Richmond High School,New meetings.

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Una notte passata insonne, ecco cos'era stata quella prima notte nella nuova casa. Ma questa non era una novità per Haley. Non lo era né il fatto che non avesse dormito, né provare determinate sensazioni ogni volta che passava le prime ore in nuovi posti.
Dalla morte dei suoi genitori non c'era stata notte che non fosse stata interrotta da continui incubi e i suoi occhi perennemente stanchi erano la dimostrazione di ciò.
Haley si voltò a guardare la sveglia posta sul comodino che segnava le 7:45. Seduta nel letto osservava la sua nuova camera. Le pareti erano dipinte di un viola molto scuro, un armadio in legno bianco era posto nella parete destra e all'angolo, nella parte opposta all'armadio, si trovava la scrivania con un laptop adagiato sopra. Haley dubitava che quella stanza fosse sistemata così ancor prima del suo arrivo e il pensiero che Josh avesse apportato quelle modifiche per adattarla solo ed unicamente per lei, la fece sentire desiderata. Mentre si voltava a guardare la porta-finestra che conduceva ad un piccolo balcone, Haley sentì qualcosa nascere dentro di lei e questa volta non era rassegnazione. Sentiva che questa sarebbe potuta essere la volta buona. Credeva, o forse sperava inconsciamente che questa volta avesse trovato un vero posto in cui stare e qualcuno che non l'avrebbe rispedita indietro come uno stupido e insulso pacco. Ma nonostante ciò, non poteva fare a meno di chiedersi perché Josh avesse preso questa decisione e il fatto che non riuscisse a trovare una risposta a questa domanda la turbava.
Pensò che starsene lì seduta non l'avrebbe di certo aiutata a chiarirsi le idee, così si alzò dal letto e prese le sue valigie. Cominciò a tirare fuori i vestiti e li sistemò con una certa soddisfazione nell'armadio, con la speranza che non avrebbe dovuto riprenderli mai più se non per indossarli. Poi sistemò le sue scarpe e infine posò il suo borsone in un ripiano alto dell'armadio. Si guardò in giro assicurandosi che adesso ogni cosa fosse al suo posto perché di disordine non voleva saperne, forse perché nella sua vita ce n'era già abbastanza e allora quello le bastava. In quel preciso momento però, Haley si rese conto di essere tornata a sperare di nuovo in qualcosa dopo tanto tempo. Si avvicinò nuovamente al letto e tirò fuori dall'altra valigia le cose a cui teneva di più, le uniche cose che le rimanevano della sua vecchia vita oltre i ricordi. Tra i tanti oggetti, tirò fuori la cornice che ritraeva la foto della sua famiglia e rimase a contemplarla per un po'. Non poté fare a meno di ammirare con una certa nostalgia la felicità che traspariva dai loro volti in quella foto: suo padre, con gli occhi così simili ai suoi, che abbracciava Phill, il ragazzino vivace ma affettuoso della famiglia e infine passò a Johanna, sua madre. Non c'era un solo giorno che passasse senza sentire la loro mancanza. Le mancava il carattere protettivo del padre, l'allegria coinvolgente del fratello e i consigli, gli abbracci e il sorriso confortante che solo una madre può dare.
Una lacrima le rigò il volto, così decise di posare la foto. Si asciugò il viso e si incoraggiò mentalmente di smetterla, di essere più forte, che nessuno di loro avrebbe mai voluto vederla così. Inoltre lei stessa odiava mostrarsi debole, odiava fare compassione agli altri. Quello che si ripeteva costantemente di fare era di continuare a mostrarsi impassibile, di fortificare ogni giorno di più quella barriera che si era creata intorno a lei e di accertarsi che non crollasse per nessuna ragione al mondo, così che nient'altro potesse toccarla o scalfirla. E riflettendoci su, Haley sapeva che fosse una cosa strana perché nonostante ciò, niente le importava ma tutto la feriva a morte.
Il suono della sveglia la destò dai suoi pensieri, facendola tornare alla realtà. Quella sveglia le ricordò che fosse arrivata l'ora di prepararsi e non solo fisicamente, ma anche di prepararsi mentalmente per affrontare questo nuovo giorno, il primo giorno di un nuovo inizio. Così dopo aver scritto a Jane come era solita fare ogni giorno subito dopo essersi svegliata, si cambiò e decise di nascondere i segni che le poche ore di sonno avevano lasciato sul suo viso con un po' di trucco.
Quando scese al piano di sotto trovò Josh ai fornelli che la accolse con un gran sorriso.
«Buongiorno Haley», il tono allegro del ragazzo e il suo modo di fare la fecero sorridere d'istinto, lasciando quest'ultimo sorpreso. «Finalmente vedo un sorriso» le disse, portandole il piatto.
«Sai Haley, stavo pensando che forse iniziare subito la scuola ti aiuterebbe ad ambientarti meglio, così ho preso qualche ora libera e se ti va potremmo andarci questa mattina, cosa ne pensi?», le propose Josh, mentre insieme consumavano la colazione.
Scuola. Haley l'aveva sempre odiata, ma non quell'odio vero. Provava l'odio che tutti gli adolescenti provano verso la sveglia che suona troppo presto, le materie noiose, i brutti voti, i troppi compiti. Quell'odio che una volta finiti gli anni di scuola si trasforma in nostalgia. Anni prima, quando frequentava la Better School odiava andarci ma le piaceva l'idea che, una volta arrivata lì, ci sarebbero state le sue amiche e il suo ragazzo, o meglio quelle che considerava tali. Da quando era stata affidata agli assistenti sociali infatti, nessuno di loro si era fatto più sentire, né risposero ai primi tentativi che Haley fece per rintracciarli in modo da mantenere un rapporto con loro nonostante la distanza. L'avevano completamente abbandonata, proprio nel momento in cui aveva più bisogno di loro. Quindi la verità era che di andare in un posto dove temeva che non si sarebbe trovata a suo agio non ne aveva voglia, tanto meno di fare nuove conoscenze. Ecco cosa pensava.
«D'accordo, per me va bene», ecco cosa disse invece. Perché lo sguardo fiducioso di Josh le impedì di dire ciò che realmente pensava. Essere una delusione per lui era l'ultima cosa che voleva.
«Mi fa davvero piacere» esclamò entusiasta Josh, mentre si alzava per riporre le stoviglie nel ripiano da cucina. «Andremo alla Richmond High School, lo stesso liceo che ho frequentato io non molto tempo fa» disse ridendo. «Ti troverai bene, ne sono sicuro.»
Haley si limitò a muovere su e già la testa e consapevole del fatto che Josh non potesse vederla lasciò andare un sospiro di frustrazione. Perché lei non aveva tutta quella sicurezza di cui Josh parlava. Quando il ragazzo tornò da lei, cercò di apparire il meno turbata possibile e le risultò difficile perché in realtà lo era e anche molto. Sapeva bene come funzionava nelle scuole e sapeva altrettanto bene che sarebbe stata l'argomento principale delle prime settimane. Ci sarebbero state molte voci su di lei come accade in tutte le scuole quando c'è un nuovo arrivato, il che significava essere al centro dell'attenzione per un periodo davvero troppo lungo per una che essere l'attrattiva principale era l'ultima cosa che desiderava.
«Josh, è stato davvero un piacere rivedere uno dei nostri migliori alunni e sono contento di avere nella scuola un altro componente della famiglia Bennet» annunciò con fierezza il preside della Richmond High School, scambiandosi una calorosa stretta di mano con Josh, mentre Haley affiancava in silenzio quest'ultimo.
«La ringrazio preside Brooks, è stato un piacere anche per me rivederla» lo salutò Josh, per poi essere scortati fuori dall'ufficio.
Arrivati davanti all'entrata della segreteria, Josh fece ad Haley delle raccomandazioni e le ricordò per l'ennesima volta di occuparsi delle ultime cose, quasi fosse una madre alle prese con l'iscrizione a scuola della propria figlia. Haley avrebbe anche potuto sorridere davanti a quella situazione, se non fosse stato per il fatto che le parole del preside si ripetevano incessantemente nella sua testa.
"Un altro componente della famiglia Bennet." Lei non era più Haley McKinley, ma Haley Bennet.
«Buongiorno», Haley si avvicinò al bureau della segreteria, dove venne accolta con un gentile sorriso da una donna di mezz'età.
«Buongiorno, sei nuova?» le chiese quest'ultima e Haley annuì, troppo nervosa per riuscire a dire altro e la donna sembrò capirlo perché senza metterle troppa fretta le chiese i dati che si apprestò a inserire nel computer.
«Io sono Vicky, una delle segretarie della scuola, per qualsiasi informazione puoi rivolgerti a me» le disse cordialmente, nell'attesa che fosse pronto il suo orario di lezioni.
«La ringrazio»
«Ecco a te il tuo orario», porse il foglio ad Haley senza smettere di sorridere un secondo e la ragazza si chiese se tutti in quella scuola sarebbero stati cordiali come questa donna dai capelli corvini. «Buona giornata Haley, e sta tranquilla farai presto nuove amicizie»
Haley sorrise riconoscente alla donna e uscì dall'ufficio. Si fermò nuovamente pochi passi dopo, nell'atrio centrale della scuola, rendendosi conto del fatto che non avesse la più pallida idea di dove andare. Guardò l'orario stampato sul foglio e vide che la prima ora avrebbe avuto chimica, ma ciò non cambiò molto perché continuava a non avere la minima idea di dove si trovasse quell'aula, come tutte le altre. I corridoi erano ormai vuoti così procedette alla cieca, riscontrando non poche difficoltà nella sua ricerca.
Dopo dieci buoni minuti accettò l'idea che fosse non più in un leggero ritardo, così smise di camminare freneticamente e continuò a vagare con più calma nei corridoi deserti.
Quando arrivò di fronte ad un'aula, la cui porta era socchiusa, sentì due voci non ben distinte e subito pensò che avrebbe potuto chiedere qualche informazione. Si avvicinò cautamente e non appena aprì a malapena la porta, la scena che le si presentò davanti le fece raggelare sul posto.
C'era un ragazzo biondo che dava le spalle alla porta e Haley non poté vederlo bene in viso, l'unica cosa che riuscì a notare fu la presenza di un altro ragazzo con il viso sporco di sangue, che mormorava qualcosa a denti stretti. Haley rimase impietrita di fronte alla scena, ma non appena vide il biondo sferrare un pugno nello stomaco dell'altro ragazzo le sfuggì un flebile suono dalle labbra che entrambi i ragazzi sembrarono sentire, voltandosi infatti con estrema velocità verso la porta. Haley indietreggiò appena in tempo per non essere vista e corse via.
Quando raggiunse i corridoi dell'ala principale smise di correre ma senza abbandonare il passo svelto. Camminava a testa bassa rimuginando su ciò che aveva visto mentre ripeteva a sé stessa di dimenticarsene, che non era affar suo. Improvvisamente andò a sbattere contro qualcuno, alzò il volto e le sue iridi azzurre incontrarono un paio di occhi castani che la scrutavano curiosi.
«Tutto bene?» L'altezza del ragazzo che le stava di fronte la sovrastava di parecchio e Haley rimase immobile a scrutarlo dal basso.
«Sì, stavo solo cercando la classe di chimica» rispose Haley, con un voce troppo flebile che fu certa non passò inosservata al moro che la fissava attentamente.
«Devi essere la ragazza nuova, giusto?», le chiese, cambiando argomento. Haley annuì. «Credo di essermi persa» aggiunse timidamente, cercando di non pensare al fatto che si fosse già diffusa a macchia d'olio la notizia della nuova arrivata.
«È il tuo giorno fortunato allora, anch'io sono diretto lì. Possiamo andarci insieme. Comunque piacere, Calum»
«Io sono Haley», si scambiarono un sorriso e insieme si diressero verso l'aula di chimica, che Haley scoprì si trovasse nell'ala opposta al secondo piano.
Il momento dell'entrata in aula era la parte che Haley più temeva, ma non ebbe molto tempo a disposizione per rifletterci perché Calum entrò spedito.
«Hood, ancora in ritardo?», l'ammonimento del ragazzo dal parte del professore fu la prima cosa che avvenne.
«Ho avuto un imprevisto» si giustificò il moro. «Ma le ho portato la nuova alunna»
«Salve, sono Haley Bennet», si fece avanti scusandosi poi per il ritardo e spiegando che era dovuto al fatto che si fosse persa nel tentativo di trovare la classe giusta. Ciò provocò la risata insulsa di qualche cheerleader della seconda fila che Calum stesso si preoccupò di fulminare con lo sguardo.
«Non si preoccupi per questa volta, ma non prenda esempio da Hood» scherzò il professore, invitandoli poi ad accomodarsi.
Haley prese posto in un banco della terza fila e si fermò a fissare un punto indefinito fuori dalla finestra mentre alcune gocce di pioggia cominciavano a rigare i vetri delle finestre. Ci volle davvero poco prima che si lasciasse trasportare dal flusso dei suoi pensieri, distaccandosi completamente da tutto ciò che la circondasse.
Calum invece, indifferente ai continui richiami per la sua scarsa attenzione, analizzava il profilo della nuova ragazza, quasi con insistenza. Come se guardandola così intensamente sarebbe riuscito ad entrare nella sua testa. Gli era bastato un fugace sguardo per capire quanto fosse scossa al momento del loro incontro e il desiderio di sapere quale fosse la causa era così forte che dovette costringersi a non alzarsi dal posto e chiederlo direttamente a lei. Era più che chiaro che, anche se l'avesse fatto, non avrebbe ricevuto alcuna risposta.
Appena la campanella di fine ora suonò, a Calum passò per la mente un'ipotesi che avrebbe voluto ritenere impossibile, ma non lo era. Quindi uscì di corsa dall'aula, confondendosi in fretta tra la mischia di studenti che affollava il corridoio. Uscì dalla porta di emergenza che dava sul cortile della scuola e non impiegò molto tempo nell'identificare tra la folla una chioma bionda e riccia.
«Brutto pezzo di idiota! » urlò, attirando l'attenzione dell'interessato. «Ho bisogno di sapere una cosa e spero che le tue risposte non mi diano la conferma che in un certo senso sto sperando di non trovare!»
Calum era pienamente consapevole di aver mandato in confusione il ragazzo ma al momento non rientrava tra i suoi interessi, così proseguì spedito e arrabbiato. «Dov'eri questa mattina? E per quale diavolo di motivo hai saltato la lezione di chimica? Cosa diavolo stavi facendo?!»

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