasse il telefono dalla tasca poco curioso di vedere chi stesse disturbando la sua quiete. Quando vide che era un numero sconosciuto si infastidì ancora di più, ma rispose lo stesso.
"Ashton Irwin?" Una voce apparentemente sconosciuta rispose dall'altra parte parte del telefono.
"Con chi parlo?"
"Sono Braden Walker" Ashton rimase un attimo in silenzio, sorpreso di sentire proprio lui. Non sapeva cosa pensare, né cosa volesse l'amico di suo padre da lui. Se era per un incontro, avrebbe rifiutato.
"Braden, non mi aspettavo una tua chiamata."
"So dove si trova tuo padre e so anche perché è scappato."[Spazio autrice]
Scusatemi per l'ennesimo ritardo. Ecco il capitolo. Spero vi piaccia.
A presto,
Giada
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Nobody.
FanfictionDopo aver avuto soltanto delusioni, tendi sempre a stare sulle tue, a mantenere una certa distanza dalle persone, qualsiasi rapporto ci sia, tendi a mantenere una certa distanza da tutto quello che potrebbe procurarti altro dolore. Ti abitui alla so...