You will be my downfall.

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Il fine settimana era arrivato fin troppo in fretta e i giorni che passarono furono troppo silenziosi. La situazione tra Haley e Josh era terribilmente tesa, il che contribuiva al malumore della ragazza.
Haley si trascinò a passo lento alla finestra e scostò le tende. Il sole illuminava la giornata, eppure c’era quell’aria fredda. Quella che ti entra dentro, fino alle ossa. Ma Haley le amava le giornate così. Erano un po’ come lei, alla fine.
Tornò sul letto, gettandosi sul morbido materasso e lasciando che alcune ciocche di capelli le coprissero il viso, mentre le altre erano sparse sul cuscino. Ancora una volta si ritrovò a pensare ad Ashton e a quale potesse essere il motivo del suo silenzio in questi giorni. Dopo l’uscita di quella sera, non si erano più rivolti la parola. Quando si incontravano nei corridoi della scuola, lei cercava il suo sguardo mentre lui sembrava fare di tutto pur di evitare le iridi azzurre di lei. E ci rimaneva male Haley, ma non lo dava a vedere. Scuoteva la testa e continuava a camminare dritto, come se non si aspettasse nulla. Alla fine non lo sapeva davvero cosa aspettarsi, da Ashton. Probabilmente nulla. Non lo aveva ancora capito. Ma non poteva fare altro che pensare a lui, da quella sera. Alle loro mani incrociate. Ai loro volti vicini.
Chiuse gli occhi, mentre l’immagine di loro due vicini prendeva il sopravvento, ma poi il suo telefono squillò e quell’immagine si dissolse improvvisamente.
Si alzò di corsa dal letto, recuperando l’aggeggio che suonava sul mobile in legno.
Sorrise, sentendosi già un po’ leggera solamente nel leggere il nome della sua migliore amica sul display.
“Janelle”
“Ehi, piccola mosca.” La voce della bionda risuonò allegra e fu come se le stesse trasmettendo un po’ di buon umore attraverso quelle semplici parole. “Mi manchi tanto, come stai?”
“Anche tu. Sto, credo. Tu?” rispose Haley, girandosi una ciocca di capelli tra le dita.
“Stai? È positivo o negativo? Io bene. Mi manchi, mi manca anche Calum. Ma sto bene, dai.” E Haley un po’ fece finta di crederci che lei stesse davvero bene. Ma lo sentiva che dietro quel suo tono allegro, troppo allegro per i suoi gusti, si celava un po’ di malinconia e tristezza. La conosceva bene. Così bene da sapere che quando era così allegra, in fondo non stava poi così bene. Ma non gli fece nessuna domanda, perché sapeva anche che quando non ne parlava voleva significare solo una cosa: che cercava di convincere anche se stessa che stesse bene. E su questo erano uguali. Erano fatte così, delle volte preferivano non parlare dei loro problemi perché parlarne le avrebbe fatte sentire solo peggio.
“Non lo so” sospirò Haley.
“Cosa, Hal?”
“Ho delle brutte sensazioni.”
“Brutte sensazioni su cosa? Sul tuo stato attuale? Su Josh? Su Ashton? Su cosa, Haley?”
“Credo su tutto” rispose dopo un po’ di esitazione. “Non so come sto, mi sento terribilmente vuota, confusa e sola. Non so cosa fare con Josh, non ci parliamo da due giorni, ovvero dalla sera dell’uscita. Non so cosa succede con Ashton, è tornato lo stesso di sempre. Sta in disparte, non ci parliamo più, non si sforza nemmeno di ricambiare il mio sguardo.” Haley sospirò, ancora. Dette un pugno al materasso, mentre chiudeva gli occhi. Cercò di trattenere le lacrime, perché tutto ad un tratto si rese conto del fatto che niente nella sua vita potesse andare per il verso giusto, nemmeno per una volta.
“Ehi” disse Janelle dolcemente, sentendo i respiri irregolari di Haley. “Hal, calmati.”
“Fa tutto così schifo.” Aggiunse Haley.
“No, Hal non dire così. Sono cose che si posso risolvere.”
“Sì, e come? Josh non ha intenzione di dirmi la verità, Ashton sembra odiarmi di nuovo e la mia vita continua a fare schifo, come sempre. Non c’è niente da risolvere, Jane.” Sollevò la mano dal materasso e cominciò a giocare con una ciocca di capelli.
“Ehi, sai che mi dispiace sentirti così. Vorrei essere li e abbracciarti, però non posso. Ma adesso stammi a sentire, okay?” la riprese dolcemente Janelle, e Haley tirò su con il naso mentre si tirava a sedere.
“Ti ascolto.”
“Okay” Janelle fece un lungo respiro, per poi iniziare a dire quello che sperava avrebbe potuto migliorare l’umore di Haley “Per quanto riguarda Josh posso aiutarti poco, perché non sono brava in queste situazioni come sai altrimenti non avrei problemi del genere anche io con mio padre” ghignò un po’, cercando di far sorridere anche Haley. “Invece su Ashton, ho parecchie cose da dirti Hal. Sei pronta a sentirle?”
“Credo di no” sbuffò sinceramente la mora, mentre il suo sguardo era fisso su una foto in cornice che ritraeva lei e Janelle. “Sono stata poco con Ashton nei giorni in cui ero lì” iniziò Janelle “Ma mi sono bastati per capire che non è un tipo molto semplice. È abbastanza..”
“Complicato” completò Haley per lei.
“Sì, complicato. Come rotto. Come se un pezzo di lui si fosse rotto negli anni precedenti, Hal. Però non è detto che questo pezzo non si possa aggiustare.”
“Sicuramente però non posso essere io ad aggiustarlo. Non vuole vedermi, Jane. Mi evita, nonostante la nostra strana uscita. Credo di dover lasciar perdere. Davvero” ammise afflitta Haley, cercando di non lasciar trapelare troppa delusione nelle sue parole. Continuava a pensare che fosse una stupida a stare male per Ashton, perché alla fine non erano niente loro.
“Secondo me no, Hal. La Haley che conosco io mi diceva di essere stanca di scappare.”
“Forse quell’Haley è scomparsa. Forse sta tornando quella apatica, stanca di tutto e tutti” lasciò la frase in sospeso, ma Janelle aveva capito. Lei ci era stata quando Haley aveva perso le speranze e adesso che stava riuscendo pian piano a riprendersi non voleva che sprofondasse in quel baratro. Non ancora. Le voleva troppo bene per far si che questo accadesse.
“Secondo me devi essere una nuova Haley. Una forte, una che ottiene ciò che vuole, che siano delle semplici risposte o che sia aggiustare un ragazzo. Okay? Fermalo, parlagli, chiedigli quale problema lo affligge. Perché è chiaro che se dopo vari baci e un’uscita non si è ancora deciso a comportarsi da ragazzo normale con te abbia qualche problema” affermò con una convinzione che fece ridere Haley, poi però tornò seria. “Reagisci, Hal. Costringilo ad ascoltarti e ottieni le risposte che vuoi. Solo così potrai vedere cosa succede con questo ragazzo.”
“Ti sposerò un giorno, Jane” affermò Haley, dopo qualche minuto di silenzio.
“Accetto volentieri. Pretendo solo un bell’anello e poi fisseremo data, ora e chiesa.” E risero insieme, ritrovandosi ancora una volta a ringraziarsi silenziosamente per essersi trovate ed essere rimaste.
 
“Che ne dici di andare al locale questa sera?”  Ashton poggiò la schiena contro la parete grigia della sua camera, tappezzata da qualche poster di alcune famose rock band.
“Ashton è Domenica, domani mattina abbiamo scuola.” Rispose Calum, con il fiato corto per via della solita corsa pomeridiana che faceva la Domenica.
“Lo so, Cal. Ho bisogno di soldi. E poi non finiremo tardi, okay? Dai vieni.” Ribatté Ashton, annoiato all’idea di dover andare solo al locare. In altre circostanze sarebbe stato felice di andare a guadagnare un po’ di soldi e poi potersi divertire un po’, ma in quel momento era appena uscito da una discussione con sua madre e in più il suo umore negli ultimi giorni era peggiorato di gran lunga.
“Va bene, ci sto.”
“Perfetto.”
“A una sola condizione, però” aggiunse in fretta Calum, prima che il riccio chiudesse la chiamata.
“Quale?”
“Viene anche Haley.”
“No” rispose senza pensarci due volte Ashton. “Non esiste.”
“Allora questa sera non avrò molta voglia di uscire” ghignò Calum, sapendo che così sarebbe riuscito a convincere Ashton.
“E va bene, ma chiamala tu. Vaffanculo Calum, davvero con tutto il cuore.”
 
Calum entrò nel vialetto di casa Bennet, superandolo a grandi falcate. Sapeva di star rischiando parecchio nel costringere i due a stare insieme nello stesso posto per più di qualche minuto, ma era una cosa che si era promesso di dover fare. Lo aveva notato come Ashton si stesse tirando indietro, adesso. E se almeno non poteva far capire ad Ashton di star facendo l’errore più grande della sua vita, allora voleva far capire ad Haley che il problema non fosse lei. Non poteva lasciarglielo pensare.
Bussò la prima volta al grande portone in legno bianco, ma senza risultati. Così provò una seconda volta e infine una terza. La porta si aprì, mostrando l’agente Bennet in divisa.
“Salve, agente Bennet” lo salutò educatamente, con un mezzo sorriso sul volto. Non voleva che Josh pensasse male anche di lui, non voleva che gli impedisse di vedere Haley.
“Puoi chiamarmi Josh, Calum. Comunque” Josh si guardò dietro le spalle, su per le scale. “Non so se Haley abbia voglia di visite. Non esce dalla camera da ieri sera.”
Anche Calum rivolse il suo sguardo verso le scale, mentre sentiva chiaramente una forte musica provenire dal piano di sopra. “Le dispiace se provo a parlarle?”
Josh ci pensò un po’ su, incerto sul da fare. Avrebbe preferito fermare Calum e porgli milioni di domande su Ashton e Haley, su cosa ci fosse tra di loro. Ma non lo fece. “Vai. Sai dove si trova la sua stanza.”
Calum annuì, ringraziandolo. Salì velocemente le scale, fermandosi poi davanti alla porta della camera di Haley.
La musica si sentiva in maniera eccessiva e si stupì pensando che non avrebbe mai immaginato Haley fosse una ragazza che ascoltasse questo genere di musica. Aprì piano la porta, non sapendo cosa aspettarsi. La prima cosa di cui ebbe la visuale fu il grande letto matrimoniale, pieno di cuscini ma ordinato. Era convinto di trovarci Haley sdraiata sopra, ma non era lì. Entrò piano, attento a non far rumore e la trovò seduta sulla comoda poltrona girevole, piegata sulla scrivania mentre scriveva. Dava le spalle alla porta, impedendo così a Calum una visuale del suo viso.
Rimase qualche secondo ad osservarla, pensando a cosa potesse star scrivendo.
“Ehi, Hal” disse dopo un po’, con quel tono di voce che usava solo con lei. La ragazza si girò di scatto, con gli occhi sgranati e la penna stretta nella mano destra, mentre il petto coperto da una maglietta nera a maniche lunghe si alzava e abbassava a un ritmo irregolare. Era visibilmente spaventata, ma Calum non riuscì a trattenere una risata.
“Ma sei diventato pazzo o cosa? Mi hai fatto prendere un colpo, idiota” si lamentò, lanciandogli contro il suo vecchio peluche bianco.
“Sì, ho visto. Scusa non volevo” disse ancora tra le risate.
“Da quanto sei qui?”
“Qualche secondo, mi ha fatto entrare Josh. Puoi abbassare?” disse Calum con una smorfia, mentre faceva un gesto vago con la mano destra. Haley si alzò sbuffando, facendo ricadere lungo le sue gambe la larga tuta grigia che aveva deciso indossare quella mattina. Si avvicinò con passo lento all’iPhone e chiuse la musica.
“Cos’era?” chiese Calum, con ancora quella smorfia sul viso che riuscì ad irritare Haley.
“Cosa?”
“Tutto. Quella musica, tu e questa” disse indicando la sua tuta.
“Black Veil Brides, fantastici. Mai sentiti?” rispose sarcasticamente, ignorando il commento sulla sua tenuta.
“Haley, seriamente. Che succede?” Questa volta Calum fu serio, mentre si avvicinava ad abbracciare la ragazza. Era il loro saluto quello, ormai. Haley si rifugiò tra le sue braccia, poggiando il viso sul petto del ragazzo.
“Niente, va tutto bene” rispose, dopo essersi allontanata un po’.
“O mi dici cosa sta succedendo, o ti dai una sistemata e vieni con me.”
“Cosa? Calum tu non puoi piombare qui e dirmi di sistemarmi e uscire.”
“Sono il tuo migliore amico, giusto?” le chiese, lasciandola confusa.
“Che domande sono, Cal?”
“Rispondi: si o no.”
“Ovvio che si.”
“Allora piombare qui e obbligarti ad uscire e interrompere la tua vita da ragazza depressa è un mio diritto. Su, preparati” rispose allegro, mentre la spingeva letteralmente verso l’armadio.
“Mi dici almeno dove si va?” si lamentò Haley, mentre apriva le ante dell’armadio.
"A ballare” ammiccò Calum, aiutandola a scegliere cosa indossare.
 Un’ora più tardi, Haley si ritrovò nella stessa discoteca in cui Calum l’aveva portata settimane fa, omettendole la presenza di Ashton. A differenza di quella volta, ora Haley sapeva che ci sarebbe stato il biondo e si aspettava di reagire in maniera diversa, magari anche saltare dalla macchina in corsa pur di non vederlo, ma l’effetto fu il contrario. Non appena Calum le comunicò che il biondo li aspettava lì, sentì il suo cuore aumentare di qualche battito e il suo stomaco ribellarsi. Era strano ammetterlo anche a se stessa, ma a lei quegli occhi verdi mancavano. E anche quel comportamento da lunatico. E quella voce. Non la sentiva da tre giorni, ma si rese conto in quel momento che tre giorni di silenzio tra loro erano troppi.
E adesso era lì, con un paio di skinny neri a fasciarle le gambe, un top nero corto in vita e una camicia a quadri rossa lasciata aperta. Ashton era due passi avanti a lei, seduto su uno di quelle poltroncine di velluto rosse. Passò il suo sguardo attento dal trucco ben fatto dei suoi occhi agli anfibi neri che le davano un’aria da ragazza ribelle, cosa che Ashton non pensava affatto che fosse. Pensava sempre che Haley fosse tutto, fuorché una ragazza dura e ribelle.
“Finalmente siamo arrivati.” Fu Calum a rompere l’imbarazzante silenzio che si era creato, cosa che Haley e Ashton non fecero perché troppo attenti a scambiarsi sguardi intensi, in un silenzio pieno di parole non dette.
“In effetti mi stavo annoiando” borbottò Ashton, portando lo sguardo sulla pista da ballo.
“C’era traffico.” Si giustificò Cal, prendendo posto su una poltroncina, e Haley fece lo stesso. “Ordiniamo qualcosa?”
“Questa volta passo.” Rispose Haley, volendo evitare che la serata procedesse come l’ultima volta che era stata nel locale. Si sentì osservata e alzò lo sguardo, incrociando le iridi tendenti al verde del biondo. Fu come uno sguardo d’intesa, entrambi ricordavano perfettamente gli avvenimenti di quella sera e Haley sentì le guance andare a fuoco mentre lo sguardo insistente di Ashton rimaneva posato su di lei.
“Ashton, tu?” Haley ringraziò mentalmente il moro, che riuscì a spezzare quel momento pieno di tensione ancora una volta. Ashton negò solamente con la testa, poggiando poi la schiena sul morbido schienale della poltrona e gettando la testa indietro.
Haley rimase ferma a guardarlo, come incantata da ogni sua mossa. Così bello quanto dannato, pensò.
Per il tempo che seguì, Haley si pentì amaramente di essere uscita di casa. Non era affatto di buon umore, la musica le dava fastidio e persino vedere quelle persone ballare spensierate e ubriache in pista la infastidiva.
Semplicemente perché voleva essere un po’ come loro, avere un po’ della loro spensieratezza. Mentre lei era lì, seduta su una poltroncina rossa, che alternava il suo sguardo dalle sue mani a Calum, che ogni tanto le chiedeva se stesse bene.
“Ragazzi, mi sta chiamando Janelle, torno subito.” Il moro si allontanò con un sorriso stampato sul volto, mentre Haley quasi gli implorava con lo sguardo di restare.
“Stai tranquilla, non ti mangio mica" ghignò Ashton, irritandola. Portò lo sguardo su di lui e lo vide con la solita sigaretta tra le labbra.
“Dovresti seriamente smetterla di fumare o almeno moderarti, non credi?”
Ashton scosse la testa, il ghigno ancora presente sul suo volto ma adesso sembrava come infastidito. Fece un ultimo tiro, gettando poi ciò che era rimasto della sigaretta nel posacenere. “Sei esasperante, Bennet.” Si alzò senza nemmeno degnarla di uno sguardo e scendendo in pista.
Fu in quell'esatto momento che le parole di Janelle tornarono vivide nella mente di Haley. Si alzò, rimanendo inizialmente ferma sul posto mentre cercava di intravedere la figura di Ashton tra la folla di gente che si muoveva a ritmo della musica. Lo intravide, così si decise a raggiungerlo. Si immerse tra la massa di persona, evitando di sbattere contro qualcuno ma fu piuttosto difficile. Per un attimo pensò di aver perso di vista Ashton, ma poi lo vide. Era dall'altro lato del locale, che sembrava star parlando con un uomo. A quel punto non le importava davvero come Ashton avrebbe reagito, ma lei voleva delle risposte. E subito. Voleva che smettesse di ignorarla. Se la detestava per qualche motivo a lei sconosciuto doveva almeno dirglielo. Si diresse a passo svelto verso il biondo e quando fu abbastanza vicina lo strattonò per un braccio, senza dar peso all'uomo che adesso era fermo ad osservarli.
“Cosa vuoi? Vattene, Bennet.” Quello di Ashton fu un sussurro, ma nonostante la musica forte Haley riuscì a capire ogni singola parola e capire quanta rabbia ci fosse nel suo tono di voce.
“No. Devi smetterla, con questa cosa. Qualsiasi cosa sia. Devi dirmi cosa ti passa per la testa, adesso” ribatté Hal, cercando di tener testa al biondo. Era una cosa che non aveva mai fatto prima d’ora e non poteva dire di non provare un po’ di timore, ma per lo meno stava riuscendo a nasconderglielo.
“Haley, piantala. Ne parliamo dopo. Adesso vai.”
“No.”
“Irwin, io ho da fare. Ci diamo una mossa?” La voce dell’uomo interruppe i due, portando la loro attenzione su di lui. Haley lo analizzò solo in quel momento, chiedendosi cosa volesse un uomo della sua età da Ashton. Non le venne in mente niente che potesse collegare i due.
“Sì, certo. Solo un attimo.” Ashton si scusò con quel tono di voce freddo e distaccato, tornando poi con lo sguardo su di lei. “Haley, adesso vai lì. E aspettami. Non ho niente da dirti, ma adesso devi toglierti dai piedi.”
Haley trattenne il fiato per pochi attimi, mentre sentiva quel fastidioso nodo formarsi in gola e lo stomaco ribellarsi.
“Non preoccuparti, non mi avrai mai più tra i piedi Ashton.” Furono le ultime parole di Haley, sussurrate senza disprezzo ne rabbia. Solo dolore, probabilmente. E si allontanò, mentre Ashton restava a guardarla andare via.
 Non seppe come riuscì a trovare quell'uscita, probabilmente neanche si accorse di starsi dirigendo fuori dal locale fino a quando l’aria fredda della notte la colpì in pieno. Le faceva male la testa e voleva piangere. Voleva piangere per Josh, per Ashton, per la sua famiglia. Voleva piangere per stare bene. Ma non ce la faceva, nonostante gli occhi pieni di lacrime. Erano lì, ferme. E faceva così male. Si strinse nelle spalle, mentre un leggero venticello le soffiava contro. Tirò su con il naso, mentre pensava a quanto volesse tornare a casa. Nella sua vera casa, a Sydney. Con i suoi genitori, con suo fratello, con le sue vecchie amiche. Voleva tornare quella ragazza spensierata, felice nel suo piccolo. Felice, voleva essere solo felice.
Una lacrima le rigò il volto, fu l’unica lacrima che le bagnò il viso quella sera. Ma non la fece sentire meglio.
Sentì la piccola porta di ferro sbattere bruscamente contro il muro e si girò di scatto. Non era l’uscita principale quella, ma l’uscita che portava al retro della discoteca. In un piccolo vialetto, silenzioso e scarsamente illuminato dalla presenza di qualche lampione mal funzionante. Per un attimo provò un po’ di paura, non sapendo chi potesse essere, poi però lo vide. Era lì e la fissava duramente, con le labbra serrate e le braccia lungo i fianchi.
“Sei per caso impazzita a stare qui da sola? Torna dentro.” Le impose duramente, con quel tono che lei odiava. Un tono freddo, senza emozioni. Le dava fastidio quando lo usava con lei.
“Ashton, vattene” disse solo, con la voce flebile, già stanca alla sola idea di dover iniziare una discussione con lui.
“Entra con me” ribatté severamente.
“Non ho intenzione di rientrare, non con te Ashton.”
“Non ho intenzione di andarmene, allora” replicò Ashton5, avvicinandosi al muro di fronte a quello in cui era poggiata Haley.
“Ashton non so a che gioco tu stai giocando, ma io non ho voglia di giocare. Mi hai chiesto di andarmene e me ne sono andata. Adesso vattene, per favore.” Non lo guardò, mentre glielo diceva. Perché nonostante stesse cercando di mandarlo via, era terrorizzata all'idea che lui lo facesse davvero. Ashton non rispose, si limitò ad estrarre il pacco di Lucky Strike dalla tasca dei suoi skinny, estraendo una sigaretta. Successe tutto in pochi attimi, prima che Ashton riuscisse a portarsi la sigaretta tra le labbra, Haley scattò in avanti fermandosi a pochi centimetri dal suo viso. Prese la sigaretta dalle mani del ragazzo e la gettò a terra, calpestandola. Nel mentre, non staccava le sue iridi azzurre da quelle verdi di lui, che la fissavano con stupore.
“Devi smetterla. Queste ti ammazzano” sussurrò piano Haley ma con disprezzo, senza spostarsi.
“Io dico che non saranno quelle ad uccidermi” rispose Ashton, dopo qualche secondo di silenzio. Prese per i fianchi Haley, eliminando così ogni centimetro di distanza che li divideva. Le mani di lei sul suo petto e i loro volti a un palmo di distanza. Cominciò a farle dei cerchi con il pollice sulla pelle che il top lasciava scoperto. Le sfiorò il naso con il suo, più volte, fino a fermare le labbra sulle sue. Ma non la stava baciando, non ancora. “Sarai tu ad uccidermi, Haley. Sarai la mia rovina.” E la baciò. Niente di ciò che li circondava aveva senso, in quel momento. Niente avrebbe avuto più importanza delle loro labbra unite, dei loro corpi così vicini e dei loro cuori che battevano all'unisono.

 [Spazio autrice]
Se mi state odiando, fate bene. Mi odierei anche io. Vi ho fatto aspettare 25 giorni per poi farvi leggere uno schifo di capitolo. Ne sono consapevole e mi dispiace. Ma non sono riuscita a scrivere altro, scusatemi.
Spero di farmi perdonare con il prossimo capitolo. Vorrei ringraziare tutti quelli che leggono la storia, negli ultimi giorni siete aumentati in tanti. Grazie tante.
Giada

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